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LA GIUNTA PORTOBELLO SI E’ AUTODIMESSA per DISASTRO AMBIENTALE

I DIMISSIONARI RESPONSABILI DEL DISASTRO DI ISOLA DELLE FEMMINE 

LA COMMISSIONE GOVERNATIVA DI ACCESSO AGLI ATTI SI INSEDIA AL COMUNE DI
ISOLA DELLE FEMMINE 

LA COMMISSIONE GOVERNATIVA DI ACCESSO AGLI ATTI SI INSEDIA AL COMUNE DI
ISOLA DELLE FEMMINE 

LA COMMISSIONE GOVERNATIVA DI ACCESSO AGLI ATTI SI INSEDIA AL COMUNE DI

ISOLA DELLE FEMMINE
COMUNICATO STAMPA “RINASCITA
ISOLANA”
Il
Movimento Politico “Rinascita Isolana” è costretto, per l’ennesima volta, a
constatare l’assoluta incapacità dell’Amministrazione in carica al Comune di
Isola delle Femmine di gestire la cosa pubblica, e la preoccupante assenza di
senso civico – prima che di responsabilità politica – in capo ai consiglieri di
maggioranza.
Stamane
(12.09.2012) si è consumato l’ennesimo insulto alla dignità e ai diritti dei
cittadini isolani: per la terza volta consecutiva (!!!) gli esponenti del
gruppo che sostiene il Sindaco pro-tempore
Gaspare Portobello – in piena emergenza
rifiuti, dinanzi ad un Paese sommerso da montagne di immondizia, che offendono
la comunità e la ammorbano di miasmi
– hanno deliberatamente deciso di far
mancare il numero legale, impedendo la celebrazione dell’assise civica, che
avrebbe dovuto discutere delle famose S.R.R.,
le società di regolamentazione del servizio di raccolta dei rifiuti, probabili
eredi del sistema ATO.
L’Amministrazione
(in uno con la sua propaggine consiliare) ha mostrato totale disinteresse per
una questione di importanza cruciale per la vita stessa degli abitanti di Isola
delle Femmine – e del comprensorio tutto – rifiutandosi persino di discutere,
in Consiglio Comunale, del problema.
La
delicatissima fuoriuscita dell’ente locale dalla fallimentare esperienza delle
società consortili (che sinora hanno gestito il servizio per conto dei
Comuni-soci), richiedeva invece una disamina approfondita e scelte meditate da
parte di coloro i quali, pur temporaneamente, rappresentano la cittadinanza: aver rimesso al Commissario regionale ogni
valutazione, significa avere vergognosamente e pavidamente abdicato al proprio
ruolo istituzionale
.
Lo
stesso Sindaco, peraltro, già il 3 agosto 2012 aveva dato il buon esempio ai suoi consiglieri,
disertando l’assise civica chiamata a valutare l’ argomento-rifiuti, per presenziare al rilascio di un
provvedimento amministrativo in favore della discoteca più glamour del Paese: ad ognuno le sue priorità.
E’chiaro
che i descritti atteggiamenti vanno letti alla luce della situazione di impasse, determinata dall’attesa delle deliberazioni ministeriali
sulla richiesta di scioglimento dell’Amministrazione Portobello per
infiltrazioni mafiose
; pur tuttavia è inaccettabile che mentre Sindaco,
assessori e consiglieri sfogliano la margherita
delle dimissioni
, il Comune di Isola delle Femmine venga trascinato in un
vortice di degrado, dissesto finanziario, insalubrità.
E’
proprio vero, gli scranni vuoti della biblioteca comunale – ove dovrebbero
svolgersi le sedute consiliari – fotografano compiutamente l’indecorosa vacatio istituzionale, che attualmente
caratterizza il nostro Paese.
Isola delle
Femmine, lì 12 settembre 2012
Movimento
Politico Rinascita Isolana

 

 

Uno dei tanti
 PERCHE’ ALLE COSTRETTE DIMISSIONI DELLA GIUNTA DEL PROFESSORE

ABBANDONIAMO LA BARCA
   CON LA SICUREZZA DI LASCIARVI IN UN MARE DI MUNNEZZA.
I CITTADINI DEVONO
SAPERE CHE NEGLI ULTIMI 
1000 MILLE GIORNI DELLA NOSTRA AMMINISTRAZIONE BEN 673  SEICENTOSETTANTATRE   PAESE E’ STATO
LETTERALMENTE RICOPERTO IN OGNI SUO SPAZIO DI MUNNEZZA DI OGNI GENERE
DALL’AMIANTO AI RESTI DI CIBO ALLE CASSETTE DI FRUTTA AVARIATA RIFIUTI DEL
LABORATORIO DI ANALISI  SCATOLETTE ALIMENTARI SCADUTE
   MATERIALE DI RISULTA DELL’EDILIZIA CARTONE VERNICI VETRO………..
PER NON PARLARE DELLA FAMOSA TESTA DI CAVALLO
NEGLI ULTIMI  MILLE GIORNI DI NOSTRA AMMINISTRAZIONE DALLE
MONTAGNE DI RIFIUTI SPARSE IN TUTTO IL PAESE SI SONO SVILUPPATI BEN  
76 INCENDI.
LE DIOSSINE DEGLI INCENDI DEI RIFIUTI SONO
RIUSCITE BENISSIMO AD UNIRSI A QUELLE PROVENIENTI DALLA ITALCEMENTI E
MISCELLARSI CON BENEZENE CROMO ESAVALENTE PM10 POLVERI SOTTILI ZOLFO …….
CI DIMETTIAMO
 PRIMA CHE LA BARCA AFFONDI! VISTO COME ABBIAMO ROVINATO IL PAESE
2004 SE SAREMO ELETTI SARA’ NEL SEGNO DELLA CONTINUITA’
2009 SE SAREMO ELETTI E’ NEL SEGNO DELLA
CONTINUITA’
2012 PECCATO ! PECCATO! PECCATO! 
 
Oggi ci dimettiamo
per avere concluso la nostra missione:
PORTARE ALLA
BANCAROTTA IL VOSTRO PAESE ISOLA DELLE FEMMINE
SIAMO RIUSCITI A
RIDURRE IL VOSTRO PAESE LA PERIFERIA “ZEN” DI PALERMO
SIAMO RIUSCITI A FAR
DEISTERE QUEI POCHI MALCAPITATI TURISTI A LASCIARE ANTICIPATAMENTE I NOSTRI
ALBERGHI E QUINDI IL NOSTRO PAESE
SIAMO RIUSCITI NEGLI
ANNI A FAR PASSEGGIARE I POCHI MALCAPITATI TURISTI A PASSEGGIARE FRA CUMULI DI
MUNNEZZA
PER  IL NOSTRO
 SENSO DI RESPONSABILITA’  CHE CI  CONTRADDISTINGUE 
COMUNICHIAMO AI   cittadini CHE  interrompIAMO  questo
NOSTRO  impegno portato avanti  con grande passione per il bene di 
poche e selezionate persone.
SI! SI! SI!SI SI! 
OGGI SIAMO COSTRETTI
A DIMETTERCI PRIMA CHE VOI CITTADINI VI RENDIATE CONTO DELLE GROSSE PALLE CHE
VI ABBIAMO RACCONTATO NEL PROGRAMMA ELETTORALE DEL 2009:
                    
PER
ESEMPIO PORTARE LA RACCOLTA DIFFERENZIATA AL 50%
                    
OPPURE
LA PALLA  DELLE PISTE CICLABILI
                    
OPPURE
IL POTENZIAMENTO E LA MIGLIORIA DELL’ARREDO URBANO
                    
OPPURE
LA GROSSA PALLA CHE VI ABBIAMO FATTO BERE CITTADINI DI ISOLA DELLE FEMMINE.
L’AREA PEDONALE E LA VALORIZZAZIONE DELLA ZONA TORRE IN TERRA
SU UN PUNTO DOBBIAMO
CHIEDERVI SCUSA PER NON AVERLO REALIZZATO:
-REALIZZAZIONE DI
VARCHI LIBERI PER LA FRUIZIONE DELLA SPIAGGIA LA PREVISTA VIA DI COLLEGAMENTO
DELLA VIA 
 MARTIN LUTHER KING  A VIALE DEI SARACENI. NON
VOLEVAMO DISTURBARE I SONNI TRANQUILLI DEI RESIDENTI DI VIA MARTIN LUTHER KING
A  nulla è valsa
la resistenza che abbiamo opposto al lavoro  della COMMISSIONE GOVERNATIVA
di accesso agli atti insediatasi al Comune di Isola delle Femmine, VOLUTA
AUSPICATA E DESIDERATA DA PARTE DELLA STRAGRANDE MAGGIORANZA DEI CITTADINI DI
ISOLA DELLE FEMMINE.
NOI TUTTI AD INIZIARE
DAL SOTTOSCRITTO  PROFESSOR Gaspare, Napo, Ale, Giovanni, Salvo Alberto
Zii Nipoti Cognati Generi Futuri Generi Sorelle Fratelli Cugini  ci siamo
asserragliati nel “fortino” di Via Colombo per difenderci dall’assalto di
cittadini inferociti che ritenevano NOI responsabili dei  rifiuti che
ormai ricoprivano da mesi  le strade e le piazze di Isola.
Per anni mesi
settimane giorni  abbiamo subito l’onta del discredito perché alcuni
  dei nostri  amici parenti e collettori di voti omettevano di pagare
la tassa della munnezza. E pensare che al nostro amico e collega Napo siamo
riusciti a fargli pagare per 
META’ la tassa della munnezza  della palestra affidata 
in gestione dal “parente” Sindaco (rep n 811/2003) alla moglie Lucido Maria
Stella!
Grandioso è stato
l’impegno con la 
ITALCEMENTI, nell’anno 2008 grazie alla
collaborazione della PRESIDENTESSA della Commissione Ambiente Consiliare, MA
SOPRATTUTTO DELL’INTERO GRUPPO prima “Isola per Tutti” e poi “Progetto
Cementificazione ed Inquinamento”  
Siamo riusciti grazie
all’assenza  delle associazioni  ambientaliste a far
ottenere    alla ITALCEMENTI l’Autorizzazione Integrata
Ambientale della Regione Sicilia.
Alla Italcementi
abbiamo permesso di tutto e di più nell’ASSENZA di  autorizzazioni, nello
sforamento della massa delle emissioni, nella emissioni di ogni tipo di
inquinante tipo CROMO ESAVALENTE VI.benzene diossina in quantità persino
spropositata, pm10 polveri fini sottili ultrassottili insomma di quella roba
che riesce a penetrare facilmente nel tessuto umano. 
Abbiamo concesso che
la ITALCEMENTI anzitempo bruciasse in notevoli quantità
800 TONNELLATE  i rifiuti di
refrattari
,
gessi chimici ……..
Alla Italcementi abbiamo
permesso per anni  di non ottemperare alla direttiva Europea che imponeva
l’AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE entro il 30 ottobre 2007
.
Alla Italcementi, IO
 SINDACO ed il mio gruppo politico, abbiamo permesso  di non rispettare
le prescrizioni imposte dall’Autorizzazione Integrata Ambientale il quale
prevedeva l’adozione delle migliori tecnologie per tutte le aziende che
inquinano.
Sin dal luglio 2010 NOI
alla Italcementi  permettiamo l’attività produttiva anche in assenza dell’A.I.A.
in quanto decaduta per mancato rispetto delle prescrizioni.
Insomma Gaspare
Sindaco e TUTTI TUTTI NOI del gruppo politico “Progetto Isola” siamo riusciti a
creare anzitempo la nostra piccola TARANTO.
NATURALMENTE TUTTO
QUESTO GRAZIE ANCHE ALLA DISPONIBILITA’ DELLA ITALCEMENTI PER QUANTO RIGUARDA
EVENTUALI ATTREZZATURE SCOLASTICHE O PARTECIPAZIONI A SAGRE PAESANE…….
Nessuna riconoscenza
per i nostri sforzi ad implementare  l’immagine di Isola delle Femmine e
le sue strutture ludico ricettive. Vedasi le nostre frequentazioni estive al
MOMA BEACH ora FREE BEACH o le nostre incursioni alla discoteca MOMA GLAMOUR
(APERTA ANCHE IN ASSENZA DEL PAI)
Ah! Quanti sacrifici
mal ripagati!
Nessuna riconoscenza
per noi che siamo riusciti con impegno e fatica a rendere Isola delle Femmine
una perfetta periferia della peggiore Palermo fatta di delinquenza di droga
e………
Nessuna riconoscenza
per NOI che molto ci siamo prodigati a far CEMENTIFICARE, grazie al sacrificio
economico di alcuni nostri amici, le poche aree libere esistenti a Isola,
comportando un sacrificio di moltissimi cittadini che hanno dovuto fare a meno
di aree pubbliche a loro destinate (aree verdi, servizi pubblici e sociali…..).
Tutto questo ed altro
volevamo riferire al Prefetto nell’incontro di Giovedì.
Purtroppo  siamo
stati ricevuti dal Viceprefetto!!!!
Un messaggio chiaro
nemmeno Lui ha voluto parlarci, anzi il messaggio che ci è stato inviato:
DIMETTETIVI PRIMA CHE LA
BARCA AFFONDI!
OGGI A MALINCUORE CI
SIAMO DECISI A SEGUIRE IL CONSIGLIO DATOCI:
CI  SIAMO
DIMESSI!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
PROGETTO FIATO SUL COLLO
ASSOCIAZIONE AGENDA ROSSA DI ISOLA
DELLE FEMMINE

VIA DELL’AGRICOLTURA ISOLA DELLE FEMMINE PORTOBELLO SI RECA DAL PREFETTO

Professore Signor Sindaco PROFESSORE Gaspare Portobello, Lei
giovedì scorso, in riferimento alla Commissione governativa  di accesso agli atti al Comune che Lei e la
Sua “amministrate”, ha chiesto di essere ricevuto dal Prefetto: Bene! Mi chiedo
cosa Lei abbia potuto riferire al Prefetto di così importante! 

CERTAMENTE  NON
avrà parlato di quanto fa schifo il paese che Lei sfortunatamente amministra. 

CERTAMENTE  non avrà parlato dei cittadini residenti di via dell’agricoltura che
hanno chiesto a Lei in funzione di Sindaco e quindi di TUTORE della salute
Pubblica di intervenire far rimuovere la munnezza che ormai da mesi staziona
sulla via principale del rione, anzi Lei ha fatto cancellare nella
toponomastica di Isola delle Femmine Via dell’Agricoltura. 

CERTAMENTE Lei al
Prefetto non ha parlato dell’associazione che gestisce un BENE COMUNE la
palestra  paga la TARSU per una
superficie inferiore a quella esistente quasi la metà. Signor Sindaco sa cosa
c’è di grave in ciò non soltanto la truffa di una FALSA dichiarazione, ma il
fatto che tale TRUFFA è stata “consumata” da un parente di un rappresentante di
una Istituzione con la distrazione di un Suo Capo Settore. 

CERTAMENTE LEI  non ha
approfittato del colloquio concessoLe dal Prefetto per parlare di Isola delle
Femmine come un paese “Terremotato” e precluso ad ogni possibilità di progresso
civile economico sociale……
I CITTADINI DI ISOLA DELLE FEMMINE SONO STANCHISSIMI DI
SUBIRE QUESTA GRAVISSIMA SITUAZIONE DI DEGRADO E DI CONTINUO PERICOLO PER LA
PROPRIA SALUTE.
COMINCIAMO COL NON PAGARE PIU’ LA TASSA DEI RIFIUTI!!!!!!!
CARO SINDACO PROFESSORE GASPARE SIGNOR PORTOBELLO NOI
CITTADINI NON VOGLIAMO PIU’ PAGARE LA TASSA SULLA MUNNEZZA!!!!!!!!!!!
IL REGALO DEL SINDACO DI ISOLA DELLE FEMMINE PROFESSORE
GASPARE PORTOBELLO E DEL SUO PUPILLO ASSESSORE GEOLOGO AI MALCAPITATI  TURISTI DEL NOSTRO PAESE
ISOLA DELLE FEMMINE MUNNEZZA DI TUTTI I GENERI E IN
GRANDISSIMA QUANTITA’ IN VIA LIBERTA’
PER I CITTADINI  DI
ISOLA DELLE FEMMINE TASSE TASSE E POI TASSE 
A FRONTE DEL DISSERVIZIO NELLA NON RACCOLTA DEI RIFIUTI
I CITTADINI ONESTI DI ISOLA DELLE FEMMINE NELL’ANNO 2011
HANNO VERSATO NELLE CASSE DEL COMUNE 808 MILA 624 EURO 85 CENTESINI
PREVISIONE DI
BILANCIO 2011 ENTRATE TASSA PER LO SMALTIMENTO DEI RIFIUTI SOLIDI URBANI 1.403.430
LA DIFFERENZA DI 594 MILA 805 EURI 15 CENTESIMI LA PARTE DEL LEONE 8NON
PAGANTI) LA FANNO I  CITTADINI AMICI
PARENTI QUALCHE CONSIGLIERE COLLETTORI DI VOTI ……….
UN ESEMPIO PER TUTTI: L’ASSSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISCA BODY CENTER
RISULTA REGOLARMENTE ISCRITTA NEI RUOLI TARSU PER UNA SUPERFICIE PARI A MQ 200
LEGGIAMO DALL’INVENTARIO DEI BENI DI PROPRIETA’ DEL COMUNE DI ISOLA
DELLE FEMMINE CHE L’AREA OCCUPATA DALL’ASSOCIAZIONE DILETTANTISTICA BODY CENTER
DI VIA LIBERTA’ RAPPRESENTATA DALLA MOGLIE DELL’ASSESSORE ALLO SPORT DOTTOR
NAPOLEONE RISO
E’ PARI A 504 MQ cinquecentoquattrometriquadri
IL  COSTO DEL SERVIZIO
NON RACCOLTA DEI RIFIUTI VERSATI DAL COMUNE DI ISOLA DELLE FEMMINE ALLA
SOCIETA’ ATO PA 1 DI CUI SI E’ SOCI 1 MILIONE 336 MILA 185 EURO 45 CENTESIMI
TUTTI IN GALERA PER AVER QUOTIDIANAMENTE
E IN MANIERA SISTEMATICA  ED
ORGANIZZATA  MESSO IN PERICOLO LA SALUTE PUBBLICA DEI
CITTADINI DI ISOLA DELLE FEMMINE
TUTTI IN GALERA PER AVER QUOTIDIANAMENTE
E IN MANIERA SISTEMATICA  ED
ORGANIZZATA  AVER INVASO STRADE PIAZZE MARCIAPIEDI
AIUOLE  VIE ED OGNI ANGOLO DEL  TERRITORIO DI ISOLA DELLE FEMMINE COME UNA
UNICA E GRANDE DISCARICA
TUTTI IN GALERA PER AVER QUOTIDIANAMENTE
E IN MANIERA SISTEMATICA  ED   ORGANIZZATA 
FATTO SPRECO DI PUBBLICHE RISORSE 
ARRECANDO ALLE CASSE COMUNALI DANNI ERARIALI INCALCOLABILI
TUTTI IN GALERA PER AVER QUOTIDIANAMENTE
E IN MANIERA SISTEMATICA  ED   ORGANIZZATA 
AVER SMANTELLATO L’UFFICIO DEI TRIBUTI DEL COMUNE DI ISOLA DELLE FEMMINE
TUTTI IN GALERA PER AVER QUOTIDIANAMENTE
E IN MANIERA SISTEMATICA  ED    ORGANIZZATA 
FAVORITO PER MERI CALCOLI POLITICI ELETTORALI CHE una buona parte dei
cittadini amici parenti portaborse cercatori di voti e……… “evitassero il
pagamento della tassa della munnezza” e quando il giochetto non riusciva si
faceva in modo di DIMINUIRE la superficie su cui viene calcolata la tarsu
TUTTI IN GALERA SONO VENTI ANNI CHE SIETE
AL POTERE AVETE ROVINATO UN PAESE!
TUTTI IN GALERA PERCHE’ SIETE RIUSCITI IN
VENTI ANNI A “MASSACRARE “ IL NOSTRO TERRITORIO
UN TERRITORIO MASSACRATO DAL CEMENTO 
OGNI ANGOLO DEL TERRITORIO E’ STATO
CEMENTIFICATO NON UN METRO QUADRATO DI VERDE AVETE LASCIATO AI NOSTRI
POLMONI  (Per favore non parlatemi del
Parco delle Dune, ridotto ormai un immonnnezzaio  destinato a parcheggio per i clienti del
solarium parentale, fatto unicamente per impedire la realizzazione di una via
che collegasse Via Martin Luther King con la spiaggia  così come previsto dal Piano regolatore
Generale).
NON UNA PIAZZA SIETE RIUSCITI A CREARE ma
CEMENTO CEMENTO CEMENTO CEMENTO…..
AVETE MASSACRATO L’ARIA CHE
RESPIRIAMO 
AVETE DETURPATO IL MERAVIGLIOSO PAESAGGIO
DI ISOLA DELLE FEMMINE
AVETE RESO IL TERRITORIO DI ISOLA DELLE
FEMMINE UN’UNICA GRANDE DISCARICA DI MUNNEZZA DI RIFIUTI DI CIBO IN
PUTREFAZIONE OLI VERNICI RIFIUTI PROVENIENTI DALL’AMBULATORIO DI ANALISI,
DIOSINE CROMO ESAVALENTE INSOMA UN’UNICA E GRANDE
FETENZIA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
DI TUTTO QUESTO SIGNORI SIETE COLPEVOLI   E DUI VI SIETE RESI REPONSABILI DI GRAVISSIMI
REATI CIVILI E PENALI  ARRECANDO
NOTEVOLISSIMI DANNI ALLE PERSONE AL PATRIMONIO OLTRE CHE
ALL’ERARIO!!!!!!!!!!!!!!

ASSOCIAZIONE AGENDA ROSSA DI ISOLA DELLE FEMMINE
IL FUNZIONARIO  DEL COMUNE DI ISOLA DELLE FEMMINE
CERTIFICA CHE LA BODY CENTER DI LUCIDO
MARIA STELLA MOGLIE DELL’ASSESSORE RISO NAPOLEONE
DICHIARA UNA SUPERFICIE DI 200 METRI QUADRI AI FINI
DELLA TARSU 

GESTIONE BENI PATROIMONIALI DEL COMUNE DI ISOLA DELLE FEMMINE
SI EVINCE CHE LA SUPERFICIE DELLA PALESTRA GESTITA
DALLA BODY CENTER  DI LUCIDO MARIA STELLA
MOGLIE DELL’ASSESSORE ALLO SPORT DEL COMUNE DI ISOLA DELLE FEMMINE
SUPERFICIE 504 CINQUECENTO QUATTRO METRI QUADRI

FALSA DICHIARAZIONE?

LA PALESTRA BODY CENTER PRESIDENTE E LEGALE RAPPRESENTANTE LUCIDO MARIA STELLA
MOGLIE DELL’ASSESSORE ALLO SPORT DI ISOLA DELLE FEMMINE LA PARTE ESTERNA (SPOGLIATOI)

E’ STATA  COSTRUITA ABUSIVAMENTE E/O IN ASSENZA DI LICENZA EDILIZIA  E NON RISULTA DAL CONTRATTO DI AFFIDAMENTO IN

CONCESSIONE DELIBERA GIUNTA 243 

I CITTADINI RESIDENTI DI VIA DELL’AGRICOLTURA PROTESTANO
ED IL SINDACO PROFESSORE SIGNOR GASPARE PORTOBELLO 
SE NE FREGA E NON RISPONDE !!!!!!!!!!!!

vIA DELL’AGRICOLTURA ISOLA DELLE FEMMINE  367  METRI    DI  MUNNEZZA

vIA DELL’AGRICOLTURA ISOLA DELLE FEMMINE  367  METRI    DI  MUNNEZZA
vIA DELL’AGRICOLTURA ISOLA DELLE FEMMINE  367  METRI    DI  MUNNEZZA

vIA DELL’AGRICOLTURA ISOLA DELLE FEMMINE  367  METRI    DI  MUNNEZZA

vIA DELL’AGRICOLTURA ISOLA DELLE FEMMINE  367  METRI    DI  MUNNEZZA

vIA DELL’AGRICOLTURA ISOLA DELLE FEMMINE  367  METRI    DI  MUNNEZZA

vIA DELL’AGRICOLTURA ISOLA DELLE FEMMINE  367  METRI    DI  MUNNEZZA

vIA DELL’AGRICOLTURA ISOLA DELLE FEMMINE  367  METRI    DI  MUNNEZZA

TUTTI IN GALERA SONO VENTI ANNI CHE SIETE AL POTERE AVETE ROVINATO UN PAESE!

ISOLA DELLE FEMMINE VIA KENNEDY 
ZONA RESIDENZIALE DI PROFESSIONISTI   
ABITAZIONE PRESIDENTE  COMMISSIONE 
AMBIENTE COMUNE MUNNEZZA 
SPOSTATA DAL PAESE
ISOLA DELLE FEMMINE VIA DELL’AGRICOLTURA 
ALLE SPALLE DELLA CALLIOPE MAIORANA 
LUOGO DI  INCENDIO CONTINUO DI MUNNEZZA
DI LAMENTELE DENUNCE ESPOSTI 
DEI CITTADINI CONTRO  IL SINDACO PROFESSORE SIGNOR
PORTOBELLO CHE CON IL SUO PUPILLO
GEOLOGO ASSESSORE SE NE FREGANO 
ISOLA DELLE FEMMINE VIA KENNEDY 
ZONA RESIDENZIALE DI PROFESSIONISTI   
ABITAZIONE PRESIDENTE  COMMISSIONE 
AMBIENTE COMUNE MUNNEZZA 
SPOSTATA DAL PAESE
ISOLA DELLE FEMMINE VIA DELLE INDUSTRIE 
AREA VIDEO SORVEGLIATA VICINO 
AL MOMA    GLAMOUR   SUPERMERCATO  
DITTE  ARTIGIANE
CHI SORVEGLIA L’AREA VIDEOSORVEGLIATA?
OPPURE SI ERA INTERESSATA ALL’ACQUISTO ED AL MONTAGGIO
DELLE APPARECCHIATURE?
ISOLA DELLE FEMMINE VIA DELLE INDUSTRIE ACCANTO 
ALLA DISCOTECA MOMA GLAMOUR  
POLIPLAST FATTA FALLIRE
ISOLA DELLE FEMMINE VIA DELL’AGRICOLTURA 
ALLE SPALLE DELLA CALLIOPE MAIORANA 
LUOGO DI  INCENDIO CONTINUO DI MUNNEZZA
DI LAMENTELE DENUNCE ESPOSTI 
DEI CITTADINI CONTRO  IL SINDACO PROFESSORE SIGNOR
PORTOBELLO CHE CON IL SUO PUPILLO
GEOLOGO ASSESSORE SE NE FREGANO 

AMIANTO CIBO GOMME FERRO ALLUMINIO 
LEGNO VERNICI  ecc ecc ecc ecc 
LUOGO DI DEPOSITO DI OGNI GENERE DI RIFIUTO
PERSINO RIFIUTI FARMACEUTICI SCADUTI AVANZI
DELL’AMBULATORIO DI ANALISI
CASSETTE DEL NEGOZIO DI ALIMENTARI 
ISOLA DELLE FEMMINE VIA KENNEDY ACCANTO 
ALLA ABITAZIONE DELLA  PRESIDENTESSA 
(MAI VISTA !!! MAI SENTITA!!!) DELLA 
COMMISSIONE AMBIENTE  DEL COMUNE 
MUNNEZZA SPOSTATA DAL PAESE
 
ISOLA DELLE FEMMINE VIA DELL’AGRICOLTURA 
ALLE SPALLE DELLA CALLIOPE MAIORANA 
LUOGO DI  INCENDIO CONTINUO  DI MUNNEZZA
L’ASSESSORE GEOLOGO ALL’AMBIENTE
SI E’ VISTO SOLTANTO PER
LE ELEZIONI CERTO DOVEVA EVITARE IL TRASFERIMENTO!!!!
IL SINDACO PROFESSORE DOTTORE SIGNOR
GASPARE PORTOBELLO TACE DI FRONTE ALLE PROTESTE DEI
CITTADINI RESIDENTI DELLA ZONA
ORMAI DA EVACUARE!!!!
ISOLA DELLE FEMMINE MUNNEZZA DI TUTTI I 
GENERI E IN GRANDISSIMA QUANTITA’ IN VIA LIBERTA’
TALI DA INQUINARE L’INTERA AREA E CAPACE DI CREARE
RIVOLI DI  PERCOLATO 

ISOLA DELLE FEMMINE MUNNEZZA DI TUTTI I GENERI 
E IN GRANDISSIMA QUANTITA’ IN VIA LIBERTA’
IL REGALO DEL SINDACO DI ISOLA DELLE FEMMINE PROFESSORE
GASPARE PORTOBELLO E DEL SUO PUPILLO ASSESSORE GEOLOGO AI MALCAPITATI  TURISTI DEL NOSTRO PAESE 




PER I CITTADINI  DI
ISOLA DELLE FEMMINE TASSE TASSE E POI TASSE 
A FRONTE DEL DISSERVIZIO NELLA NON RACCOLTA DEI RIFIUTI

I CITTADINI ONESTI DI ISOLA DELLE FEMMINE NELL’ANNO 2011
HANNO VERSATO NELLE CASSE DEL COMUNE 808 MILA 624 EURO 85 CENTESINI

PREVISIONE DI
BILANCIO 2011 ENTRATE TASSA PER LO SMALTIMENTO DEI RIFIUTI SOLIDI URBANI 1.403.430

LA DIFFERENZA DI 594 MILA 805 EURI 15 CENTESIMI LA PARTE DEL LEONE(NON
PAGANTI) LA FANNO I  CITTADINI AMICI
PARENTI QUALCHE CONSIGLIERE COLLETTORI DI VOTI ……….

UN ESEMPIO PER TUTTI: L’ASSSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISCA BODY CENTER
RISULTA REGOLARMENTE ISCRITTA NEI RUOLI TARSU PER UNA SUPERFICIE PARI A MQ 200 duecento metri quadri 

LEGGIAMO DALL’INVENTARIO DEI BENI DI PROPRIETA’ DEL COMUNE DI ISOLA
DELLE FEMMINE CHE L’AREA OCCUPATA DALL’ASSOCIAZIONE DILETTANTISTICA BODY CENTER
DI VIA LIBERTA’ RAPPRESENTATA DALLA MOGLIE DELL’ASSESSORE ALLO SPORT DOTTOR
NAPOLEONE RISO
E’ PARI A 504 MQ cinquecentoquattrometriquadri

UN ALTRO ESEMPIO? QUANTI SONO I GESTORI DEI SOLARIUM DI ISOLA DELLE FEMMINE CHE PAGANO REGOLARMENTE LA TARSU?

PER UNA QUESTIONE DI TRASPARENZA PERCHE’ NON PUBBLICARE SUL SITO DEL COMUNE GLI EVASORI? 

UN ALTRO ESEMPIO ANCORA? 


QUANTI SONO I CONSIGLIERI ED AMMINISTRATORI COMUNALI CHE NON PAGANO LA TARSU?

PER UNA QUESTIONE DI TRASPARENZA PERCHE’ NON PUBBLICARE SUL SITO DEL COMUNE GLI EVASORI? 

IL  COSTO DEL SERVIZIO
NON RACCOLTA DEI RIFIUTI VERSATI DAL COMUNE DI ISOLA DELLE FEMMINE ALLA
SOCIETA’ ATO PA 1 DI CUI SI E’ SOCI 1 MILIONE 336 MILA 185 EURO 45 CENTESIMI
TUTTI IN GALERA PER AVER QUOTIDIANAMENTE
E IN MANIERA SISTEMATICA  ED 
ORGANIZZATA  MESSO IN PERICOLO LA SALUTE PUBBLICA DEI
CITTADINI DI ISOLA DELLE FEMMINE
TUTTI IN GALERA PER AVER QUOTIDIANAMENTE
E IN MANIERA SISTEMATICA  ED 
ORGANIZZATA  AVER INVASO STRADE PIAZZE MARCIAPIEDI
AIUOLE  VIE ED OGNI ANGOLO DEL  TERRITORIO DI ISOLA DELLE FEMMINE COME UNA
UNICA E GRANDE DISCARICA
TUTTI IN GALERA PER AVER QUOTIDIANAMENTE
E IN MANIERA SISTEMATICA  ED   ORGANIZZATA 
FATTO SPRECO DI PUBBLICHE RISORSE 
ARRECANDO ALLE CASSE COMUNALI DANNI ERARIALI INCALCOLABILI
TUTTI IN GALERA PER AVER QUOTIDIANAMENTE
E IN MANIERA SISTEMATICA  ED   ORGANIZZATA 
AVER SMANTELLATO L’UFFICIO DEI TRIBUTI DEL COMUNE DI ISOLA DELLE FEMMINE
TUTTI IN GALERA PER AVER QUOTIDIANAMENTE
E IN MANIERA SISTEMATICA  ED    ORGANIZZATA 
FAVORITO PER MERI CALCOLI POLITICI ELETTORALI CHE una buona parte dei
cittadini amici parenti portaborse cercatori di voti e……… “evitassero il
pagamento della tassa della munnezza” e quando il giochetto non riusciva si faceva
in modo di DIMINUIRE la superficie su cui viene calcolata la tarsu
TUTTI IN GALERA SONO VENTI ANNI CHE SIETE
AL POTERE AVETE ROVINATO UN PAESE!
ASSOCIAZIONE AGENDA ROSSA DI ISOLA DELLE
FEMMINE

Signor Sindaco,
Lei non crede  sia un dovere civico rispondere ai Cittadini che Le scrivono per sottoporre alla Sua attenzione le problematiche attinenti la gestione dei rifiuti e la mancata raccolta dei rifiuti con   le conseguenze che ne possono deroivare a livello sanitario ed ambientale. Tutto ciò aggravato dal fatto che da qualche giorno in maniera continuativa e senza alcuna interruzione:
I RIFIUTI STANNO BRUCIANDO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
e LEI?  NIENTE.
FORSE! ANZI  CERTAMENTE LEI E’ CONVINTO CHE VIA DELL’AGRICOLTURA NON FACCIA PARTE DEL TERRITORIO DI ISOLA DELLE FEMMINE SE NON QUANDO VI SONO LE ELEZIONI!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

PROSSIMAMENTE LEI E TUTTI QUELLI DELLA SUA BAND NON PENSIATE DI  VENIRE A CHIEDERCI I VOTI.  

 

PRENDERETE   TUTTI CALCI IN CULO!!!!!!!!!!!

VIA DELL’AGRICOLTURA LA PICCOLA CONTINUA BELLOLAMPO
DI ISOLA DELLE FEMMINE DA GIORNI IN FIAMME SENZA CHE NESSUNO
INTERVENGA

VIA DELL’AGRICOLTURA SI E’ IN ISOLA DELLE FEMMINE
FORSE IL PROFESSORE HA QUALCHE DUBBIO
CHE LA VIA FACCIA PARTE DEL TERRITORIO DI ISOLA DELLE
FEMMINE. LUI SE NE RICORDA SOLTANTO
IN PERIODO ELETTORALE!!!!!!!
COGLIONE CHIUNQUE LO VOTI!!!!!!!!!!!!!!!!!!

VIA DELL’AGRICOLTURA ISOLA DELLE FEMMINE
NONOSTANTE I SOLLECITI LE PETIZIONI I RICHIAMI
LE TELEFONATE LE PROTESTE
NESSUN AMBIENTALISTA NESSUNO DI QUELLI CHE SONO
VENUTI A CHIEDERE I VOTI
NESSUNO DI QUELLI A PAROLE DICONO DI
TUTELARE LA SALUTE DEI CITTADINI
NESSUNO DI QUESTI SIGNORI SI E’ DEGNATO DI FARE
CAPOLINO DA QUESTE PARTI!!!!!!!!!
COGLIONISSIMI TUTTTI QUEI CITTADINI CHE PERMETTERANNO
IN UNA PROSSIMA TORNATA ELETTORALE CHE QUESTI SIGNORI
OSINO SOLO PENSARE DI AVVICINARSI DA QUESTE PARTI
PER RICHIEDERE un solo voto!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
SONO SOLO DA PRENDERE A CALCI IN CULO



TARANTO, DOMANI LA DECISIONE ILVA LA PROCURA PRONTA A TAGLIARE LA PRODUZIONE

22/08/2012 – TARANTO,
DOMANI LA DECISIONE.

Ilva, la procura pronta  a tagliare la
produzione


Un gruppo di dipendenti dell’llva presidia
davanti allo stabilimento di Taranto

Ieri un’altra ispezione dei
carabinieri nei reparti.
Acquisita nuova documentazione

GUIDO RUOTOLO
inviato a taranto

In una delle ultime pagine delle
motivazioni del Riesame, i giudici scrivono che non dipende certo da loro
definire il destino dell’Ilva. «Non è compito del Tribunale stabilire se e come
occorra intervenire nel ciclo produttivo o, semplicemente, se occorra fermare
gli impianti, trattandosi di decisione che dovrà necessariamente essere assunta
sulla base delle risoluzioni tecniche dei custodi-amministratori, vagliate
dall’Autorità giudiziaria: per questo lo spegnimento degli impianti rappresenta,
allo stato, solo una delle scelte tecniche possibili».

L’incontro Le
carte dell’inchiesta sono molto chiare, dunque. Tanto che è così che domani alle
10 il procuratore Franco Sebastio ha convocato i suoi sostituti, i custodi
giudiziari e gli uomini del Noe dei carabinieri. Un incontro, a questo punto,
operativo. E ancora ieri, custodi e Noe si sono un’altra volta presentati nei
reparti Acciaieria 1 e 2 per una ispezione, per acquisire
documentazione.
Domani, il vertice operativo potrebbe così decidere anche
se ridurre e di quanto la produzione di acciaio, in funzione di uno «stand by»
degli impianti, in attesa di definire il cronoprogramma di interventi necessari
alla messa in sicurezza degli stessi.
A questo punto, infatti, le
motivazioni del Riesame lasciano pochi dubbi sulla necessità di procedere con la
definizione degli interventi necessari, indicati già nel corso dell’incidente
probatorio, dai periti nominati dal gip.
A leggere con attenzione le
motivazioni, colpisce la «recidività» del gruppo dirigente e degli assetti
proprietari dell’acciaieria. E soprattutto la straordinaria denuncia, fatta
propria dai magistrati, del Noe dei carabinieri di Lecce, sulle emissioni
fuggitive, i fenomeni di «slopping»e quant’altro non funziona nell’Ilva.

Il rapporto dimenticato Quel rapporto del Noe arrivò anche al Ministero
dell’Ambiente prima che, nell’agosto scorso, fosse licenziata, dopo una
istruttoria di sette anni, l’Autorizzazione integrata ambientale, AIA, con le
sue quattrocento e passa prescrizioni. L’allora ministro Stefania Prestigiacomo
si è risentita per la denuncia del nostro giornale sul fatto che quel rapporto è
rimasto chiuso nel cassetto. In realtà, nelle prime pagine dell’AIA si riporta
un riferimento proprio al rapporto del Noe: «Considerato che al momento le
irregolarità segnalate dal Noe non rilevano ai fini del rilascio
dell’autorizzazione integrata ambientale ma incidono sulle attività degli enti
responsabili delle autorizzazioni di settore prima del rilascio dell’Aia cui
pure la nota del Noe è diretta, dopo il rilascio dell’ Aia potranno essere
disposti dal Ministero dell’Ambiente opportuni accertamenti onde verificare i
profili di irregolarità segnalati dal Noe ed eventualmente sottoporre a riesame
la presente autorizzazione integrata ambientale».




Qui a Taranto non
risultano che siano partiti gli «opportuni accertamenti» e forse il ministro
dell’Ambiente Clini potrà fornire ulteriori chiarimenti. Incomprensibile,
comunque, la valutazione che le «disfunzioni» segnalate dal Noe non mettono in
discussione l’elaborazione dell’AIA.





L’inferno in città Quelle
«disfunzioni» sono parte integrante dell’atto d’accusa dei giudici di
Taranto.

Un passaggio di quel rapporto del Noe è riportato nelle
motivazioni del Riesame: «Durante le ore notturne si ha l’impressione di
assistere ad esplosioni che liberano fumo e fiamme in grado di illuminare l’area
e i manufatti circostanti. La presenza di ostacoli fisici, quali le alte mura di
recinzione, in alcuni casi non hanno permesso di documentare le attività che
davano luogo alle emissioni in argomento, motivo per il quale si è proceduto ad
accedere al sito in questione, individuandolo nell’area gestione rottami ferrosi
(sequestrata anch’essa dal gip Todisco, ndr)».
La discarica Le immagini
delle telecamere poste all’esterno del perimetro dell’Ilva non consentono di
superare l’ostacolo rappresentato dalle mura, costringendo gli uomini del Noe a
procedere con il sopralluogo: “Nell’area scoperta estesa circa 30.000 mq,
denominata discarica paiole, è stato verificato che quelle che erano state
percepite come esplosioni erano, in realtà, “bagliori, fumo intenso e vapori”
prodotti dal ribaltimento delle paiole (contenitori metallici di circa 3 metri
cubi) contenenti le scorie liquide provenienti dall’acciaieria, con conseguente
sversamento sul terreno di scorie incandescenti”.
Tonnellate di polveri
Per fortuna che c’è l’AIA. Perché la vecchia istruttoria per ottenerla è un
«corpo di reato» importante. In che senso? Ecco quello che raccontano i giudici
del Riesame a proposito della situazione dell’area parchi minerari a proposito
di emissioni fuggitive o diffuse di polveri «derivanti dall’azione erosiva del
vento dei cumuli di materiale aggregato ivi depositato, dalla manipolazione dei
materiali solidi e dalla movimentazione stradale dei mezzi all’interno
dell’area».
«E’ lo stesso gestore dell’impianto, nella domanda per
l’ottenimento dell’Aia, ad effettuare una stima delle predette emissioni,
riferite alla capacità produttiva del 2005: quelle da erosione eolica dei cumuli
di stoccaggio materiale sono comprese tra le 6 e le 51 tonnellate annue, a
seconda delle diverse condizioni meteo; quelle da manipolazione dei materiali
solidi (cadute) ammontano addirittura a 668 tonnellate annue e quelle da
movimentazione stradale di mezzi all’interno sono pari a circa 24 tonnellate
annue. Totale, circa 700 tonnellate annue».
Quei parchi minerari vanno
coperti, secondo i periti. Ne vale della vita dei cittadini di Tamburi e di
Taranto centro.


Taranto crisi Ilva

Ilva Taranto: la nuova AIA entro settembre? Non siamo tranquilli!

martedì 21 agosto 2012 di Erasmo Venosi





 



Le dichiarazioni del titolare del
dicastero dell’ambiente sulla
nuova Aia all’Ilva che, sarà concessa entro il 30 di settembre non consente di
essere tranquilli e nemmeno ottimisti sulla vicenda dell’Ilva . Il Ministro
afferma “ sappiamo cosa bisogna fare, si tratta solo di decidere quali sono gli
interventi fattibili” e ancora più chiaro, sulle prescrizioni Aia “ più secca e
con molto meno prescrizioni”. Sconfessate gran parte delle 462 prescrizioni
rilasciate con l’Aia dell’agosto 2011. Ma c’è di più. A noi sembra che intorno
alla nuova Aia, da confezionare in 40 giorni ci sia solo tanto, ma tantissimo
fumo, e null’altro

Ilva sa benissimo le cose che deve fare e a tal fine ha
sottoscritto, con Regione, Provincia , Comuni e Ministeri dell’Ambiente, dello
Sviluppo , della Salute molti Atti d’Intesa:
1) in data 8 gennaio 2003 avente ad oggetto gli “Interventi per il
miglioramento dell’impatto ambientale dello stabilimento ILVA di Taranto;
2) in data 27 febbraio 2004 , avente ad oggetto gli “Interventi
per il miglioramento dell’impatto ambientale dello stabilimento ILVA di
Taranto”, con cui l’ azienda si impegnava a presentare un documento contenente
le prime indicazioni delle aree di intervento interessate dall’adeguamento alle
BAT, anche con riferimento alle migliori tecniche disponibili relative alla
produzione e lavorazione dei metalli ferrosi contenute nei documenti comunitari
di settore e nelle linea guida nazionali;
3) in data 15 dicembre 2004, avente ad oggetto gli “Interventi per
il miglioramento dell’impatto ambientale derivante dallo stabilimento ILVA di
Taranto”, che confermava, in particolare, l’impegno assunto nei due precedenti
Atti di Intesa a presentare, entro 9 mesi dall’entrata in vigore del Decreto
Ministeriale di emanazione delle linee guida per l’individuazione e
l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili per il settore siderurgico,
il “Piano di adeguamento, ove necessario, degli impianti esistenti dello
stabilimento di Taranto, alle migliori tecniche disponibili”;il documento
contenente le prime indicazioni delle aree di intervento interessate
dall’adeguamento alle B.A.T (migliori tecnologie disponibili) , presentato da
ILVA, in data 21/04/2004, alla Direzione generale per la salvaguardia ambientale
del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio (DGSAMATT), competente
in materia di Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), per consentire ad essa
di anticipare l’avvio delle relative azioni istruttorie; il “Piano di interventi
per l’adeguamento dello stabilimento alle Linee Guida BAT”, inviato da ILVA, in
data 19/07/2005, alla DGSAMATT e predisposto, secondo gli impegni assunti con
l’Atto di Intesa 15/12/2004, conformemente alle emanate Linee Guida di cui al
D.M. 31/01/2005, pubblicato sulla G.U. 13/06/2006, n. 135; l’Atto d’Intesa
integrativo dei precedenti , stipulato il 23 ottobre 2006 con cui l’Azienda,
confermando gli impegni assunti con i precedenti Atti d’Intesa, prevedeva
ulteriori attività finalizzate, all’identificazione delle principali sorgenti
emissive di polveri pesanti e alla rilevazione dell’eventuale presenza di
diossine o furani nei fumi dell’impianto di agglomerazione.
Inoltre fu istituita nel novembre 2005 la Segreteria Tecnica di
supporto alla DGSAMATT per l’esame delle problematiche riguardanti l’attuazione
degli adeguamenti degli impianti esistenti dello stabilimento ILVA alle migliori
tecniche disponibili (BAT) di cui agli Atti d’Intesa citati. La Segreteria
Tecnica formulò delle raccomandazioni al “Piano d’interventi per l’adeguamento
dello stabilimento alle Linee Guida BAT”, presentato da ILVA nell’aprile 2006 e
che riguardavano il ciclo acque, il ciclo rifiuti, i residui, i sottoprodotti, i
gas siderurgici e le emissioni in atmosfera, nonché una dettagliata indicazione
degli interventi di adeguamento e relativi cronoprogrammi di attuazione,
comprese le stime dei costi.
Altro “fumo mediatico” che si apprende dei giornali sarebbe il
coinvolgimento dell’Istituto Superiore di Sanità, della segreteria tecnica del
Ministero e della delegata del ministero per le Bat in UE. Quest’ultima davvero
sembra la “ciliegina sulla torta”, buona peri media, giacché è un soggetto che
partecipa unicamente all’analisi dei Brefs che ripetiamo, sono solo documenti di
riferimento per la redazione di Linee Guida Nazionali e tutti noti a chi fa
istruttorie di Aia . Tutte le “partecipazioni” oggi declamate dal Ministro erano
tutte previste nell’Accordo di Programma (AdP) sottoscritto l’11 aprile 2008 :
fu istituito con l’AdP, un Comitato di Coordinamento con rappresentanti del
Ministero dell’interno, del Ministero della salute, del Ministero dello sviluppo
economico che doveva avvalersi di Ispra (Istituto Superiore Protezione Ricerca
Ambiente ) e di esperti provenienti da enti di ricerca o altri organismi, quali
il CNR (Consiglio Nazionale Ricerche) , l’ISPESL (Istituto Superiore Prevenzione
Sicurezza Lavoro) , l’ISS (Istituto Superiore Sanità) , l’ENEA e l’ASL
territorialmente competente. Ilva nel Piano di Interventi per l’adeguamento alle
Bat ha anche quantificato il costo degli interventi e parliamo del 2007 e con
insufficienza di analisi delle problematiche: “L’ammontare complessivo, pari a
472 milioni di euro” (altro che i 146 milioni offerti!!!) per 64 proposte che
riguardano la cokeria, l’agglomerato, gli altiforni, le acciaierie, i laminatoio
a caldo, i tubifici , i rivestimenti, lo stoccaggio materie prime. Proposte che
furono contestate puntualmente dalle osservazioni dei comitati ambientalisti e
definiti in parte , come interventi per manutenzione, rifacimenti, adeguamenti
tecnologici per produttività e qualità.
Addirittura nel marzo 2008 fu presentata la documentazione
dell’utilizzo nel ciclo di produzione della ghisa del famigerato pet coke e del
catrame di cokeria come sostitutivo del carbon fossile in percentuali del 5
-10%. Tutto quello che s’ha da fare è conosciuto da Ilva e dalle Istituzioni e
appaiono pertanto preoccupanti le letture, divagatorie e riduttive del Ministero
che afferma di auspicare un’Aia concentrata su “monitoraggio, emissioni
fuggitive ossia non convogliate degli impianti a caldo e il parcogeominerario”
ma con interventi nei confronti di quest’ultimo selezionati perché “sono
stoccati materiali molto diversi con differenti rischi di polverosità” insomma
scordatevi che il parco di stoccaggio dei minerali sia completamente coperto
benché sia , una richiesta che emerge anche nelle perizie. A questo punto vista
che per il Ministero dell’Ambiente , pare insufficiente la mole di documenti,
verifiche, segreterie tecniche, atti d’intesa e proposte che da almeno un
decennio riguardano gli interventi su Ilva propongo di far intervenire gli
esperti del Ministero che sono intervenuti in Cina. Bisogna sapere che il
Ministro Clini nel 2005 è stato assegnatario da parte del Governo cinese e come
riconoscimento per la cooperazione italiana nel settore ambientale in Cina,
dell’importante “Premio Internazionale per la Scienza e la Tecnologia”.
In verità molti italiani non sanno che il Ministero dell’Ambiente
italiano, dall’anno 2000 ha sviluppato in Cina 57 linee progettuali,
cofinanziando progetti ambientali per un primo importo paria 108 milioni di euro
e un secondo programma dal costo stimato di 190 milioni di euro. Il nome di
alcuni progetti suona davvero come una nemesi storica per la Città di Taranto e
non solo : “ il monitoraggio e la gestione della qualità dell’aria nelle città
cinesi “, “ Protezione e conservazione delle risorse idriche” e che riguarda la
maggiore fonte di approvvigionamento di Pechino il Miyun Reservoir, la
Prevenzione e il controllo dell’inquinamento atmosferico (..monitoraggio
sorgenti inquinanti nell’area urbana di Shangai), “ Elaborazione Programma per
l’eliminazione delle sostanze chimiche controllate dalla Convenzione ONU sulle
sostanze organiche persistenti” (..insomma i PCB , diossine e furani..in Cina
però!!) e il “ China CDM Study Project” un progetto che ha consentito la messa a
punto di una metodologia nei due settori chiave dell’economia cinese la
SIDERURGIA e l’edilizia .Tratteremo compitamente in un prossimo articolo della
“triade della nuova Aia “: monitoraggio, emissioni fuggitive e parco
geominerario ma anche dell’uso del pet coke e del catrame di cokeria.

http://www.agoramagazine.it/agora/spip.php?article30801 


Sunto campagna
straordinaria di caratterizzazione IPA vento selettiva nel comune di
Taranto.

Campagna straordinaria di caratterizzazione IPA
vento selettiva a Taranto


Taranto, 05/07/2011 – ARPA Puglia ha realizzato una campagna
straordinaria di caratterizzazione
IPA vento selettiva nel comune di
Taranto. Si pubblicano i primi rapporti
di prova
 relativi al sito Peyrani, situato tra ILVA e la raffineria. Si
evince che la concentrazione di benzo(a)pirene sottovento nei pressi
di ILVA è pari a 4.46 ng/m3, molto più alta di quella sopravento (0.06) e di
quella con calma di vento (0.27). Se ne deduce il contributo praticamente
esclusivo di ILVA. Per le diossine i valori più alti si registrano nella
cartuccia associata alla calma di vento (64 fg TEQ/m3) rispetto ai valori
sottovento (44 fg TEQ/m3), che comunque sono tre volte più alti dei valori
sopravento (13 fg TEQ/m3). Si tratta peraltro di valori assoluti di diossine non
elevati. Nessuna differenza tra i valori di PCB nelle tre cartucce, valori
comunque in assoluto molto contenuti.

05/07/11

L’Ilva inquina senza controllo

Gianni Lannes   

Ilva a Taranto

Verdi e Legambiente denunciano le emissioni di diossina del
complesso industriale.
Lo scorso giugno l’udienza per “disastro e
avvelenamento”. 
Il Presidente della Regione Vendola non si è costituito
parte civile.
Regione Puglia? o Regione Ilva? Affari sulla pelle di 4 milioni
e 200 mila persone?
A Taranto – la città più degradata d’Europa – si scrive
AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale), ma si legge
nullaosta ad un’acciaieria per inquinare ancora e di più”. 
E però, per il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del
Mare Stefania Prestigiacomo , il Governatore Nichi
Vendola
(con il suo Assessore all’Ambiente Lorenzo
Nicastro
), il Sindaco della città Ippazio Stefano, e
il Presidente della Provincia Gianni Florido, è tutto a posto.
L’ autorizzazione integrata ambientale è una patente europea che
certifica l’abbattimento delle emissioni inquinanti. Insomma,
l’inquinamento è a norma di legge. Secondo gli abitanti di
Taranto, si minimizza, o, in alternativa, si fa finta di nulla.
Avanti con
diossine, benzopirene, ipa, biossido di carbonio e miscele di altri pericolosi
composti chimici.
I dati dell’ INES (Inventario Nazionale
delle Emissioni e delle loro Sorgenti), attestano che « il 92% delle
diossina
» fuoriesce proprio da questo complesso industriale
Ilva

Sette chilogrammi a testa: tre volte
Seveso

Storia di emissioni industriali e di omissioni
istituzionali e, come spesso accade qui in Puglia, su materie incandescenti, la
delibera regionale -ovvero un atto pubblico- è attualmente
sottoposta a segreto.

Per ottenere l’AIA è obbligatorio
dichiarare quante e quali emissioni cancerogene vengono prodotte
.
L’Ilva lo nega: è un segreto industriale.  

Il pluricondannato e pregiudicato patron Emilio Riva, interdetto dai
pubblici uffici, ringrazia la Regione Puglia, che prontamente ha autorizzato una
terza centrale termoelettrica da 600 megawatt. 
Una fetta consistente della Puglia muore? Basta negare le evidenze. “A
Taranto non c’è emergenza
” ripete il Presidente Vendola. 
Secondo
l’Organizzazione Mondiale per la Sanità, invece, « è un’area a
gravissimo rischio ambientale
». 
Il 23 aprile 1998 un decreto del
Presidente della Repubblica aveva dichiarato « Taranto città ad alto
rischio ambientale
».
Se la Regione plaude all’accordo raggiunto
(l’Autorizzazione Integrata Ambientale che il 5 luglio scorso il Ministero
dell’Ambiente ha concesso all’Ilva ), i Verdi e Legambiente definiscono
il documento un arretramento o, per dirla con il parlamentare
Angelo Bonelli , “ uno schiaffo a Taranto ”. 
Legambiente sostiene
che la “ nuova autorizzazione è peggiore della precedente rispetto al
sistema di monitoraggio delle emissioni, dei controlli sugli scarichi idrici, al
monitoraggio continuo di benzene e polveri
” e conclude, come i Verdi, che
aver concesso una capacità produttiva di 15 milioni di tonnellate annue di
acciaio significa aver dato il via libera all’aumento dell’inquinamento
”.
Senza l’Aia si chiuderebbe la baracca e non si intascherebbe il miliardo di euro
comunitario.
L’Ilva in riva allo Ionio vanta altri primati: il 95 per
cento della produzione nazionale dei Pcb
(fonte Ispra) e ben 137 mila nanogrammi di
benzoapirene
(il valore-soglia per persona è di un nanogrammo)
respirati dagli operai. I numeri ufficiali lasciano senza fiato: la
mortalità generale supera del 17 per cento quella della media
regionale
L’ Istituto Superiore di Sanità
ammette che gli studi descrivono «un quadro di mortalità
compromesso. I numerosi inquinanti atmosferici, particolato e gassosi,
sono causa degli eccessi». 
Le indagini scientifiche più recenti condotte dal
Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), a firma di Maria Angela Vigotti
dell’Università di Pisa, raccontano che a Taranto si muore e ci si ammala sempre
più. La situazione peggiora e i tumori aumentano a dismisura. 
In barba alla
Convenzione di Aarhus, che regola l’accesso all’informazione e
partecipazione dei cittadini in tema di giustizia ambientale, “sono state
escluse dal confronto, le associazioni ambientaliste denunciano il rischio di un
accordo al ribasso sull’inquinamento
”, rivela il Verde Gregorio Mariggiò. “
 
La settimana scorsa il Noe di Lecce ha chiesto il sequestro di alcuni
impianti ed i report dell’
Arpa dimostrano il superamento dei limiti di
diossina nell’aria. Insomma una tale concessione è proprio inopportuna

”.
Venerdì 24 giugno c’è stata l’udienza a porte chiuse per disastro colposo
all’Ilva presso il tribunale di Taranto. Gli enti locali non si
sono costituiti parte civile. 
Ecco i capi d’imputazione: « Disastro
colposo e doloso
, avvelenamento di sostanze
alimentari
, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni
sul lavoro
, danneggiamento aggravato di beni pubblici,
getto e sversamento di sostanze pericolose,
inquinamento atmosferico sono i reati per i quali sono indagati
Emilio Riva, 84 anni, Presidente dell’Ilva spa sino al 19 maggio 2009, Nicola
Riva , 52 anni, direttore dello stabilimento Ilva dal 20 maggio 2009, Luigi
Capogrosso , 55 anni, direttore dello stabilimento Ilva, Ivan Di Maggio, 41
anni, dirigente capo area del reparto cokerie, Angelo Cavallo, 42 anni, capo
area del reparto Agglomerato». 
Come parti lese, sono state identificate il
Ministero dell’Ambiente, la Provincia di Taranto, la Regione Puglia, e nove
allevatori che furono costretti ad abbattere i loro capi di bestiame, risultati
contaminati dalla diossina. Il Governatore Vendola non si è costituito parte
civile. 
I rapporti sanitari occultati per anni dall’azienda sanitaria locale
parlano chiaro: «Taranto sconta anni di mancata esecuzione di controlli,
sopralluoghi e rilevamenti prescritti dalla legge». 
Le perizie giudiziarie
documentano «lo sprigionamento continuo e incontrollabile di emissioni gassose e
fiamme oltre alla dispersione di migliaia di tonnellate all’anno di sostanze
nocive, con grave impatto ambientale nel territorio interessato e gravi danni
alla salute».

Novembre 2010. «Saranno 30.000 le copie che verranno distribuite a tutte le
famiglie dei dipendenti dell’Ilva, alle istituzioni e alla società civile
tarantina» scrive Emilio Riva nell’editoriale della rivista ‘ Il Ponte ’ edita
dalla stessa Ilva. Il patron rivolge il suo saluto alla città presentandosi con
uno slogan: “
Non sono un capitalista, ma un imprenditore ”. La rivista
viene proposta come ‘luogo’ per approfondire temi di attualità, raccogliere
interviste e testimonianze.

La prima ‘testimonianza’ è quella del Governatore
Vendola. Parla di svolte epocali, di amore e ‘pensiero lungo’, lungo e duraturo,
come i veleni immessi nell’aria di Taranto dall’Ilva ” affermano ora
i maligni. Vendola parla di “ terze vie ” e “ sviluppo sostenibile
e armonico
”, dice che “ La sfida dell’ambiente è riuscire a
coniugare nuovo sviluppo industriale con la tutela dell’ambiente

Proprio quello che dicevo prima, parlando di collaborazione e coordinamento
fra protagonisti del mondo economico, politico e della società covile … a
Taranto si sta realizzando dando buoni risultati … Dal mio primo incontro con
l’ing. Riva sono cambiate molte cose
”.
Il 23 novembre 2010 Vendola è in
prima fila per assistere alla presentazione del Rapporto 2010 su “ Ambiente
e sicurezza
” realizzato dall’Ilva. 
Un documento patinato dove il
Governatore appare a più riprese: a pagina 8, in compagnia del vescovo e del
ministro Prestigiacomo; a pag. 9, al tavolo con i dirigenti dell’acciaieria; a
pagina 10, mentre preme un pulsante di fronte ad operai plaudenti. E’ lo stesso
Vendola, che in una pagina spot, dove il suo santino figura in compagnia di
Fabio Riva e di Emma Marcegaglia, afferma: “ Chiesi ad Emilio Riva, nel mio
primo incontro con lui, se fosse credente, perché
al centro della nostra
conversazione ci sarebbe stato il diritto alla vita ”.
Il camino E312
dell’Ilva vomita veleni radioattivi, e se sei un abitante del quartiere Tamburi,
o un allevatore con le pecore che pascolano in prossimità del più grande
siderurgico d’Europa, o un allevatore di cozze contaminate, “ effettivamente
la fede potrebbe aiutare! ”
commentavano i soliti maligni lo scorso 24
giugno fuori dal Tribunale di Taranto.
Non è piaciuta, qui, la decisione del
Governatore di non costituirsi parte civile nel procedimento, anche perché, a 7
mesi di distanza dagli ‘auspici’ espressi da Vendola, i Carabinieri del N.O.E
(Nucleo Operativo Ecologico) hanno chiesto il sequestro degli impianti dell’Ilva
.
La richiesta è scaturita dagli accertamenti effettuati dal N.O.E. sulla
qualità dell’aria. 
Per i Carabinieri gli impianti dell’Ilva vanno
sequestrati per 
 
Questo mentre il Governatore, omettendo i fatti, da una
parte esaltava la ‘famigerata’ legge-antidiossina come “ un modello
internazionale ”, dall’altra, a febbraio 2010, firmava, con il Presidente del
Consiglio Silvio Berlusconi e l’imprenditore Riva, un
protocollo per ritoccare la legge appena promulgata.
La legge in questione,
alla quale la Regione era stata ‘costretta’ dai movimenti popolari, risaliva
appena al 19 dicembre 2008. La normativa che prevedeva il limite di 0,4
nanogrammi per metro cubo a partire dal 31 dicembre 2010, nonché l’abbattimento
delle emissioni a 2,5 nanogrammi a far data dal primo aprile 2009. 
A seguito
dell’accordo del febbraio 2010 la Regione Puglia vara un’altra legge per
interpretare la prima e svuotarla di significato. Sparisce il campionamento
continuo. I controlli non saranno più in continuo ma diluiti in tre fasi ogni
anno, a settimane alterne e solo per le otto ore diurne.
Il Rapporto
Ambiente e Sicurezza dell’Ilva 2010, presentato lo scorso 23 novembre, ha
suscitato le critiche di svariate associazioni, da Legambiente, a Taranto
libera, a Peacelink e Altamarea. 
Alessandro Marescotti, Presidente di
PeaceLink, ha affermato che “i polmoni dei cittadini di Taranto conoscono il
‘Rapporto Ambiente’ dell’Ilva per consumata e quotidiana esperienza”. 
Alla
cerimonia hanno preso parte il Presidente Vendola, il Presidente di
Confindustria Emma Marcegaglia e tutte le istituzioni locali a partire dal
Presidente della Provincia Gianni Florido e dal Sindaco di Taranto Ippazio
Stefano.



“Gli investimenti, i risultati, gli obiettivi raccontati e
certificati all’interno del Rapporto rappresentano un chiaro esempio del nostro
impegno per la salvaguardia dell’ambiente e per la tutela della sicurezza e
della salute nei luoghi di lavoro”
, è stato il messaggio lanciato da Fabio
Riva, figlio e vicepresidente del Gruppo diretto da Emilio. La numero uno di
Confindustria Emma Marcegaglia plaude pubblicamente al nuovo impegno in difesa
dell’ambiente dei proprietari del colosso industriale del capoluogo jonico .
“A me sembra che il Gruppo Riva” , ha dichiarato in quella occasione
Emma Marcegaglia “ abbia fatto sforzi importanti per limitare le emissioni
cancerogene del più grande impianto industriale d’Italia, che dà lavoro a 12mila
tarantini e produce il 75 percento del Pil di Taranto. E di questi sforzi va
dato atto ”
.

Critiche le posizioni di Legambiente e di Taranto libera:
“ L’Ilva, nonostante i suoi dichiarati sforzi per l’ambientalizzazione,
emette il 98% del benzo(a)pirene rilevato. Non crediamo sia lecito, quindi,
considerarci estremisti quando invitiamo le autorità competenti a provvedere al
fermo degli impianti ”
hanno dichiarato. “Ad Emma Marcegaglia diciamo,
invece che la riconversione industriale, la progettazione di nuovi scenari
economici e lavorativi per Taranto, non solo rappresentano una necessità per
questa città data l’estrema incertezza del mercato dell’acciaio, ma anche una
grande opportunità per la definizione di nuove politiche di sviluppo
sostenibile”
, evidenziando la posizione scomoda della Presidente
Marcegaglia: “monopolista in Puglia di discariche ed inceneritori illegali,
grazie a Vendola”
.
Marescotti dice che “il Rapporto Ambiente e
Sicurezza dell’ILVA costa quanto il campionatore continuo della diossina che
l’azienda non vuole installare , venendo meno a un obbligo di legge. Viene
presentato, mentre in parallelo l’azienda non collabora con l’Arpa per il
monitoraggio diagnostico degli idrocarburi policiclici aromatici (IPA),
negandosi ai controlli interni con tecnologie ad alta risoluzione temporale che
potrebbero verificare in tempo reale le emissioni di questi pericolosi
cancerogeni”
Aggiunge poi Marescotti: “ Il Rapporto arriva poche
settimane dopo il ‘provvidenziale’decreto legislativo 155/2010 del Governo, già
definitosalva-Ilva perché sospende fino al
2013 il tetto per il benzo(a)pirene cancerogeno sistematicamente sforato nel
quartiere Tamburi e che doveva essere rispettato fin dal 1999”
. Ma anche a
pochi giorni dall’avvio dell’incidente probatorio nell’ambito del procedimento
penale n. 4868/10 RGNR della Procura di Taranto nei confronti di Emilio Riva,
Nicola Riva, Luigi Capogrosso, Ivan Dimaggio e Angelo Cavallo, indagati in
relazione alle ipotesi di reato di disastro doloso (art. 434 codice penale) e
omissione dolosa di cautele (437 codice penale). Inoltre sono stati ipotizzati i
reati di getto e sversamento di sostanze pericolose.

martedì 28 giugno 2011

AIA aia
aia!!!

Ascolta con webReader

Fumi dall’Ilva spuntano ombre
sull’autorizzazione
di
MIMMO MAZZA (GdM)

TARANTO
– Getta un’ombra pesantissima sulla procedura di rilascio dell’Autorizzazione
integrata ambientale (Aia) all’Ilva l’inchiesta avviata dai carabinieri del Noe
di Lecce e culminata nei giorni scorsi con la consegna di un dettagliato
rapporto alla Procura. I militari hanno concentrato le loro attenzioni sulle
nuvole rossastre che periodicamente vengono sprigionate dallo stabilimento
siderurgico, sulle torce delle due acciaierie, inserite stabilmente nel circuito
produttivo e dunque non utilizzate per situazioni di emergenza, e sulla gestione
dei rottami ferrosi.

Tra gli atti acquisiti dai carabinieri del Nucleo
operativo ecologico c’è il parere istruttorio conclusivo della Commissione per
l’Aia, parere nel quale le emissioni diffuse derivanti dal taglio rottame
vengono liquidate come «poco significative» mentre la combustione del gas di
scarto, convogliate nelle torce, viene invece definita come «emissione diffusa».
Trattandosi di ben cento milioni di metri cubi l’anno di gas sfogato per ogni
torcia, i carabinieri la definiscono invece come una emissione puntuale e dunque
allo stato non autorizzata, sottolineando come in una lettera del 21 aprile
scorso il Ministero dell’Ambiente abbia chiesto informazioni circa i punti di
emissione in aria e la gestione delle torce dello stabilimento proprio al fine
di «valutare la necessità di avviare il riesame dell’Aia ed evitare che
l’esercizio delle torce avvenga al di fuori dell’autorizzazione».
I
carabinieri del Noe di Lecce contestano al direttore dello stabilimento Ilva,
Luigi Capogrosso, 56enne di Manduria, e ad una persona il cui nome è per ora
coperto da omissis, il getto pericoloso di cose, l’incenerimento di rifiuti
gassosi derivanti dalle acciaierie tramite impianti sprovvisti di autorizzazione
e le emissioni non autorizzate in atmosfera provenienti dalle acciaierie. Le
contestazioni riguardano l’inchiesta dei militari del Nucleo operativo ecologico
confluita venerdì scorso, almeno per la parte riguardante Capogrosso, negli atti
dell’incidente probatorio disposto dal gip Patrizia Todisco, su richiesta del
procuratore capo Franco Sebastio, dell’aggiunto Pietro Argentino e del sostituto
Mariano Buccoliero, sulle emissioni del siderurgico del gruppo Riva, inchiesta
che secondo i carabinieri diretti dal capitano Nicola Candido dovrebbe portare
all’emissione di un provvedimento cautelare reale (ovvero al sequestro) nei
confronti degli impianti ritenuti responsabili delle emissioni, sequestro al
vaglio della Procura che d’altronde proprio chiedendo l’incidente probatorio non
aveva nascosto la possibilità di chiedere provvedimenti importanti nei confronti
dell’Ilva.
Nel primo rapporto inviato a gennaio alla Procura, i carabinieri
sottolineano come «da entrambe le acciaierie (la uno e la due), si sprigionava
in più occasioni una intensa e voluminosa nube rossa» e che l’uso delle torce
sia sistematico e non legato a situazioni di emergenza. Secondo i militari, si
tratta di due fenomeni che si verificano in maniera non episodica o
accidentale.

I
piatti di lenticchie per gli amici

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Chiesa e Politecnico al desco di Riva …e se tra gli altri vengono fuori
anche i nomi dei giornalisti? Scriveranno loro stessi l’articolo? Quanto si
saprà delle carte che scoperchiano il calderone Taranto?
 

Casse di vino, fiori o contanti L’elenco dei
regali fatti dall’Ilva

L’attività di lobby dell’azienda siderurgica, il ruolo di Girolamo Archinà,
capo delle relazioni pubbliche

TARANTO – Due pagine, ottanta righe. Ogni riga una data, un
nome e una cifra (GUARDA IL DOCUMENTO). C’è la parrocchia dei Santissimi
Angeli Custodi (2.500 euro il 19 ottobre 2010), c’è l’Unione italiana per il
trasporto degli ammalati a Lourdes (5.000 euro il 23 luglio 2010), compare la
Banda municipale del Comune di Crispiano (2.750 euro, il 31 dicembre del 2010),
il Lions Club locale (2.500 euro il 15 giugno del 2011), piccole società
sportive come la Okinawa karate (4.000 euro il 31 maggio 2011) o la Triton
Taranto che si occupa di football (2.000 euro il 30 giugno 2011) o
un’associazione tarantina di pattinatori (2.000 euro il 31 luglio del 2011). E
poi società per azioni, aziende informatiche, il Politecnico di Bari, centri
culturali, un comitato per un non meglio precisato festeggiamento, anche un
omaggio floreale da 50 euro, il 5 aprile del 2011.



Lo stabilimento siderurgico (Ansa/Ingenito)Lo
stabilimento siderurgico (Ansa/Ingenito)

GLI OMAGGI – Eccola
qui la lista Ilva degli «omaggi e regalie» 2010-2011. Soldi regalati a questo o
quello oppure spesi per comprare pacchi dono. Gesti che non comportano alcun
reato, ma che secondo la Guardia di finanza indicano quanto elevato fosse il
budget a disposizione di Girolamo Archinà, il capo delle relazioni pubbliche
dell’azienda accusato di fare pressioni sulle istituzioni per favorire in ogni
modo l’acciaieria. E la lista indica anche quanto estesa fosse la rete di
contatti «sociali» dell’Ilva nel territorio. 


LA RETE – L’elenco è stato
consegnato agli inquirenti da Francesco Cinieri, dal 1986 responsabile della
contabilità dello stabilimento siderurgico. Secondo i magistrati in quella lista
di donazioni e acquisti di regali per amici e giornalisti, è stata
contabilizzata come «spese di direzione» anche la mazzetta da diecimila euro che
Archinà avrebbe pagato al consulente tecnico della procura, Lorenzo Liberti,
perché «addolcisse» le sue considerazioni sull’inquinamento. Circostanza che
Liberti (filmato mentre ritira una busta da Archinà) nega («conteneva il testo
di un accordo-quadro»). Nelle carte contabili dell’Ilva c’è un documento di due
righe (anche quello consegnato ai finanzieri da Cinieri) allegato ad una delle
informative del caso giudiziario. È un foglio con il quale Archinà chiede a
Cinieri di «predisporre 10 mila euro da utilizzare per offerta alla Chiesa di
Taranto in occasione della Pasqua». La data è del 25 marzo 2010, lo scambio
della presunta mazzetta avviene il giorno dopo e anche se lo stesso arcivescovo
conferma la donazione, secondo i finanzieri quelle due righe sono il sotterfugio
usato da Archinà per giustificare il prelievo dei soldi e nasconderne il vero
motivo. 

LE EROGAZIONI – Sentito come testimone, Cinieri dice: «posso pensare che
la somma che mi fu richiesta, essendo periodo pasquale, potesse essere
consegnata all’Arcivescovato». Per aggiungere poi che «almeno una volta
all’anno, o a Natale o a Pasqua, viene fatta una erogazione, anche se per cifre
che normalmente non superano i 5.000 euro. Se non erro non è mai avvenuto che ne
sia stata fatta una da 10.000 euro». I magistrati lo convocano il 25 novembre
scorso. Lui spiega come recuperò frettolosamente i 10.000 euro che Archinà
voleva subito (prima di partire per l’incontro con Liberti) e poi dice che in
ufficio ha quel che serve per dimostrare come finiscono in bilancio le spese del
capitolo «omaggi e regalie». Il verbale viene interrotto e i finanzieri vanno
assieme a lui negli uffici della direzione Ilva. Cinieri passa in rassegna i
file del computer e stampa le due pagine dell’argomento. «Ecco» spiega. «Se la
descrizione del beneficiario è ben specificata è perché da loro stessi è
arrivata una richiesta formale. E in quel caso l’erogazione avviene tramite
bonifico o assegno circolare non trasferibile». Ma c’è una seconda opzione. «Se
la descrizione del beneficiario non è specificata – racconta il contabile –
allora si tratta di uscite di cassa per contanti e significa che non c’è una
richiesta preventiva ma che la richiesta avviene direttamente dalla direzione,
per questo la causale è “spese di direzione”». Proprio come quella spesa di 10
mila euro registrata lo stesso giorno della presunta bustarella. O come un’altra
dazione, per la stessa cifra, contabilizzata il 14 aprile 2011 come «erogazione
della direzione». Sospetta come la prima, secondo gli inquirenti.

IL CASO
Fra i nomi delle società del capitolo «omaggi e regalie» dell’Ilva ce n’è
una, la Semat Spa, che vanta le cifre più alte: da un minimo di 1.286 euro a un
massimo di 64.341. Ovviamente le cifre accanto ai nomi non significano sempre
che si sia trattato di una donazione. In alcuni casi, per esempio con la
«D’Erchie Srl» (un’azienda che produce olio d’oliva) e la «Longo, un mondo di
specialità» (vini e prodotti alimentari) le migliaia di euro accanto al nome
indicano le spese sostenute per i pacchi-regalo di fine anno, moltissimi ai
giornalisti. La cifra più piccola 72.69 euro, la più alta 8.400.

Giusi
Fasano – Corriere della Sera
   

Soldi e casse di
champagne per amici, preti e giornalisti
 

TARANTO – C’è la banda di Crispiano e la parrocchia
Santi Angeli Custodi di Taranto. Il Lions club di Taranto e il Politecnico di
Bari. Tutti inseriti, insieme a società sportive, comitati festeggiamenti ma
anche due note enoteche dalle quali partivano casse di champagne per giornalisti
e rappresentanti delle istituzioni ogni fine anno, nelle due pagine della voce
«omaggi e regalie» del bilancio dell’Ilva finite nell’inchiesta della Guardia di
Finanza per corruzione in atti giudiziari che vede indagati a piede libero il
vicepresidente del gruppo, Fabio Riva; l’ex direttore dello stabilimento
siderurgico, Luigi Capogrosso; l’ex consulente dell’Ilva per l’ecologia e i
rapporti istituzionali, Girolamo Archinà e l’ex consulente della Procura di
Taranto, Lorenzo Liberti, già preside del Politecnico. I documenti sono stati acquisiti dai militari delle Fiamme Gialle per
ricostruire il flusso di denaro dall’Ilva all’esterno e dunque capire se i
diecimila euro che Archinà chiese all’amministrazione di preparare in fretta e
furia il 25 marzo del 2010 erano destinati all’allora vescovo Benigno Luigi Papa
per la Pasqua di quell’anno, come l’llva ha sempre sostenuto, oppure se invece
erano per il professor Lorenzo Liberti, allora consulente del pm Mariano
Buccoliero, incontrato da Archinà il 26 marzo sempre del 2010, nell’area di
servizio di Acquaviva delle Fonti, sull’autostrada Taranto-Bari. Liberti, difeso
dagli avvocati Francesco Paolo Sisto e Vincenzo Vozza, ha respinto sia
nell’interrogatorio tenuto dinanzi al pm Remo Epifani che nella memoria
depositata al gip Giuseppe Tommasino, l’accusa, sostenendo di aver sì ricevuto
una busta bianca da Archinà – d’altronde le immagini del sistema di
videosorveglianza dell’area di servizio sono inequivocabili – ma all’interno
c’erano solo documenti riguardanti un protocollo di intesa che Ilva e
Politecnico di Bari stavano per sottoscrivere.

Vero o falso? Nelle due pagine
degli omaggi e delle regalie quei diecimila euro ci sono, ma stranamente manca
il destinatario in quanto il 26 marzo vengono rubricati genericamente, e secondo
i finanzieri in maniera eloquentemente sospetta, sotto la voce «spese
direzione». 

Non è l’unica volta che accade perché anche il 14 aprile del 2011 dalle casse
dell’Ilva escono 10mila euro sotto la voce «erogazione direzione».
L’interrogatorio del contabile dell’Ilva Francesco Cinieri non risolve il
giallo. Cinieri ai finanzieri dice infatti che Archinà non gli disse a chi erano
destinati i soldi ma che poteva pensare che, essendo in periodo pasquale,
potessero essere consegnati all’arcivescovado di Taranto. «Almeno una volta
all’anno davamo all’arcivescovado cifre che non superavano i 5.000 euro», ha
sostenuto Cinieri, aggiungendo dubbio ai dubbi, vista l’entità della somma.
Archinà, poi, si arrabbiò non poco quando seppe che i contabili dell’Ilva non
erano riusciti a trovare banconote di grosso taglio. E appena ebbe i soldi,
invece di chiamare in arcivescovado, telefonò a uno stretto collaboratore del
professor Liberti, col quale riuscì ad incontrarsi alla stazione di servizio. (Mimmo
Mazza – GdM)

TUTTI sapevano TUTTO!

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Diossina e ossido di ferro dall’Ilva. “Il ministero sapeva tutto dal 2011”


C’è
poco da scherzare

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TARANTO: DIRITTO AL LAVORO O DIRITTO ALLA SALUTE?

I
telegiornali hanno trasmesso immagini relative all’ILVA di Taranto che
mostrano fatti recentissimi e sconvolgenti di inquinamento ambientale
.
L’Ordine dei Medici della Provincia di Taranto ha pubblicato un
documento dove invita i genitori del quartiere Tamburi
a impedire che i loro bambini possano giocare a contatto con la
terra
e sollecitandoli al ritorno a casa a fare immediatamente
una doccia e lavare i vestiti
, evitando in ogni circosatanza che
corrano sul prato.  Un magistrato serio e rigoroso come Patrizia
Todisco
ha firmato una ordinanza di sequestro degli
impianti dell’ILVA per gravissime violazioni accertate
che hanno causato morti
. Gli ultimi dati ambientali disponibili (resi
noti a inizio 2012) indicano che nel 2010 l’ILVA ha emesso dai propri
camini:

  • 4mila tonnellate di polveri
  • 11mila tonnellate di diossido di azoto
  • 11mila e 300 tonnellate di anidride solforosa
  • 1 tonnellata e 300 chili di benzene
  • 338,5 chili di IPA
  • 52,5 grammi di benzo(a)pirene
  • 14,9 grammi di composti organici di benzo-p-diossine e
    policlorodibenzofurani (PCDD/F)

Parliamo insomma di circa
150 kg di sostanze emesse ogni anno per ciascun residente.
Uno
studio (denominato Sentieri), dell’Istituto Superiore di
Sanità
, pubblicato sulla rivista scientifica “Epidemiologia e
Prevenzione
” nel dicembre 2011, indica il numero di morti in eccesso nelle
popolazioni che vivono nei 44 Siti di Interesse Nazionale per le bonifiche
(SIN). I dati dei ricercatori descrivono una media di 1.200 morti in
eccesso all’anno
nel periodo 1995-2002 (cioè 1.200 decessi in più di
quanti statisticamente ne sarebbero stati attesi). Molti di questi
decessi sono legati a tumori polmonari, a tumori della pleura e a tumori del
fegato
.
Tuttavia, i dati resi pubblici in queste
ultime settimane non indicano la quantità di sostanze cancerogene
presenti attualmente
nel suolo, nel sottosuolo, nelle acque sotterranee
e nei sedimenti marini di Taranto. Né indicano quanti bimbi, quante
donne, quanti operai si sono ammalati e sono morti negli ultimi due-tre
anni.

Io credo che il Ministero della Salute ed il Governo
debba rendere immediatamente pubbliche tutte le informazioni scientifiche di cui
dispone. Solo sulla base di dati scientifici recenti e certi si possono prendere
delle decisioni che siano nell’interesse di chi vive e lavora a
Taranto.

E comunque non si possono mettere in un conflitto
irrisolvibile due diritti fondamentali come il lavoro e la salute.
L’articolo 41 della Costituzione parla chiaro:
l’iniziativa economica non può svolgersi in modo da recare danno alla sicurezza
delle persone. Se qualcuno ha sbagliato deve pagare e farsi carico di
riconvertire il sito industriale con percorsi lavorativi che abbiano come
protagonisti gli stessi lavoratori dell’ILVA e dell’indotto.

TUTTI sapevano TUTTO!

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Diossina e ossido di ferro dall’Ilva. “Il ministero sapeva tutto dal 2011”

20/08/2012 – i militari
avevano assistito personalmente agli sbuffi di fumi rossi dell’acciaieria

Diossina e ossido di ferro dall’Ilva “Il
ministero sapeva tutto dal 2011”

Il rapporto dei carabinieri

del Noe fu inviato alla Prestigiacomo: “Emissioni diffuse”

guido ruotolo
inviato a taranto
L’esplosivo rapporto del Noe (Nucleo operativo ecologico) dei
carabinieri di Lecce del maggiore Nicola Candido, che documentava il disastro
ambientale di Taranto, con le fughe di emissioni «diffuse e fuggitive» dagli
impianti di area a caldo dell’Ilva, arrivò a Roma, al ministero dell’Ambiente.
Eravamo alla vigilia dell’approvazione, dopo sette anni, dell’AIA,
l’Autorizzazione integrata ambientale, e non successe nulla.
Nessun intervento,
interrogativo, nessuna iniziativa fu presa. Eppure, quel rapporto del Noe con la
denuncia di centinaia di «eventi irregolari» è parte integrante delle accuse
mosse dalla Procura di Taranto all’Ilva.



L’allora ministro per
l’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, giura che non vi furono pressioni di sorta
per l’AIA, che fu approvata il 4 agosto del 2011. Anche se dalle intercettazioni
telefoniche e ambientali risulta, invece, che i dirigenti dell’Ilva si mossero
con funzionari della Regione Puglia e con la commissione ministeriale per
addolcire l’AIA. Ma rimane un mistero come della prova dell’inquinamento in
corso a Taranto nessuno tenne conto. Era l’aprile dell’anno
scorso.


Circolavano in rete video o fotografie che riprendevano «strani»
sbuffi dall’acciaieria dell’Ilva e più in generale dall’area a caldo dello
stabilimento. Con il via libera della procura, il Noe dei carabinieri di Lecce
piazzò alcune telecamere esterne ai perimetri dell’Ilva. Mise sotto
intercettazione visiva e sonora per quaranta giorni quello che accadeva, 24 ore
su 24, nella acciaieria più grande d’Europa.
E registrò il cosiddetto
fenomeno di «slopping» in occasione delle colate d’acciaio, la fuoriuscita cioè
di ossido di ferro, una nuvola rossastra che posandosi sporca di rosso gard rail
e asfalto della provinciale, dall’acciaieria 1 e 2.

Dal primo aprile al 10 maggio del 2011 furono segnalati 121 fenomeni di
«slopping» all’acciaieria 1 e 65 all’acciaieria 2. Nel secondo caso, la metà di
quelle emissioni dell’acciaieria 1. E per gli uomini del Noe che fecero domande
e acquisirono documentazione, fu chiara la ragione della differenza:
all’acciaieria 2 erano stati montati sistemi di captazione di fumi più moderni.
In ogni caso, la dimensione dei fenomeni era tale che non potevano essere
giustificati per la eccessiva frequenza.

Naturalmente viene spontaneo
chiedersi se rispetto a un anno fa la situazione è migliorata o meno.
E la
risposta (molto informale) che arriva da chi monitora l’inquinamento è che gli
«slopping sono ridimensionati ma non eliminati». Ma perché avvengono e cosa si
può fare per eliminarli? Intanto è evidente che la differenza tra le due
acciaierie indica una possibile soluzione, sull’efficacia dei sistemi di
captazione, poi la causa potrebbe trarre origine da «rotture meccaniche», da
«errori tecnici», dalle stesse «torce meccaniche».
L’attività di monitoraggio
del Noe dei carabinieri di Lecce, nella primavera dello scorso anno non si fermò
soltanto alle acciaierie. Dalla gestione dei rottami ferrosi, un’area all’aperto
dove attraverso piccole colate di materiali incandescenti, ad alta temperatura,
viene recuperato il ferro, si notavano, di notte, dei bagliori. Erano emissioni
in atmosfera di fumi non captati. E poi le cosiddette torce, collegate
all’acciaieria, dove vengono convogliati i gas della colata. Sono dei sistemi
d’emergenza che per gli 007 del Noe in realtà servono a smaltire gas, ovvero
rifiuti che dovrebbero essere recuperati diversamente.

Il rapporto del
Noe dei carabinieri di Lecce è parte integrante delle accuse della Procura di
Lecce che, tra l’altro, trova conferme nel lavoro dei periti chimici durante
l’incidente probatorio. E sempre al Noe toccò verificare alcuni esposti con
allegati video su quello che accadeva nel reparto cokerie. Il 28 novembre del
2011, i carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Lecce entrarono all’Ilva.
Scrive il gip Patrizia Todisco: «L’esito fu sconcertante. Durante la fase di
scaricamento i militari notavano personalmente, in sede di sopralluogo, la
generazione di emissioni fuggitive provenienti dai forni che, una volta aperti
per fare fuoriuscire il coke distillato, lasciavano uscire i gas del processo
che invece dovrebbero essere captati da appositi aspiratori/abbattitori».


Passerà?

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Ilva, gli affari di
Passera con Riva: il legame tra Banca Intesa e la società

Nel 2008 il ministro,
allora amministratore delegato dell’istituto di credito, lanciò l’appello per
salvare Alitalia: l’industriale acquisì il 10% della compagnia e divenne il
secondo azionista. E nel 1995 fu proprio la Cariplo a finanziare l’offerta per
comprare l’acciaieria messa in vendita dallo Stato 


corrado passera interna nuova

C’è il Corrado Passera ecologista,
quello che tre giorni fa ha detto: “I criteri di salute pubblica vanno
considerati (….) e quindi gli
impianti di Taranto
non devono essere tenuti aperti a qualunque
costo”. E poi c’è il Passera che si preoccupa di lavoro e produzione, tanto da
garantire, il 26 luglio, che “governo e istituzioni locali faranno tutto il
possibile per individuare soluzioni che tutelino occupazione e sostenibilità
produttiva”. Questo è quanto raccontano le cronache delle ultime settimane sulla
vicenda del sequestro degli impianti Ilva. Resta da capire come queste due
maschere indossate dal ministro dello Sviluppo, due maschere già piuttosto
contrastanti tra loro, riescano a conciliarsi con un terzo ruolo interpretato
fino a pochi mesi fa da Passera. Un ruolo da supermanager, da capo di Intesa. E
proprio in veste di banchiere, come numero uno del più grande istituto italiano,
l’attuale superministro del governo Monti, era di gran lunga il finanziatore
di riferimento del gruppo Riva
, cioè, in sostanza, dell’Ilva di
Taranto.
Un legame strettissimo, quello tra Intesa e il colosso italiano
dell’acciaio. Tanto che nel 2008, quando la banca allora guidata da Passera si
mette alla ricerca di imprenditori disposti a intervenire per salvare
l’Alitalia, ecco che Emilio Riva, l’ottuagenario patron del gruppo, è uno
dei primi a rispondere all’appello. Per molti quell’intervento fu una sorpresa.
Mai, in più di mezzo secolo di carriera, il padrone dell’Ilva aveva puntato un
soldo su un qualunque investimento che non avesse a che fare con l’acciaio. A
quanto pare, invece, il fascino della scommessa su Alitalia dev’essere stato
irresistibile. O forse Passera e il governo di Silvio Berlusconi, sponsor
politico dell’operazione, devono aver usato argomenti particolarmente
convincenti. Sta di fatto che Riva ha messo sul piatto addirittura 120 milioni
di euro per comprare il 10,8 per cento della compagnia aerea e diventarne e così
il secondo maggior azionista dopo i francesi di Air France (25 per cento)
e addirittura davanti a Intesa, che possiede il 9 per cento circa di Alitalia.
Per Riva, come per tutti gli altri partecipanti alla cordata tricolore,
l’investimento si è fin qui rivelato piuttosto avaro di soddisfazioni, per usare
un eufemismo. A più di tre anni dal salvataggio l’ex compagnia di bandiera
continua a viaggiare in perdita e le prospettive per l’immediato futuro non
sembrano granchè esaltanti. Poco male, per Riva che a differenza di altri
investitori continua a mantenere in bilancio la sua quota di Alitalia al valore
di carico, senza svalutarla. D’altronde, in tempi di crisi gravissima per
l’acciaio, è lecito sospettare che i proprietari dell’Ilva contassero di
incassare un dividendo, per così dire, politico dalla loro partecipazione alla
cordata promossa da Berlusconi e Passera, come numero uno di Intesa.
Sarà un
caso, ma giusto poche settimane prima che venisse siglato l’affare (si fa per
dire) Alitalia, la banca all’epoca guidata da Passera finanziò un’operazione
molto importante dei Riva. Con un prestito di 100 milioni di dollari (circa 80
milioni di euro) il gruppo che controlla Ilva siglò un contratto con un cantiere
cinese per la costruzione di due enormi navi tipo bulk carrier (più di
100 mila tonnellate di stazza) che servono a trasportare minerali di ferro, la
materia prima delle acciaierie. Va detto che i rapporti tra il patron Emilio
Riva, ancora agli arresti domiciliari dal 26 luglio
, e la banca milanese
datano da gran tempo, molto prima che Passera si insediasse al
vertice.
L’industriale dell’acciaio è stato per decenni un importante cliente
della Cariplo, la grande cassa di risparmio lombarda che 15 anni fa si è fusa
con il Banco Ambroveneto, dando vita all’istituto destinato a crescere
ancora (Comit e poi Sanpaolo) fino a diventare l’attuale Intesa.
Nel 1995 fu proprio la Cariplo a finanziare l’offerta per comprare l’Ilva messa
in vendita dallo Stato. Un’operazione da 2.200 miliardi di lire, pari a oltre un
miliardo di euro attuali. Con il passare del tempo i rapporti tra Riva e la sua
banca di riferimento si sono consolidati e gli affari sono proseguiti alla
grande anche dopo l’arrivo del banchiere destinato a diventare ministro. Intesa
resta la banca di riferimento del colosso siderurgico, seguita a distanza dalla
Popolare di Bergamo. D’altra parte un cliente come l’Ilva e le altre
acciaierie targate Riva valgono decine di milioni l’anno di ricavi per gli
istituti di credito che hanno finanziato il gruppo per oltre 2 miliardi di euro.
E allora come dire di no a un banchiere amico come Passera. Un banchiere che ora
fa il ministro e sarà chiamato (anche lui) a risolvere la colossale grana di
Taranto.

da
Il Fatto Quotidiano del 10 agosto 2012

Soldi pubblici, vizi privati: il forziere dei Riva

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IL PUNTO DI MARIO MOLINARI (Savonanews)

Ilva “eccellenza italiana” con € 164.400.000 di
capitale sociale in Lussemburgo

Ma in arrivo ci
sono 336 milioni di Euro pubblici per bonificare i danni degli impianti
(privati) Il notaio Lussemburghese? Ironia della sorte: Monsieur Hellinckx, lo
stesso di Nucera e Geotea


Leggendo l’accattivante brochure del Gruppo Riva si avverte
la fragranza di “una storia italiana”, una specie di mulino bianco dove si
macina carbone per colare l’acciaio da vendere. Per guadagnare soldi,
semplicemente. 
L’ILVA è stata “privatizzata” dalla vecchia Italsider, dove
navigò il buon Gambardella della Margonara. Italsider fece senz’altro un buon
affare vendendo Ilva ai Riva, tanto che i Riva ci cavarono palate di miliardi, a
quel punto privati. 
Grati, investirono così tanto per non appestare il
luogo, che la magistratura, nonostante ogni tipo di tentativo di portar dalla
loro stampa e controllori, anche facendo perder la faccia ad una persona perbene
come l’ex prefetto Bruno Ferrante, gli sequestrò lo stabilimento. 
L’ilva è
controllata totalmente dai Riva, attraverso la RIVA FIRE Spa, dove “FIRE” non
sta per fuoco in inglese ma per una cosa tipo Finanziaria Industriale Riva
Emilio. 
Ed è con questo nome che all’inizio della vicenda provammo a vedere
se esisteva nel paradiso fiscale europeo per eccellenza – il Lussemburgo – senza
successo. Bene, pensammo. almeno qualcuno che sta davvero in Italia, anche
fiscalmente. 
Poi fummo colti da un pensiero: ma vuoi veder cosa combina il
senso d’onnipotenza? E cercammo nel Granducato fiscale – banalmente – alla voce
“ILVA” 
ed eccola lì, 

ILVA INTERNATIONAL S.A. costituita il 05/02/2004, in rue de
la chapelle (la strada della cappella) pure al civico
17

tra

1) ILVA SpA, ayant son siège à Viale Certosa 249, I-20151
Milan rappresentata da Monsieur Michel Comblin, conseil fiscal, demeurant à
Glabais (Belgique), en vertu d’une procuration sous seing privé, lui délivrée
à Milan, le 5 décembre 2003.

2) PARTICIPATIONS ET FINANCEMENTS EXTERIEURS S.A., en abrégé
PARFINEX S.A., ayant son siège à L-1325 – Luxembourg, 17, rue de la Chapelle,
ici représentée par Monsieur Claude Zimmer, conseil fiscal, demeurant à
Luxembourg 

Per un totale di 16.440.000 actions de EUR 10 chacune, totalisant
EUR 164.400.000

Centosessantaquattro milioni di
Euro, oltre trecento miliardi di vecchie £ire. Non esattamente una mancia pro
forma per una scatola vuota. 
Si, ma i Riva che c’entrano? Leggiamo oltre
alla voce Amministratori

2. Sont appelés aux fonctions d’administrateur non
rémunéré:

a) Monsieur Fabio Riva, entrepreneur, né à Milan,
le 20 juillet 1954, demeurant professionnellement à I-20151 Milan, Viale
Certosa 249.
b) Monsieur Angelo Riva, industriel, né à Milan, le
19 octobre 1966, demeurant professionnellement à L-20151 Milan Viale Certosa
249.
c) Monsieur Hans-Hinrich Muus, conseiller d’entreprise, né
à Hamburg, le 13 octobre 1937, demeurant à D-20148 
A rivedere i conti una
vecchia conoscenza come DELOITTE & TOUCHE S.A.
E il notaio che
redige l’atto? Naaaa: Henri Hellinckx, lo stesso della GEO di Nucera e della
Geotea (Ecosavona & Bossarino) di Bagnasco
Bravi tutti.  
In
appendice: 
Tra il 1994 e il 1995, a cavallo tra i governi Ciampi, Berlusconi
I° e Dini va in porto la privatizzazione dell’ILVA (che dopo aver aperto il
bijoux di Taranto cambiò il nome in Italsider) 
Erano appena trascorsi gli
anni belli di Giovanni Gambardella, che tentò la Margonara. Il Corriere della
Sera nel 1993 ricorda così: 

“Celebri
manager pubblici e privati, una volta rimossi da poltrone di prestigio, si
mettono in proprio e ricominciano, si fa per dire, da zero. E cosi’ ha fatto in
sordina anche Giovanni Gambardella, l’ ex amministratore delegato dell’
Ilva travolto dalle perdite della siderurgia pubblica.” 
Condensando in una riga: lo Stato sbologna l’Ilva, i Riva se la acchiappano.
Chi avrà fatto l’affare. Segue uno schema dei dati economici del Gruppo Riva nei
quali curiosamente il Lussemburgo pare proprio non compaia. Fonte: il Gruppo
Riva 
ma se l’ITALSIDER era così in perdita… com’è che, passata ai
Riva…

 


Una fionda per Davide?

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ILVA: MILLE IN PIAZZA A TARANTO E APPLAUSI A GIP

OPERAIO SIDERURGICO
CATALDO RANIERI È IL SIMBOLO DELLA PROTESTA
(dell’inviato Roberto
Buonavoglia)
Non chiamatelo capopopolo, potrebbe offendersi. Ma il
carisma di Cataldo Ranieri, operaio dell’Ilva di 42 anni, è tipico di chi le
battaglie ha deciso di farle sul serio e non certo contro la magistratura ma per
difendere dall’inquinamento industriale la sua città. Lui, addetto agli impianti
marittimi del siderurgico tarantino, che – dice – da «tre anni sono sotto
sequestro con facoltà d’uso», è in grado di parlare alla gente, di scandire
quelle parole che la politica ha smesso da tempo di pronunciare. È capace pure
di emozionarsi. I cittadini lo sanno e lo seguono, come un capopopolo. Per
questo oggi pomeriggio Ranieri e gli aderenti al ‘comitato cittadini e
lavoratori liberi e pensantì, del quale l’operaio è portavoce, sono riusciti a
portare nella centralissima piazza della Vittoria circa mille persone. È vero,
non si tratta di molta gente anche se mancano tre giorni a Ferragosto e la città
è semi deserta, ma a Taranto tante persone per strada a parlare dell’Ilva e di
tumori su invito di un gruppo di comitati non si erano mai viste. E poi è la
piazza a mormorare che finalmente qualcosa si muove e che l’anello di
congiunzione tra i vari comitati e associazioni è proprio questo ragazzone
biondo che si consegna alla folla, alle telecamere e ai flash con ciabatte
infradito, bermuda e t-shirt. Per spiegare subito di che pasta è fatto dice di
essere «politicamente indipendente», di lavorare all’Ilva da 15 anni, di avere
due figli maschi di 9 e 13 anni e aver un mutuo sulle spalle da 650 euro al mese
che finirà di pagare tra 25 anni.
Quindi, è uno che ha certamente bisogno di
lavorare per vivere.
Ma dice di essere felice di «avere finalmente rotto le
catene» per dire alla gente «che i politici hanno tradito i tarantini perchè non
sono mai intervenuti per fermare l’Ilva che avvelena Taranto», e ai suoi
colleghi «che non si può barattare un posto di lavoro con la salute dei nostri
figli».
Ranieri è il primo a parlare alla folla, poi interverranno gli
aderenti ad altri comitati. Ma quello che subito balza all’attenzione è la
voglia dei tarantini di dire basta.
Infatti, non si era mai vista una piazza
acclamare a squarciagola come si fa allo stadio il nome di un giudice, il gip
Patrizia Todisco, che ha deciso di sequestrare le aree a caldo dell’Ilva e che
ha avuto il coraggio di ribadire che gli impianti vanno fermati. Al magistrato
la folla ha riservato anche un applauso scrosciante. «Mentre fino a qualche mese
fa – ha detto Ranieri – si invitava la magistratura a fare il proprio dovere
sull’inquinamento provocato dall’Ilva, ora ci sono attacchi anche politici a un
giudice che ha fatto solo il suo dovere».
«La gente – sottolinea l’operaio –
sa che la classe politica che finora ci ha rappresentato qui a Taranto ci ha
tradito e non è mai intervenuta per fermare l’Ilva che avvelena la
città».
Bacchettate non sono mancate al governo che ha deciso di inviare a
Taranto il 17 agosto prossimo tre ministri. «Vengono – dice Ranieri, a cui fanno
eco gli esponenti di altri comitati – per tutelare gli interessi dell’Ilva: noi,
tre ministri, li avremmo voluti qui a Taranto per i bambini del rione Tamburi
intubati in ospedale perchè ammalati di tumore». Ed è stata proprio una storia
di tumore che lo ha indotto a fondare il comitato. «Il 27 luglio – racconta
emozionato – stavamo bloccando il ponte girevole per protestare contro il
sequestro dell’Ilva; mi si è avvicinato un automobilista e mi ha detto: ‘Io devo
passare, devo accompagnare mia moglie a fare la chemioterapià. Da quel giorno –
sospira – la mia vita è cambiata».
(ANSA).

I
documenti originali parlano chiaro! Attenti ai media!

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…grazie al formidabile blog
Corporeus Corpora
vi sottoponiamo gli ultimi documenti della Procura
sull’Ilva

—————————————-

Tarasleaks 2012: I due
provvedimenti del G.I.P. in seguito alle decisioni del riesame

Gli atti giudiziari del 10 e dell’11 Agosto 2012
a firma Patrizia Todisco, in originale

La vicenda ILVA prosegue a spron battuto, anche
in queste ore. Corporeus corpora, secondo quanto
promesso, ha ottenuto i documenti originali del processo che vanno a completare
quanto già messo da noi a disposizione nei giorni trascorsi:
  1.  Decreto di sequestro con copiosa documentazione tecnica,
    G.I.P.
  2.  Dispositivo riesame su decreto di sequestro (impugnato da
    ILVA), Tribunale del riesame
In seguito, nelle giornate del 10 e dell’11, la
dottoressa Patrizia Todisco ha ritenuto di intervenire a sua volta sulle
decisioni del riesame, alquanto sibilline, come subito riconoscemmo.
Ambedue gli atti sono ampiamente motivati, ma
vanno letti in originale. Solo così si può evitare che la strumentalizzazione
politica, giudiziaria e giornalistica renda indistricabile il contesto e gli
avvenimenti. Corporeus corpora dichiara sin dall’apertura questo quale
scopo principale della sua presenza.
Ecco il primo dei due provvedimenti,
n.5488/10, che ha la funzione di tradurre in realtà processuale le indicazioni
ricevute dal riesame. Affermando che il testo della sentenza del riesame non
prevede la possibilità di produrre alcunchè, se non bonifiche.
E di adottare
“tutte le misure tecniche necessarie a scongiurare il protrarsi delle situazioni
di pericolo e ad eliminare le stesse”, in quanto l’impianto del decreto di
sequestro viene esplicitamente confermato.
Notate bene che in questo primo provvedimento,
di 3 pagine, la nomina del dr. Ferrante quale custode, per come decisa dal
riesame, resta incontestata.
A seguire il secondo, finalizzato questa volta
alla revoca del dr. Ferrante quale custode dei beni sequestrati.

Chiarimenti
Riesame ILVA_5488-10

L’atto a
seguire, con cui il G.i.p. nega al direttore dello stabilimento Ferrante la
qualità di custode, ha come motivazione l’aver egli compiuto immediatamente atti
incompatibili con la sua qualità pubblica. 

Segnatamente l’ordine immediato ad impugnare il provvedimento
n.5488/10 (sopra)
, impartito in qualità di “presidente del consiglio di
amministrazione e legale rappresentante pro tempore dello stabilimento
ILVA s.p.a. di Taranto” e comparso in veste di notizia sul sito dell’Ansa alle
16.43 del giorno 11 Agosto, manifesta da subito l’incompatibilità delle due
funzioni, in palese contrasto.

Almeno
nell’opinione della dottoressa Todisco. Che ci sentiamo di condividere, sebbene
non si siano attese le motivazioni del riesame per procedere: non crediamo ciò
lasci troppo spazio al Guardasigilli Cancellieri per interventi di sorta.
Leggete però da
voi:

Incompatibilità
Ferrante_ILVA






Ovviamente non finisce qui. Nè la vicenda ILVA, nè il nostro committment a
fornire dati e testi certi su cui ciascuno possa costruire un’opinione ben
fondata, sottratta alle sabbie mobili della propaganda. 


Dal
teatrino di Roma

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Ecco il podio del Circo Massimo Romano.
La medaglia d’oro va
ovviamente al Gran Clown Clini che vince lo spazio video con la sua proposta di
interpellare l’Organizzazione Mondiale della Sanità per Taranto!! Ma il suo
Ministero che fa?

Ricordando la celebre gag di Corrado Guzzanti ci
viene in mente quello che disse il tecnico dopo aver aperto il computer per
riparalo: “qui ci vuole un tecnico”!

A proposito, sulla scia di questa
iperbole di battute da circo: c’è nessuno che proponga di mandare i Caschi Blu
all’Ilva?

 

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Un testo da applausi per la prima parte e indubitabilmente ottuso
nella seconda. Ecco i due volti confusi della Lega!

PS. Ma la famiglia
Riva non è di Brescia?

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 Ilva: Lega Nord diserta audizione Clini, ”Governo meridionalista”

(ASCA)
– Roma, 14 ago – ”Oggi i componenti della Lega Nord in seno alla commissione X
Attivita’ Produttive della Camera dei deputati non prenderanno parte alla
riunione della stessa che deve avvenire congiuntamente con la commissione
ambiente sul caso Ilva di Taranto per una precisa ragione politica”.
Lo
annuncia, in una nota, Gianni Fava, responsabile del settore attivita’
produttive della Lega Nord.
”Non abbiamo in alcun modo condiviso nelle
modalita’ ne’ tantomeno le finalita’ dell’odierna convocazione. Troviamo infatti
discutibile – spiega Fava – il fatto che si riuniscano organismi parlamentari in
un periodo del genere per commentare una sentenza della magistratura ed
eventualmente censurarla. La sinistra italiana per anni ci ha ripetuto che le
sentenze si rispettano e non si commentano e adesso chiedono a gran voce di
convocare il parlamento per fare quello che normalmente imputavano al mondo
berlusconiano. Il fatto poi che a fare il pm della politica contro la
magistratura sia chiamato il ministro Clini lascia quantomeno perplessi. Se le
leggi sono sbagliate il parlamento dispone degli strumenti e delle prerogative
per modificarle, ma se sono giuste allora bisogna tollerare che i magistrati le
applichino. Siamo certi che tutto questo fervore non si sarebbe verificato se si
fosse trattato di qualche azienda del nord, magari medio-piccola, per la quale
nel caso di ordinanze restrittive da parte della magistratura avremmo assistito
ad un patetico coro di consenso provenire dall’area benpensantedella politica
italiana”.
Ma si sa, conclude, ”anche se noi non ci rassegniamo
facilmente, questo governo dimostra tutto il proprio strabico razzismo nei
confronti del nord e non perde occasione per dimostrare che quando in ballo ci
sono gli interessi del sud tutte le armi sono ammissibili, compresa
un’incomprensibile levata di scudi nei confronti di quei magistrati che fanno
solo il proprio mestiere. Pertanto abbiamo deciso di lasciare che se la cantino
e se la suonino da soli, riservandoci di prepararci per una grande battaglia
parlamentare alla ripresa di settembre quando si entrera’ nel vivo del dibattito
sul cosiddetto decreto Ilva, dove guarda caso si cerchera’ di far piovere
ingenti quantita’ di risorse pubbliche a favore del giusto risanamento di
un’area fortemente compromessa, ma non si affrontera’ in alcun modo e con alcuna
risorsa il tema del risanamento delle tante areedel nord che necessitano dei
medesimi interventi”.
————————————-

Ma
perché quando Di Pietro era ministro per le infrastrutture e non si mosse per le
bonifiche e le verifiche sui fondali del porto? 

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Ilva, Di Pietro: Riva foraggiava politici per avere regalie

“Quel che ha fatto lui peggiorerà con la nuova legge su finanziamento”

(TMNews)
– “Emilio Riva è il proprietario dell’Ilva, la fabbrica che da anni avvelena
Taranto senza che la politica nazionale muova un dito per proteggere i cittadini
e far rispettare la legge. Sarà una coincidenza, ma Emilio Riva è anche un
grande finanziatore della politica, uno di quelli che non fanno preferenze e
foraggiano un pò tutti: un miliardo a destra, uno a sinistra e nessuno
s’ingrugna”. E’ quanto scrive sul suo blog il leader dell’Italia dei Valori,
Antonio Di Pietro.
Mentre appestava il mare, l’aria e la terra di Taranto –
sottolinea l’ex pm – Riva donava 245mila euro a Forza Italia e 98mila non al Pd,
che allora ancora non esisteva, né ai Ds, ma al futuro ministro dello Sviluppo
Economico e futuro segretario del Pd, Pierluigi Bersani. Si trattava di
finanziamenti leciti e del tutto regolari. Ma, che il signor Riva, un tipo
accorto e ben attento al proprio portafogli, abbia cacciato tutti quei soldi
gratis et amore Dei non lo crederebbe nemmeno un bambino: lo scopo era riceverne
regalie”.
Riva – aggiunge ancora Di Pietro – si è fatto bene i conti. Ha
capito che avrebbe risparmiato milioni di euro intervenendo sul sistema e
rendendoselo amico con il denaro, piuttosto che mettendo in sicurezza i suoi
impianti e bonificando l’ambiente che aveva inquinato. Io non voglio neppure
pensare che la folle aggressione contro la magistratura di Taranto da parte dei
principali partiti c’azzecchi qualcosa con quegli esborsi. Ma, proprio perché
non lo penso, dico forte e chiaro che chi ha preso soldi da Riva dovrebbe, oggi,
sentire il dovere morale e avere la delicatezza istituzionale di non intervenire
a gamba tesa in questa vicenda e lasciare che se ne occupi chi di
dovere”.
Questa brutta vicenda è un presagio chiaro, purtroppo, di quello che
succederà con la nuova legge sul finanziamento dei partiti, varata a luglio e
scritta dalla Casta su proposta di ABC. Quella legge – sottolinea ancora il
leader Idv – incentiva le donazioni dei privati ai partiti, gli permette di
scaricarsele dalla dichiarazione dei redditi, fissa un tetto per i regali dei
privati ai politici e, insieme, indica l’inganno con cui lo si può aggirare. E’
una legge che legittima e incentiva le tangenti: per gente come Riva sarà una
festa. Pagheranno a destra e a sinistra, si metteranno con le spalle al coperto
e, oltretutto, potranno anche farsi rimborsare dallo Stato, sotto forma di
sgravio fiscale, la tangente legalizzata”.
Quella legge – conclude Di Pietro
– deve essere abolita prima che finisca di distruggere l’Italia”. 
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Anche Balduzzi
entra nel Gran Circo con un numero di equilibrismo linguistico da vero
giocoliere! 

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Ilva: Balduzzi, situazione da seguire con attenzione

(ASCA)
”La situazione e’ da seguire con molta attenzione perche’ i dati di cui
disponiamo dicono che bisogna fare attenzione e quelli che a breve avremo
delineeranno una strategia compiuta”. Lo ha detto in diretta a Tgcom24 il
ministro della Salute Renato Balduzzi sul caso dell’Ilva di Taranto. Sulla
possibilita’ di chiudere lo stabilimento, ”Sia Clini che Passera – ha precisato
il ministro – hanno detto alcune cose da valutare con attenzione. Non sono
decisioni che possono essere prese senza ponderazione. Si agira’ nell’interesse
di tutti e di tutte le prospettive coinvolte. Non si puo’ fare una gerarchia tra
le problematiche in campo”. Sulla strategia che si adottera’ a breve, il
ministro ha aggiunto:”In presenza di queste situazione la gerarchizzazione dei
beni e’ problematica, il problema e’ intrecciare le polarita’, non e’ facile ma
e’ la scommessa da vincere. Non ci sono scorciatoie. A ottobre ci saranno le
condizioni per poter lavorare con la Regione a una strategia per Taranto”.

Violenze
e intimidazioni

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Ilva, Taranto spaccata in due. «amici» e
«nemici» del gip 

Due fronti sempre
più contrapposti. Dentro e fuori la fabbrica. Nel sindacato. Nella città. Nello
stesso management dell’Ilva.
Sì, nel giorno in cui il governo Monti rompe gli
indugi e si schiera apertamente contro gli ultimi provvedimenti della dottoressa
Patrizia Todisco (il giudice per le indagini preliminari del Tribunale che ha
sequestrato l’area a caldo del siderurgico jonico), a far notizia sono due
immagini diametralmente opposte. Due immagini che fotografano nitidamente quel
che sta accadendo a Taranto alla vigilia di un Ferragosto che si annuncia a dir
poco infuocato: da un lato quella degli operai e delegati di Fim e Uilm che in
mattinata, dalle 10 alle 12, sono usciti dalla fabbrica per bloccare il traffico
sulla statale 100 e per ribadire il loro dissenso nei confronti della
magistratura e della dottoressa Todisco; dall’altra quella del migliaio di
persone (operai e pensionati dell’Ilva, ambientalisti, aderenti al movimento 5
Stelle, Cobas, frange di Sel, di Rifondazione comunista e semplici cittadini)
che alle 4 e mezzo del pomeriggio si sono radunati in piazza della Vittoria per
urlare a squarciagola che «Patrizia Todisco non è sola» e che «per l’Ilva e per
Taranto è arrivato il momento della verità».

Sì, nel giorno in cui da
Roma arriva la conferma che venerdì saranno qui a Taranto i ministri Corrado
Passera (Sviluppo economico) e Corrado Clini (Ambiente), queste due immagini
raccontano tantissimo. Innanzitutto ci confermano che il fronte sindacale si è
letteralmente frantumato e che la Fiom, cui ieri l’azienda ha negato di riunire
i lavoratori in assemblea, non ha più alcuna intenzione di seguire Fim e Uilm
«in iniziative che sono dichiaratamente contro la magistratura».

Surreale, a questo proposito, la situazione che si è determinata a
mezzogiorno davanti ai cancelli della Direzione Ilva, dove il presidente Bruno
Ferrante aveva convocato i vertici sindacali di Fim, Fiom e Uilm per un incontro
preliminare a quelli che si sono poi svolti nel primo pomeriggio a Bari.

Ebbene, nonostante la convocazione, i cancelli sono rimasti sbarrati ai
rappresentanti sindacali sino alle 12.30. Motivo? Perché nel piazzale interno,
situato di fronte ai cancelli, qualcuno (incaricato chissà da chi?) aveva
pensato di sistemare delle pale meccaniche. A che scopo? In segno di protesta
nei confronti dei custodi giudiziari nominati dalla dottoressa Todisco, i quali
sin dal primo mattino si erano recati in fabbrica per prendere visione di tutta
la documentazione archiviata proprio negli uffici di Direzione.

Un’iniziativa, quest’ultima, che spiega anche i contrasti, ormai
evidenti, all’interno dello stesso management, dove più di un dirigente non
condivide la «linea morbida» dell’ex prefetto di Milano Ferrante.

Durissime, in questo senso, le dichiarazioni che in tarda mattinata ha
rilasciato alla Gazzetta il segretario provinciale e regionale della Fiom-Cgil,
Donato Stefanelli. «Queste persone – ha detto riferendosi a chi ha sistemato le
pale meccaniche sul piazzale – devono essere trattate come tutti quegli operai
che in questi anni di fronte a una minima infrazione sono stati colpiti da duri
provvedimenti disciplinari. La legge sia uguale per tutti. Se in azienda ci sono
soggetti che fanno riferimento al vecchio regime, è bene che comprendano che
l’impunità è finita, che il rispetto delle regole c’è anche per loro».
Ma
altrettanto dure, anzi persino più dure, sono le parole che Stefanelli ha
pronunciato all’indirizzo dei vertici di Fim e Uilm, sindacati, soprattutto la
Uilm, che negli ultimi anni sono diventati largamente maggioritari in Ilva: «Non
spetta a noi commentare gli atti della magistratura. Non spetta a noi dire se
sono coerenti o quant’altro. Non spetta a noi occuparcene. Lo facciano gli
organi competenti: il Csm, il governo, chi lo deve fare. Perché noi
rifuggiano dall’utilizzare i lavoratori come testa d’ariete contro la
magistratura.
Ed è il motivo per il quale ci siamo dissociati da questa
iniziativa irresponsabile che stamattina (ieri mattina per chi legge, ndr) Fim e
Uilm hanno organizzato. Perchè non ci dimentichiamo che queste cose le ha fatte
l’Ilva di ieri. Non ci dimentichiamo del famoso 30 di marzo, quando l’Ilva
schierò per le strade di Taranto i lavoratori contro la magistratura nel giorno
dell’incidente probatorio. Oggi (ieri) loro hanno fatto la stessa cosa. È un
atteggiamento irresponsabile e servile».
Per la Fiom, al contrario, è
innanzitutto l’Ilva che deve dire che cosa intende fare. «Noi – ha detto ancora
Stefanelli – abbiamo chiesto a Ferrante di presentarci un “Piano di interventi e
di risanamento”. E su questo vogliamo che sia aperto un tavolo negoziale. Perché
i lavoratori ed il sindacato non possono diventare soggetti passivi. Perché se
Ferrante interloquisce con la magistratura o con il governo, noi non possiamo
diventare spettatori. Abbiamo il diritto di essere protagonisti, perché gli
interventi che l’Ilva dovrà eseguire non sono fini a se stessi, ma riguardano le
condizioni di lavoro degli operai dell’Ilva».
Parole, quelle di Stefanelli,
che segnano un solco nei rapporti con Fim e Uilm, i cui vertici, però, non si
smuovono di un millimetro. E infatti, per oggi alle 10, i rispettivi segretari
provinciali, Mimmo Panarelli e Antonio Talò, hanno deciso di organizzare un
altro sciopero di due ore con conseguente blocco stradale.

Quella di
oggi, con tutta probabilità, sarà la prova generale di quel che accadrà venerdì,
quando, in occasione dell’arrivo a Taranto dei ministri Passera e Clini, a
manifestare saranno anche i cittadini che ieri si sono riuniti in piazza della
Vittoria.
La loro è un’iniziativa per tanti versi spontanea, ma che con il
trascorrere delle ore sta assumendo i caratteri di una vera e propria nuova
formazione politica, con tanto di portavoce: il 42enne operaio Ilva Cataldo
Ranieri. Per venerdì hanno giurato che si faranno sentire e che «assedieranno i
ministri ovunque essi si riuniscano».
Il loro programma è chiarissimo.
Innanzitutto sostengono l’azione della magistratura e poi hanno una spasmodica e
giustificata voglia di «verità» in una città che per troppi anni ha seppellito
nel silenzio generale decine di morti ammazzati dall’inquinamento. Ed è anche
per questo che ieri hanno invocato l’arrivo a Taranto del ministro della Salute,
Renato Balduzzi. Ma è anche per questo che in tanti qui a Taranto temono che
quello di venerdì 17 agosto sarà un giorno «caldissimo».

Era ora!

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Certo che sarebbe una grande soddisfazione se La Repubblica riconoscesse
che la questione dell’idoneita’ dei membri della commissione IPPC per l’AIA Ilva
venne sollevata da questo blog… 

Sul
presidente Dario Ticali clicca qui 

Ilva, autorizzazioni pilotate e corruzioneadesso la Finanza indaga
sull’azienda

L’inchiesta della Guardia di Finanza gira intorno all’Aia, l’autorizzazione
che nel 2011 fu rilasciata dal governo Berlusconi. In alcune foto il passaggio
di 10 mila euro al perito del tribunale. Il figlio del patron accusato di
corruzione  di MARIO DILIBERTO e GIULIANO FOSCHINI

L’AIA

Il
centro dell’inchiesta della Guardia di finanza gira attorno all’Aia,
l’autorizzazione integrata ambientale che il 4 agosto del 2011 il governo
Berlusconi rilasciò dopo quasi otto anni di discussione. Bene, il sospetto delle
Fiamme gialle è che in quel documento (che ora il ministro Clini vuole rivedere
al più presto) i limiti di inquinamento siano stati disegnati appositamente
sulle emissioni dell’Ilva. E’ un fatto, viene ricostruito in un’informativa, che
l’allora capo delle relazione esterne dell’azienda, Girolamo Archinà (rimosso
ora dal prefetto Bruno Ferrante) fosse in rapporti con i membri di quella
commissione. “L’effettiva e la buona riuscita dei contatti – annota la Finanza –
si rileva, come si accennava in precedenza, dai costanti aggiornamenti che egli
fornisce ai vertici aziendali, con i quali ovviamente condivide le strategie da
porre in atto, recependo le direttive che di volta in volta vengono 

impartite. Nello specifico emerge come
anche a livello ministeriale fervano i contatti non proprio istituzionali per
ammorbidire alcuni componenti della Commissione IPCC AIA; con i predetti le
relazioni vengono mantenute da tale Vittoria Romeo e in parte anche
dall’avvocato Perli””, entrambi consulenti dell’azienda. Ed è un fatto che
l’avvocato milanese Franco Perli parlando con Fabio Riva dice: “La Commissione
ha già accettato il 90% delle loro osservazioni e che non vi saranno sorprese,
anche se la visita va un po’ pilotata”.
Vittoria Romeo parla al telefono
con Fabio Riva e spiega le loro modalità di movimento.

R.: “Allora
dicevo ad Archinà, se Palmisano che è quello della Regione, tira fuori
l’argomento in Commissione, siccome l’Arpa deve ancora dare il parere sul
barrieramento e a noi serve un parere positivo per continuare a dimostrare che
non dobbiamo fare i parchi…”. 

Riva: “E’ chiarissimo. Però siccome
noi non possiamo assolutamente coprire i parchi perché non è fattibile… tanto
vale rischiarla così”.

R.: “Valutiamo se la cosa in questi giorni la
teniamo al livello di Ticali, Pelaggi, Mazzoni (ndr, presidente e membri della
commissione) oppure…”. 

Riva: “No, picchiamo…. picchiamo
duro….”.

Fabio Ticali era il presidente di quella commissione Aia. La
sua nomina destò un certo scalpore: proprio Repubblica raccontò che
furono fatti fuori esperti e messi nella commissione Aia signori nessuno, quasi
tutti siciliani, come l’allora ministro Stefania Prestigicomo. E che fu scelto
il trentenne Ticali a capo della commissione che aveva come pubblicazione più
importante una sul ravaneto stradale.

LA
CORRUZIONE

L’attenzione della Finanza si è concentrata prima
sull’incontro tra Archinà e il perito del pm, il professor Lorenzo Liberti.
Secondo l’accusa ci fu un passaggio di diecimila euro (documentato da alcune
fotografie) per ammorbidire una perizia. Secondo gli investigatori anche Fabi o
Riva sapeva, tanto da essere ritenuto responsabile di concorso morale nella
corruzione.

Riva: “Ieri come è andata?”.

A.: “E’ andata
secondo le aspettative…”. 

Archinà, appunta la Finanza, “dice al Fabio
Riva che consegnando in anteprima le analisi, potrà iniziare a lavorare (sul
Liberti) affinché non nasconda che il profilo è identico, bensì che attesti che
comunque le emissioni di diossina prodotte dal siderurgico siano in quantitativi
notevolmente inferiori a quelli accertati all’esterno”.
I Riva quindi
vogliono addomesticare le perizie. E forse lo fanno con il denaro. Capita anche
che conoscano i risultati in anticipo. Al telefono parla ancora una volta Fabio
Riva. 

Riva: “La perizia tecnica sembrava andasse tutto bene…
non lo so che caz… è successo… Però è succulenta la cosa di beccare un Riva
giovane.. eh papà…”. 

FUMO NEI COMUNICATI

Agli atti c’è anche
un incontro tra Nichi Vendola, Fabio Riva, Girolamo Archinà e il direttore
dell’Ilva Capogrosso. Proprio Fabio Riva ne parla con il figlio Emilio (omonimo
del nonno) che suggerisce: “Facciamo un comunicato stampa fuorviante, tanto per
vendere fumo dicendo che va tutto bene e che Ilva collabora con la Regione”.
Proprio i giornalisti sono un problema per l’azienda. Tanto che ci sarebbero
rapporti “pericolosi” (la Procura sta inviando gli atti all’ordine). Archinà è
molto seccato delle notizie sui giornali. “Mi sto stufando perché fino a quando
io sò stato accusato di mantenere tutto sotto coperta, però nulla è mai
successo… nel momento in cui abbiamo sposato la linea, la trasparenza, non ci
raccogliamo più…. La situazione è complicata e se non si ha l’umiltà di dire
ritorniamo tutti a nascondere tutto”.  (La
Repubblica)

mercoledì 15 agosto 2012

Rush
finale! E dopo anche il comitato va in vacanza..

Ascolta con webReader

L’appuntamento è alle ore 8,30 a Piazza
Castello a Taranto: tutti in corteo il 17 agosto!!!

Stop ai
veleni Ilva!

Comunicato stampa di “Donne per
Taranto”

La posizione ufficiale del Comitato Donne per Taranto è stata
sempre quella della Chiusura dell’Area a caldo e dei siti inquinanti che
persistono sul nostro Territorio. Posizione da sempre a Tutela del Bene Supremo
e improcrastinabile che è la Salute al quale tutti gli altri Beni e Diritti ne
sono subordinati.
In questi anni il nostro impegno è stato sempre orientato a
denunciare uno stato di “emergenza sanitaria”, chiedendo che la Politica locale
e Nazionale intraprendesse azioni, non annacquate e approssimative, come  è
stato, ma reali, coraggiose e serie. Ne abbiamo ricevuto continuamente solo
silenzi assordanti portando, negli anni,  questo territorio ad un punto senza
ritorno, senza futuro e senza alternative in una situazione di emergenza
sanitaria e ambientale senza paragoni che certamente si sarebbe potuta
evitare.
Laddove la Politica è stata assente (o spesso dalla parte del
Profitto e dell’Industria) è intervenuta la Magistratura e ora paradossalmente
si assiste ad un improvviso e quanto mai “strano”  risveglio della Politica che
unica cosa che sta tentando di fare è frenare le azioni della Magistratura che
finalmente ha messo nero su bianco ciò che da anni, sbattendo contro muri di
gomma, stavamo denunciando: a Taranto si sta perpetuando uno dei crimini più
gravi dell’Umanità.

Una Politica sorda che si è persino inventata leggi
“ad-Personam” (pro-Ilva) non può adesso all’improvviso tornare sulla scena, una
scena dove continuano a calpestare il nostro Diritto elementare alla VITA.
Se
la Politica  ora può fare qualcosa è lasciare che la Magistratura compi il suo
percorso senza “minacce velate” che stanno mettendo in atto in un modo sottile e
pericoloso.
Se la Politica  ora può fare qualcosa è studiare strategie per
risanare questo territorio martorizzato da chi lo ha spremuto fino all’osso e
cercare fondi per fare in modo che la sua gente torni a vivere e lo faccia senza
Ilva e senza dover pagare un Prezzo così alto, come quello pagato fino ad
oggi.
Non capiamo e non condividiamo il risveglio di questa Politica che
unica cosa che continua  a fare è inseguire un sogno di una ECO-COMPATIBILITA’
impossibile da raggiungere.  Una ECO-COMPATIBILITA’ che le stesse perizie hanno
dimostrato essere impossibile. Cosa si sta inseguendo allora? Forse solo il
tentativo di “convincerci” che siamo destinati ad ammalarci e a morire perché se
l’Ilva dovesse chiudere questo territorio morirebbe e con esso l’industria
italiana? Noi diciamo NO a tale “terrorismo psicologico” e diciamo NO a chi
vuole fare di Taranto la culla del Profitto a beneficio di altre Industrie del
territorio Nazionale ma a scapito della nostra stessa Vita.
Noi continueremo
sempre a sostenere la Magistratura rigettando ogni tentativo di interferenza e
continueremo a vigiliare e a lottare perchè a Taranto si ottenga GIUSTIZIA . Il
nostro Grazie al GIP Patrizia Todisco e ai Magistrati di Taranto lo esprimeremo
ancora una volta partecipando alla Grande Manifestazione organizzata venerdì 17
dal Comitato “cittadini liberi e pensanti” e invitiamo tutta la Popolazione a
essere presente. L’appuntamento è alle ore 8,30 a Piazza Castello. Taranto
merita di Vivere senza ricatti: Taranto merita di VIVERE!

IMPRESA E AMBIENTE

Diretta / Ilva, finisce il
vertice con i ministri
Ferrante: “Dall’Ilva altri 56 milioni per bonifica” manifestanti in attesa di Clini e
Passera

Zona rossa  attorno alla prefettura e cortei
vietati: queste le misure di sicurezza adottate in occasione del vertice con i
ministri Clini e Passera, protesano gli ambientalisti.  Malumori per la
decisione del questore di limitare cortei “sotto la prefettura e nelle relative
adiacenze”.

http://bari.repubblica.it/cronaca/2012/08/17/news/diretta_ilva_tensione_a_taranto_cortei_vietati_nella_zona_rossa_mappa_in_arrivo_i_ministri_clini_e_passera-41067862/ 




Cronache
17/08/2012 –

Politici, funzionari, manager Inchiesta bis con
13 indagati

Corruzione, la mazzetta al perito
consegnata in autogrill

Guido Ruotolo inviato a Taranto
Tredici indagati, per concussione e
corruzione. Politici, funzionari pubblici, dirigenti Ilva, il rampollo del
patron Emilio, il «ragioniere» Fabio Riva. Gli uomini della Finanza l’hanno
chiamata «environment sold out», ambiente svenduto. E rende l’idea di una città
disperata, sotto ricatto permanente. Da un anno la procura di Franco Sebastio ha
l’esplosiva informativa dal nucleo operativo della Guardia di Finanza di
Taranto. Che solo in minima parte, con tantissimi omissis, è stata depositata al
Riesame, che ha confermato il sequestro degli impianti Ilva.



Sarà anche
vero che l’Italsider pubblica era un «assumificio» per clientele e notabilati
politici. Ma anche il privato, Emilio Riva, che ha preso l’acciaieria nel ’95,
ha messo sotto tutela la città. L’ha comprata, corrotta, intimidita, blandita,
come dimostra questa inchiesta con le sue chiarissime intercettazioni
telefoniche e ambientali.

L’uomo nero di questa storia è Girolamo
Archinà, il potente pr, pubbliche relazioni Ilva, detronizzato dal presidente
dell’Ilva Ferrante appena avuta lettura degli stralci di intercettazioni
depositate al Riesame. C’è una storia, che può apparire banale, ordinaria per la
sua dinamica. Un autogrill, le telecamere della sicurezza che riprendono i due
uomini passeggiare, con uno che consegna all’altro una busta bianca. Storia
ordinaria di corruzione. Solo che uno dei due è un professor universitario, un
perito nominato dal pm Mariano Buccoliero, Lorenzo Liberti, e l’altro è il
grande corruttore (che agisce su mandato della proprietà) Girolamo Archinà. Sono
loro, anche perché riconosciuti da una dipendente dell’autogrill in questione.
Liberti era uno dei periti che doveva accertare la provenienza delle diossine
che avevano avvelenato capre e pecore.
Il giorno prima di questa
sequenza, Archinà chiamò il cassiere dell’Ilva, Francesco Cinieri, chiedendogli
di preparare 10.000 euro («dieci per domani, se sono da cinquecento è meglio»).
Ma i tagli utilizzati furono da 50 e 100 euro. «E’ tutto pronto… tra un’oretta
c’è G. (l’autista, ndr) da te». «Ma devo portare la valigetta per ritirare la
somma?». Cinieri: «La busta entra in tasca…».
Grande Archinà, che non
delega il lavoro sporco a qualche suo sottoposto. E’ lui che consegna le buste.
Che ha rapporti con sindacalisti diventati politici, politici diventati uomini
delle istituzioni, pubblici funzionari e persino prelati. Sempre nella logica di
fare opere di bene. In cambio, però, di non far disturbare il manovratore. Ci
voleva pure l’Aia, autorizzazione integrata ambientale, con tutte le
prescrizioni e un inter burocratico di sette anni.
«Per quanto riguarda
la commissione Ipcc (la commissione delegata a fare l’istruttoria per l’Aia,
ndr), si rileva che il Girolamo Archinà si è appositamente accordato con il
dottor Palmisano, che è un funzionario della Regione Puglia incaricato di
rappresentare l’ente nelle riunioni della conferenza dei servizi che si tengono
presso il ministero dell’Ambiente, finalizzate a istruire la pratica per il
rilascio dell’Aia. Dalle telefonate si rileva che l’intervento dell’Archinà
verso il predetto Palmisano sia stato finalizzato a sensibilizzare quest’ultimo
nel dare una mano all’Ilva. Emerge anche il tentativo di pilotare i lavori della
commissione Ipcc a favore dell’Ilva, evidenza, questa, che ancora una volta
dimostra la capacità di infiltrazione degli uomini dell’Ilva a tutti i
livelli».
Era l’inviato a L’Avana, Palmisano. Ufficialmente partecipava
alle riunioni per conto della Regione, in realtà, sospettano gli uomini della
Finanza, curava gli interessi dell’Ilva. Un doppiogiochista, insomma. «Il fatto
che la commissione debba essere pilotata e che, comunque, sia stata in un certo
modo in parte avvicinata, si rileva anche dalla seguente conversazione nella
quale l’avvocato Perli di Milano (legale esterno dell’Ilva) aggiorna il
ragionier Fabio Riva sui rapporti avuti con l’avvocato Luigi Pelaggi, che è capo
dipartimento presso il ministero dell’Ambiente. Perli gli comunica che Pelaggi
gli ha anche riferito che la commissione ha accettato il 90 per cento delle loro
osservazioni e la visita riguarda il 10 per cento restante. Perli aggiunge che
non avranno sorprese e comunque la visita della commissione in stabilimento va
un po’ pilotata».


Che presenza soffocante, l’Ilva a Taranto. Adesso il nuovo numero uno, Bruno
Ferrante, promette di voltare pagina. Ma il passato rischia di tornare
attualissimo. Sotto forma di un provvedimento dell’autorità
giudiziaria.

http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/465735/ 

17/08/2012 13:55

ILVA, NUOVI INDAGATI NELL’INCHIESTA BIS

Manager, politici e funzionari pubblici tra le sedici persone finite
nell’inchiesta della Guardia di Finanza da cui emerge il sistema adottato dai
vertici dell’azienda per evitare i controlli

Servizio di Rossana Russo

ANZA’, DIOSSINA, FABIO RIVA, FERRANTE, ILVAGIROLAMO ARCHINA’, ISOLA DELLE FEMMINE, ITALCEMENTI, LORENZO LIBERTI, LUIGI PELAGGIA.I.A., PETRUZZELLA, TARANTO, TODISCO, TODISCO PATRIZIA, A.I.A. ITALCEMENTI 693 LUGLIO 2008,

IL DELIRIO DI VENDOLA:
«Vietato chiudere
l’Ilva»

di Gianni Lannes
Per dirla con Oscar Wilde: “Mentire con garbo è
un’arte, dire la verità è agire secondo natura”. Allora, veniamo al delirio di
Vendola, un classico già sperimentato due anni fa con le regalie del governatore
in soldoni pubblici al mafioso don Luigi Verzé. Dichiara l’illuminato Nichi: «Il
percorso è indicato proprio nell’ordinanza del gip. Si può garantire fin da
subito la salute dei cittadini senza dover chiudere gli impianti: l’Ilva è una
città e se chiudesse ci troveremmo di fronte al più impressionante cimitero
industriale del mondo». Lo ribadisce il presidente della Puglia Nichi Vendola
sottolineando che «adesso spetta all’Ilva rimuovere dalla scena del siderurgico
tutto ciò che nuoce. L’ordinanza del gip – precisa – descrive puntualmente quali
sono gli elementi che pregiudicano la salute dei cittadini e credo che l’Ilva
abbia le competenze per attuare un programma di interventi a brevissima, media e
lunga scadenza. Deve rimuovere subito quegli elementi che compromettono
l’insieme del diritto alla salute, dalle partite di acquisto di cospicue
quantità di filmante che serve a ridurre al minimo lo spolverio, come la
riduzione della produzione nei giorni di vento forte, l’installazione di
centraline di un monitoraggio più in profondità dell’impianto, che noi abbiamo
chiesto». Per Vendola è «Offensivo l’attacco del giudice Amendola, perché noi,
come Regione, abbiamo fatto la differenza in questi anni. I primi controlli
all’Ilva li ho fatti io nel 2008. Oggi abbiamo una legge antidiossine e
antibenzopirene». Vendola insiste sulla necessità di una mediazione e si chiede
se davvero «possa chiudere il più grande polo dell’acciaio. E’ progressista –
aggiunge – che l’Italia dismetta alcune sue antiche e robuste tradizioni
produttive? E’ legittimo pensarlo, ma io non sono d’accordo». 
Vendola, anche lei è sul libro paga del clan Riva?

Ilva fuorilegge – Nichi Vendola non parla, narra frottole
incommensurabili. E basta poco per smascherarlo, se ancora ce ne fosse bisogno.
 E allora diamo un’occhiata alle cifre ufficiali. L’Ilva è il
quarto gruppo siderurgico d’Europa e fattura 8 miliardi di euro. La società Utia
sa (Riva Fire) ha sede in Lussemburgo: un paradiso fiscale non a caso.
 Prendiamo il “Rapporto Ambiente e Sicurezza 2011” dell’Ilva
S.p.A:
i numeri smentiscono Vendola. Il dato emerso dall’ultima campagna per
la rilevazione di diossine e furani nei fumi delle emissioni del camino E312
effettuata da Arpa Puglia, che ha registrato un risultato pari a 0,2 ng ITE/
Nmc. Risultato inferiore al valore limite imposto dalla legge regionale – numero
44 del 19 dicembre 2008 – di 0,4 ng ITE/Nmc.  Questa normativa
regionale  pur essendo stata ammorbidita dalla giunta Vendola nel
marzo del 2009, parla chiaro: dopo aver effettuato tre campagne di misura
annuali, il valore di emissione su base annuale sarà ottenuto mediante la media
aritmetica dei valori di emissione delle campagne di misure effettuate. Media
aritmetica che non dovrà essere superiore al valore limite imposto dalla legge
regionale stante in 0,4 ng ITE/Nmc. Ora: se la matematica non è un’opinione,
sommando le tre campagne di rilevazione effettuate da Arpa Puglia (febbraio 0,68
+ maggio 0,70 + novembre 0,20) il risultato che ne vien fuori è 1,58 che diviso
tre porta la media annuale a 0,52 ng ITE/Nmc: un risultato sicuramente
importante, ma che è semplicemente oltre il limite imposto dalla legge
regionale, che essendo entrata in vigore il 1 gennaio 2011, non può essere
considerata dai dirigenti un obiettivo da raggiungere, bensì un limite da
rispettare: punto. Dunque: l’Ilva è semplicemente fuorilegge. 
Inoltre: ciascuna di queste campagne di rilevamento solo di diossine e
furani, ma non di mercurio o addirittura di radioattività  (che
avvengono “senza preavviso”, ma con i tecnici Arpa che impiegano ben 90 minuti
per arrivare dai cancelli d’ingresso al camino E-312 e montare la relativa
attrezzatura) si articolano su tre misure effettuate in tre giorni consecutivi
di 8 ore ciascuna. Ora: sempre se la matematica non è un’opinione , parliamo di
24 ore a campagna, per un totale di 72 ore di rilevamento dati. L’Ilva però, è
un impianto sempre in ciclo, che opera 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno. Un
anno è composto da ben 8.760 ore, quindi siamo su una percentuale di 0,82 ore
coperte nell’arco di un intero anno. Quanto è efficace una legge che è stata
modificata proprio per occultare la verità? La legge in questione prevede che
“il valore di emissione derivato da ciascuna campagna sarà ottenuto operando la
media aritmetica dei valori misurati, previa sottrazione dell’incertezza pari al
35%”, come del resto prevede anche la norma UNI EN 1948:2006 dell’Unione Europea
sulle rilevazioni delle emissioni tossiche, a cui la legge regionale fa
riferimento. Sapere quanta diossina viene emessa dal camino E-312 ogni singolo
secondo, sarebbe tutt’altra storia e darebbe senz’altro risultati scientifici
inconfutabili e certi. E qui siamo costretti a riaprire la famigerata diatriba
relativa al “campionamento in continuo” delle emissioni di diossina e furani dal
camino E-312, che ha vissuto una storia sin qui alquanto tribolata. Questione
che all’Ilva non riguarda, e a ragion veduta, visto che nel Rapporto gli vengono
dedicate pochissime righe a pagina 55, in cui l’azienda sostiene essere ancora
in corso d’opera la prima fase dello studio di fattibilità sulla sperimentazione
di tale operazione, che è partita ufficialmente lo scorso 21 marzo. Poi, nello
scorso luglio, ad Arpa Puglia arrivò una comunicazione da parte del Ministero
dell’Ambiente, secondo cui si era messo in moto In origine, l’articolo 3 della
legge regionale prevedeva l’obbligo di tale campionamento: poi, nel marzo del
2009, tale articolo fu “aggiustato” diventando un campionamento da svolgere
minimo tre volte in un anno. Ma nella “revisione” del 2009, non avvenne la
totale prescrizione dell’articolo 3, ma soltanto una semplice aggiunta di un
“comma 1 bis”, lasciando così in vigore l’articolo 3 in cui è previsto
“l’obbligo per le aziende di presentare un piano per il campionamento in
continuo”, che come detto è ancora lungi dall’essere concretizzato.
 

Ed
è fondamentale rammentare come il sindaco Stefàno abbia sempre osteggiato
la possibilità di tale campionamento. D’altronde, ancora persuaso nel 2012 di
come non sia possibile “dire con certezza chi sono i colpevoli dell’inquinamento
a Taranto”, allo stesso Sindaco non fece difetto asserire in più di una
circostanza come “il campionamento in continuo non è possibile. Questo non lo
dico io ma studi scientifici che dimostrano quanto controproducente possa
risultare qualora utilizzato”. Lo stesso direttore di Arpa Puglia, Giorgio
Assennato
, in occasione della presentazione dei primi dati del registro
tumori di Taranto nel luglio 2011, dichiarò che chi parlava di campionamento in
continuo “non ha capito una mazza dell’argomento”. Sempre su questo tema, quando
il 5 luglio venne rilasciata l’AIA all’Ilva, l’assessore all’ambiente Nicastro
asserì che era stata anche stabilita, tra le prescrizioni del documento, una
data certa per la partenza di tale campionamento, che però a tutt’oggi non è mai
stato in grado di fornire. Che il campionamento in continuo sia controproducente
è una certezza: per chi e perché, è sin troppo facile dedurlo. 
Insieme alle diverse verità nascoste, nel Rapporto Ambiente e Sicurezza
2011 dell’Ilva S.p.A. molte altre sono state consapevolmente dimenticate. O
colpevolmente taciute.


Danni incommensurabili – A parte i malati e i morti in termini economici,
sarebbe utile quantificare i danni provocati dall’inquinamento dell’Ilva. Per
esempio, sarebbe interessante capire perché a pagare i danni sia sempre e
soltanto la popolazione e non  le marionette di Governo nazionale e
locale. Perché l’abbattimento degli ovini, l’economia che esse producevano e il
(misero) rimborso alle aziende non viene pagato dagli inquinatori ma dalle
Istituzioni, come la Regione e quindi con i soldi dei contribuenti. Chi pagherà
quei mitilicoltori che da luglio 2011 sono fermi nella produzione perché il Mar
Piccolo è inquinato? Naturalmente, la popolazione: circa 1 milione di euro, a
spese dei contribuenti. E chi ripaga l’agricoltura? Pensate soltanto
all’agrumicoltura. E l’elenco potrebbe allungarsi notevolmente, sino alle
malattie derivanti dall’inquinamento che negli anni è costato in termini di vite
umane e di risorse economiche sanitarie. E allora: quanto  costa
veramente l’Ilva? E quanto ripaga la Puglia? Ecco perché sarebbe interessante
chiedere ai dirigenti Ilva o ai loro divini narratori perché nel corposo volume
aziendale manchi una parte relativa a tutto quello che testimonia, a livello
scientifico, il volume complessivo dei danni che questo inferno ha causato al
territorio tarantino.

Omissioni e rimozioni – Nel palazzo di governo è  stato
dimenticato il rapporto dei Carabinieri del NOE nel quale venivano
riportate tutte le irregolarità riscontrate nel corso di 40 giorni di indagini
ed appostamenti effettuati dal nucleo speciale dell’Arma. Un rapporto presentato
presso la Procura di Taranto  nell’udienza dell’incidente
probatorio portato avanti dal pm Patrizia Todisco, attraverso il quale i
Carabinieri consigliavano il sequestro gli impianti del siderurgico al fine di
poter avviare un’indagine approfondita sullo stesso. Rapporto che il 4 luglio
scorso arrivò via fax anche al Ministero dell’Ambiente, ma la conferenza dei
servizi sull’AIA dell’Ilva svoltasi il giorno dopo, pur prendendone visione, non
lo ritenne di una rilevanza tale da comportare modifiche alle prescrizioni
licenziate dalla Commissione Istruttoria IPPC.

In quel rapporto però, veniva ad esempio posto
l’accento sul fenomeno dello “slopping”, la dispersione dai tetti delle
acciaierie delle famose nuvole di fumo rosso dovuto alla presenza di ossidi di
ferro, chiaro indice della scarsa efficacia delle prescrizioni per contrastarle
previste nell’AIA dell’Ilva. Nel rapporto del NOE si denunciava anche un uso
distorto delle torce di tipo continuativo, come pratica di smaltimento e non
legato ad eventi eccezionali (come ad esempio le emergenze e/o problemi di
sicurezza). L’ultima denuncia del rapporto del NOE riguardava la preoccupante
situazione in cui versa l’area Gestione Rottami Ferrosi. Il rapporto del NOE
evidenziava l’insufficienza sia della portata delle prescrizioni imposte
nell’AIA, sia dei controlli su quanto dichiarato dall’Ilva nel suo piano di
risanamento. In particolare si rilevava “l’assenza di sistema di captazione e
depolverazione nell’area taglio rottami ferrosi, il sottodimensionamento e
l’avaria di quello installato nell’area adibita al taglio dei fondi delle
paiole”.



Così come non abbiamo trovato nelle pagine del
Rapporto, nulla che facesse riferimento al verbale della Conferenza dei Servizi
Decisoria “per acquisire le intese ed i concerti previsti dalla normativa
vigente in materia d’approvazione dei progetti di bonifica concernenti
l’intervento sul “Sito di Interesse Nazionale di Taranto” datata 15 marzo 2011 a
Roma, dopo la comparsa del quale l’iter dell’approvazione della legge regionale
sulla bonifica delle falde si è stranamente arenato.

In quel verbale veniva sottolineato come il Piano di
Caratterizzazione sito-specifico presentato dall’Ilva S.p.A. fosse incompleto
vista “la perdurante assenza della conseguente Analisi di Rischio che deve
concorrere alla definizione dei nuovi valori soglia al fine di stabilire
definitivamente il livello di effettivo inquinamento”. Inoltre, risultava
protocollata anche una nota diretta dell’Ilva S.p.A. (DIR/28 del 16/04/2010), in
cui la stessa azienda dava conto dei livelli di notevole inquinamento della
falda. Come veniva chiaramente sottolineato che il rilascio dell’A.I.A. “non
esime il titolare dell’impianto di avviare e concludere nei tempi previsti il
procedimento di bonifica e risanamento ambientale per il sito in questione”.
Infine, veniva chiesto agli organi di controllo (Polizia Provinciale, ARPA e
ASL) di effettuare idonei sopralluoghi a cadenza ravvicinata “al fine di rendere
edotti i soggetti sullo stato attuale del sito, con particolare riferimento agli
usi delle acque di falda contaminate e/o ai rischi professionali e sanitari
degli operatori/fruitori del sito”. Inutile dirvi che l’Ilva ha fatto ricorso al
Tar di Lecce.  

A memoria
umana – Non abbiamo dimenticato gli oltre 1.600 capi di bestiame
abbattuti dall’Asl di Taranto per la presenza negli stessi di livelli di
diossina superiori al limite di legge. Non abbiamo dimenticato le lacrime, la
disperazione, il dramma degli allevatori delle masserie della provincia ionica
(come le famiglie Fornaro e D’Alessandro). Non abbiamo dimenticato i
mitilicoltori tarantini, a cui viene impedito di lavorare a causa di un
inquinamento senza precedenti da Pcb che ha avvelenato il 1° seno del Mar
Piccolo (ma state pur certi che prima o poi verrà fuori il nome di chi ha
riempito per anni la cava del terreno dell’azienda San Marco Metalmeccanica di
materiale di risulta industriale, che combacia con la falda profonda che segue
un percorso che finisce proprio nel 1° seno). Non abbiamo dimenticato che anche
quest’anno è stato registrato il doppio sforamento nel quartiere Tamburi sia
delle polveri sottili (PM10) sia del benzo(a)pirene. Non abbiamo dimenticato il
rifiuto da parte dell’Ilva di installare delle centraline all’interno del
perimetro del terreno occupato dal siderurgico, previste dal piano della Regione
e di Arpa per il rilevamento del benzo(a)pirene (a cui Eni e Cementir hanno
detto sì). Non abbiamo dimenticato le tombe e le cappelle del cimitero “San
Brunone” ed i palazzi “rossastri” del rione Tamburi, investiti da decenni dalle
polveri dei parchi minerali che l’Ilva si ostina a non voler coprire, sostenendo
che basterà il semplice barrieramento e la conclusione delle colline ecologiche.
Non abbiamo dimenticato il continuo mancato pagamento dell’Ici ed il ricatto
imposto all’attuale amministrazione comunale per non pagare gli interessi sulla
cifra da versare (da 13 milioni di euro si è passati ad 8 milioni). Non abbiamo
dimenticato, e non abbiamo intenzione di farlo, l’inquinamento senza precedenti
prodotto consapevolmente e senza riguardo alcuno per la dignità umana dal 1961
ad oggi. Non abbiamo dimenticato i tanti ammalati di Taranto e provincia. E non
solo quelli colpiti dalle varie forma di tumore: ci riferiamo ad esempio alle
donne affette da endometriosi, patologia poco nota, ma molto diffusa in loco. Ci
riferiamo alle tante donne e ai tanti uomini colpiti da infertilità. Come non
abbiamo dimenticato le migliaia di morti, tra parenti, amici e conoscenti,
disseminati negli ultimi 50 anni e che ognuno di noi porta in fondo al cuore. E
i tanti giovani andati via da questa città e che mai più torneranno. 

Non abbiamo
dimenticato il vescovo  Benigno Papa. In una delle sue
ultime uscite ufficiali prima del passaggio di consegna al collega Filippo
Santoro. 

Nella rivista IL PONTE (edita da Riva) e distribuita fra i
dipendenti e gli enti del territorio,  si può ammirare
un’intervista di tre pagine nelle quali il prelato tesse le lodi della famiglia
Riva. Neanche un riferimento al disastro ecologico o al quartiere Tamburi. Non
una parola sulle numerose denunce dei cittadini. Insomma uno spot per chi
inquina. Se poi, in occasione della festività di S. Cataldo, il marchio Ilva è
tra i primi a comparire in qualità di sponsor della manifestazione, diventa
difficile dar torto a chi ricordava che la dignità non si compra e che, i soldi
donati alla chiesa Gesù Divin Lavoratore per il rifacimento della facciata, non
erano che un obolo interessato. Lo hanno capito tutti, tranne monsignor Papa che
addirittura, in una lettera, ringraziò l’ingegner Riva a nome della comunità
(“Ho già scritto all’ing. Riva – scrisse l’Arcivescovo ai fedeli del quartiere –
per esprimergli la mia e vostra riconoscenza”). Parole che fecero inorridire i
cittadini dei Tamburi e non solo, così come l’accusa di ‘inquinamento morale’
che giunse pochi mesi dopo ai cittadini che scendevano in piazza per chiedere un
ambiente migliore. Inquinamento morale che, evidentemente, non riguarda i tanti
silenzi sul disastro ambientale o il Cataldus d’argento per il volontariato
consegnato al responsabile rapporti istituzionali dell’Ilva (siderurgico che era
 fra i finanziatori dell’iniziativa). Non abbiamo dimenticato le
morti bianche degli operai, assassinati nel siderurgico per una logica di
profitto a tutti i costi.

E
non abbiamo nemmeno dimenticato i tanti politicanti, sindacalisti, prenditori,
intellettuali e  personaggi da palcoscenico, che hanno sempre
saputo, ma hanno preferito coprire, tacere, ignorare, insabbiare.
 Noi non dimentichiamo. E non dimenticheremo. Mai.
 





http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2012/08/il-delirio-di-vendola-vietato-chiudere.html 



 

ILVA Taranto / legalità e
libertà, poggiano sull’equilibrio e 

sulla separazione dei poteri: il governo tra
caso AIA e 

nomine dubbie affossa la democrazia

mercoledì 15 agosto 2012 di Erasmo Venosi

La vicenda dell’Ilva e la paventata ipotesi di emanazione di un
decreto che sospenda l’ordinanza del GIP di Taranto, da il senso e la misura
della precarietà raggiunta della nostra democrazia e della teorica e strumentale
sovranità del popolo che, tale non è se non si accompagna all’effettiva
sovranità della legge. È insufficiente una Costituzione fatta di belle parole
come insufficienti sono le promulgazioni di leggi se è messa in discussione, una
prassi giudiziaria garante dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge.
Nella Democrazia reale la legge ha potere assoluto.
Negli Stati Uniti circa un decennio fa accadde un episodio, la cui
modalità di soluzione dimostra la differenza che intercorre tra astratte
garanzie scritte sulla Carta e la loro effettiva applicazione. La Microsoft di
Bill Gates, azienda essenziale per l’equilibrio dell’economia statunitense a
causa dell’enorme valore delle sue esportazioni fu denunciata e condannata per
violazione della legge antitrust. Il Principio di ogni vera democrazia che,
consente di proteggere legalità e quindi libertà, poggia sull’equilibrio e sulla
separazione dei poteri.
La vicenda Ilva e dello strumento che, avrebbe dovuto consentire
la riduzione integrata dell’inquinamento è emblematica e rappresentativa di come
sia tutelata la salute e l’ambiente in Italia. La fabbrica avrebbe dovuto
dotarsi di tecnologie a basso impatto da almeno un decennio e per effetto di
cogenti norme comunitarie e interne. Invece tra legge, decreti attuativi e
cavilli procedurali siamo arrivati alla situazione di oggi. Attenzione:
l’autorizzazione integrata ambientale quale strumento di gestione
dell’inquinamento determinato dal settore produttivo, riguarda circa 200
impianti di competenza statale e 8000 di competenza regionale sui quali grava un
colpevole silenzio. La vicenda della Commissione del Ministero dell’Ambiente per
la concessione delle AIA è emblematica per comprendere, la concezione che i
legislatori e il Governo hanno di questi importanti strumenti operativi.
La Commissione AIA nominata dal Governo Prodi, fu esautorata dal
Governo Berlusconi nel luglio del 2008. Il Ministro dell’Ambiente nominò una
nuova Commissione, in cui emergevano alcune caratteristiche “particolari” : il
presidente era un ingegnere laureatosi sei anni prima e che faceva il
ricercatore nella Università privata siciliana Kore di Enna: tra le sue
pubblicazioni più significative emergevano le “Potenzialità del ravaneto nella
tecnica delle costruzioni stradali” oltre a una pubblicazione sulla gestione dei
rifiuti urbani in Sicilia. Altro elemento che colpì, fu la presenza di tre
magistrati della terza sezione del Tar del Lazio sotto cui ricadono le
valutazioni sui ricorsi all’Aia. Relativamente all’Aia , mentre il Gruppo
Istruttore del Ministero dell’Ambiente nominato per Ilva ed esautorato nel 2008
era composto da tre ingegneri , un chimico e un medico . Il Gruppo della
Commissione nominata dal Ministro Prestigiacomo per l’Aia su Ilva aveva come
presidente l’Ing. Bonaventuura Lamacchia deputato per la lista Dini e poi Udeur
costretto alle dimissioni per condanne a 2 anni e 5 mesi. In seguito fu nominato
un nuovo gruppo Istruttore, composto da due ingegneri, un chimico e due
magistrati della terza sezione del Tar del Lazio, Stefano Castiglione e Umberto
Realfonzo come è possibile riscontrare nel decreto del Ministro dell’agosto
2011.
A me pare non proprio il massimo, affidare un’istruttoria tanto
complessa che comprende, una cokeria, un impianto di agglomerazione, un
altoforno, un’acciaieria, la produzione di laminati e di tubi e che occupa
un’area nella sola Città di Taranto, equivalente a un quadrato avente un lato
lungo 3 km a un gruppo tecnico che, su cinque commissari ne comprende due che
sono magistrati amministrativi ovvero totalmente ignari dell’oggetto della
istruttoria.
Oggi responsabili istituzionali, politici, sindacalisti e
giornalisti parlano e citano Ilva come la più grande azienda siderurgica
d’Europa di cui non se ne può fare a meno, ma nessuno di questi soggetti ha mai
aperto bocca sui patologici ritardi nella applicazione della normativa sull’Aia
, sulla distruzione della Commissione Aia insediata dal precedente Governo per
motivazioni clientelari (la maggioranza dei nuovi commissari erano siciliani
come il Ministro) e l’immissione di tre magistrati della terza sezione del Tar
del Lazio competente per la valutazione dei ricorsi all’Aia.
Nessuno si è mai interrogato sui potenziali rischi per una Città
che, ha dieci impianti a rischio di incidente rilevante. Criminale chi ha
concesso ripotenziamenti d’impianti, nuove centrali in una Città in emergenza
ambientale da venti anni. E ancora mi piacerebbe leggere dichiarazioni da parte
dei Bersani, di Casini, di Alfano e dell’incredibile tuttologo onnipresente ex
direttore generale del Ministero dell’Ambiente per sapere a che punto si
trovano, i circa 8200 procedimenti potenziali di Aia che rappresentano l’unico
strumento di tutela di quel bene primario e fondamentale che si chiama salute  

Quando questo Ministro “performante“ adempierà quanto disposto
dall’art 13 dell’ex dlgs 59 del 2005 istituendo l’Osservatorio IPPC
sull’applicazione comunitaria, nazionale e regionale della direttiva sull’Aia e
posto al servizio delle autorità competenti? Dall’istituzione dell’Osservatorio
discende l’obbligo per l’Autorità Competente di comunicare annualmente al
Ministero dell’Ambiente i dati concernenti, le domande di Aia ricevute, le
autorizzazioni rilasciate e i successivi aggiornamenti oltre che un rapporto
sulle situazioni di mancato rispetto delle prescrizioni dell’autorizzazione
integrata ambientale. Chissà egregio Ministro Clini se la vera ragione per la
mancata istituzione dell’Osservatorio non sia rappresentata da quanto prescrive
il quarto comma dell’art 13 dell’ex dlgs 59 del 2005 ? “ Al funzionamento
dell’osservatorio si provvede mediante le risorse umane, strumentali e
finanziarie in dotazione del Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio a legislazione vigente. Ai componenti dell’Osservatorio non spettano
compensi, ne’ rimborsi spese e gli stessi assicurano la partecipazione
nell’ambito delle attività istituzionali degli organismi di provenienza. In ogni
caso dall’attuazione del presente articolo non derivano oneri aggiuntivi a
carico dello Stato”.

TARANTO, DOMANI LA DECISIONE ILVA LA PROCURA PRONTA A TAGLIARE LA PRODUZIONE

22/08/2012 – TARANTO,
DOMANI LA DECISIONE.

Ilva, la procura pronta  a tagliare la
produzione


Un gruppo di dipendenti dell’llva presidia
davanti allo stabilimento di Taranto

Ieri un’altra ispezione dei
carabinieri nei reparti.
Acquisita nuova documentazione

GUIDO RUOTOLO
inviato a taranto

In una delle ultime pagine delle
motivazioni del Riesame, i giudici scrivono che non dipende certo da loro
definire il destino dell’Ilva. «Non è compito del Tribunale stabilire se e come
occorra intervenire nel ciclo produttivo o, semplicemente, se occorra fermare
gli impianti, trattandosi di decisione che dovrà necessariamente essere assunta
sulla base delle risoluzioni tecniche dei custodi-amministratori, vagliate
dall’Autorità giudiziaria: per questo lo spegnimento degli impianti rappresenta,
allo stato, solo una delle scelte tecniche possibili».

L’incontro Le
carte dell’inchiesta sono molto chiare, dunque. Tanto che è così che domani alle
10 il procuratore Franco Sebastio ha convocato i suoi sostituti, i custodi
giudiziari e gli uomini del Noe dei carabinieri. Un incontro, a questo punto,
operativo. E ancora ieri, custodi e Noe si sono un’altra volta presentati nei
reparti Acciaieria 1 e 2 per una ispezione, per acquisire
documentazione.
Domani, il vertice operativo potrebbe così decidere anche
se ridurre e di quanto la produzione di acciaio, in funzione di uno «stand by»
degli impianti, in attesa di definire il cronoprogramma di interventi necessari
alla messa in sicurezza degli stessi.
A questo punto, infatti, le
motivazioni del Riesame lasciano pochi dubbi sulla necessità di procedere con la
definizione degli interventi necessari, indicati già nel corso dell’incidente
probatorio, dai periti nominati dal gip.
A leggere con attenzione le
motivazioni, colpisce la «recidività» del gruppo dirigente e degli assetti
proprietari dell’acciaieria. E soprattutto la straordinaria denuncia, fatta
propria dai magistrati, del Noe dei carabinieri di Lecce, sulle emissioni
fuggitive, i fenomeni di «slopping»e quant’altro non funziona nell’Ilva.

Il rapporto dimenticato Quel rapporto del Noe arrivò anche al Ministero
dell’Ambiente prima che, nell’agosto scorso, fosse licenziata, dopo una
istruttoria di sette anni, l’Autorizzazione integrata ambientale, AIA, con le
sue quattrocento e passa prescrizioni. L’allora ministro Stefania Prestigiacomo
si è risentita per la denuncia del nostro giornale sul fatto che quel rapporto è
rimasto chiuso nel cassetto. In realtà, nelle prime pagine dell’AIA si riporta
un riferimento proprio al rapporto del Noe: «Considerato che al momento le
irregolarità segnalate dal Noe non rilevano ai fini del rilascio
dell’autorizzazione integrata ambientale ma incidono sulle attività degli enti
responsabili delle autorizzazioni di settore prima del rilascio dell’Aia cui
pure la nota del Noe è diretta, dopo il rilascio dell’ Aia potranno essere
disposti dal Ministero dell’Ambiente opportuni accertamenti onde verificare i
profili di irregolarità segnalati dal Noe ed eventualmente sottoporre a riesame
la presente autorizzazione integrata ambientale».




Qui a Taranto non
risultano che siano partiti gli «opportuni accertamenti» e forse il ministro
dell’Ambiente Clini potrà fornire ulteriori chiarimenti. Incomprensibile,
comunque, la valutazione che le «disfunzioni» segnalate dal Noe non mettono in
discussione l’elaborazione dell’AIA.





L’inferno in città Quelle
«disfunzioni» sono parte integrante dell’atto d’accusa dei giudici di
Taranto.

Un passaggio di quel rapporto del Noe è riportato nelle
motivazioni del Riesame: «Durante le ore notturne si ha l’impressione di
assistere ad esplosioni che liberano fumo e fiamme in grado di illuminare l’area
e i manufatti circostanti. La presenza di ostacoli fisici, quali le alte mura di
recinzione, in alcuni casi non hanno permesso di documentare le attività che
davano luogo alle emissioni in argomento, motivo per il quale si è proceduto ad
accedere al sito in questione, individuandolo nell’area gestione rottami ferrosi
(sequestrata anch’essa dal gip Todisco, ndr)».
La discarica Le immagini
delle telecamere poste all’esterno del perimetro dell’Ilva non consentono di
superare l’ostacolo rappresentato dalle mura, costringendo gli uomini del Noe a
procedere con il sopralluogo: “Nell’area scoperta estesa circa 30.000 mq,
denominata discarica paiole, è stato verificato che quelle che erano state
percepite come esplosioni erano, in realtà, “bagliori, fumo intenso e vapori”
prodotti dal ribaltimento delle paiole (contenitori metallici di circa 3 metri
cubi) contenenti le scorie liquide provenienti dall’acciaieria, con conseguente
sversamento sul terreno di scorie incandescenti”.
Tonnellate di polveri
Per fortuna che c’è l’AIA. Perché la vecchia istruttoria per ottenerla è un
«corpo di reato» importante. In che senso? Ecco quello che raccontano i giudici
del Riesame a proposito della situazione dell’area parchi minerari a proposito
di emissioni fuggitive o diffuse di polveri «derivanti dall’azione erosiva del
vento dei cumuli di materiale aggregato ivi depositato, dalla manipolazione dei
materiali solidi e dalla movimentazione stradale dei mezzi all’interno
dell’area».
«E’ lo stesso gestore dell’impianto, nella domanda per
l’ottenimento dell’Aia, ad effettuare una stima delle predette emissioni,
riferite alla capacità produttiva del 2005: quelle da erosione eolica dei cumuli
di stoccaggio materiale sono comprese tra le 6 e le 51 tonnellate annue, a
seconda delle diverse condizioni meteo; quelle da manipolazione dei materiali
solidi (cadute) ammontano addirittura a 668 tonnellate annue e quelle da
movimentazione stradale di mezzi all’interno sono pari a circa 24 tonnellate
annue. Totale, circa 700 tonnellate annue».
Quei parchi minerari vanno
coperti, secondo i periti. Ne vale della vita dei cittadini di Tamburi e di
Taranto centro.


Taranto crisi Ilva

Ilva Taranto: la nuova AIA entro settembre? Non siamo tranquilli!

martedì 21 agosto 2012 di Erasmo Venosi





 



Le dichiarazioni del titolare del
dicastero dell’ambiente sulla
nuova Aia all’Ilva che, sarà concessa entro il 30 di settembre non consente di
essere tranquilli e nemmeno ottimisti sulla vicenda dell’Ilva . Il Ministro
afferma “ sappiamo cosa bisogna fare, si tratta solo di decidere quali sono gli
interventi fattibili” e ancora più chiaro, sulle prescrizioni Aia “ più secca e
con molto meno prescrizioni”. Sconfessate gran parte delle 462 prescrizioni
rilasciate con l’Aia dell’agosto 2011. Ma c’è di più. A noi sembra che intorno
alla nuova Aia, da confezionare in 40 giorni ci sia solo tanto, ma tantissimo
fumo, e null’altro

Ilva sa benissimo le cose che deve fare e a tal fine ha
sottoscritto, con Regione, Provincia , Comuni e Ministeri dell’Ambiente, dello
Sviluppo , della Salute molti Atti d’Intesa:
1) in data 8 gennaio 2003 avente ad oggetto gli “Interventi per il
miglioramento dell’impatto ambientale dello stabilimento ILVA di Taranto;
2) in data 27 febbraio 2004 , avente ad oggetto gli “Interventi
per il miglioramento dell’impatto ambientale dello stabilimento ILVA di
Taranto”, con cui l’ azienda si impegnava a presentare un documento contenente
le prime indicazioni delle aree di intervento interessate dall’adeguamento alle
BAT, anche con riferimento alle migliori tecniche disponibili relative alla
produzione e lavorazione dei metalli ferrosi contenute nei documenti comunitari
di settore e nelle linea guida nazionali;
3) in data 15 dicembre 2004, avente ad oggetto gli “Interventi per
il miglioramento dell’impatto ambientale derivante dallo stabilimento ILVA di
Taranto”, che confermava, in particolare, l’impegno assunto nei due precedenti
Atti di Intesa a presentare, entro 9 mesi dall’entrata in vigore del Decreto
Ministeriale di emanazione delle linee guida per l’individuazione e
l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili per il settore siderurgico,
il “Piano di adeguamento, ove necessario, degli impianti esistenti dello
stabilimento di Taranto, alle migliori tecniche disponibili”;il documento
contenente le prime indicazioni delle aree di intervento interessate
dall’adeguamento alle B.A.T (migliori tecnologie disponibili) , presentato da
ILVA, in data 21/04/2004, alla Direzione generale per la salvaguardia ambientale
del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio (DGSAMATT), competente
in materia di Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), per consentire ad essa
di anticipare l’avvio delle relative azioni istruttorie; il “Piano di interventi
per l’adeguamento dello stabilimento alle Linee Guida BAT”, inviato da ILVA, in
data 19/07/2005, alla DGSAMATT e predisposto, secondo gli impegni assunti con
l’Atto di Intesa 15/12/2004, conformemente alle emanate Linee Guida di cui al
D.M. 31/01/2005, pubblicato sulla G.U. 13/06/2006, n. 135; l’Atto d’Intesa
integrativo dei precedenti , stipulato il 23 ottobre 2006 con cui l’Azienda,
confermando gli impegni assunti con i precedenti Atti d’Intesa, prevedeva
ulteriori attività finalizzate, all’identificazione delle principali sorgenti
emissive di polveri pesanti e alla rilevazione dell’eventuale presenza di
diossine o furani nei fumi dell’impianto di agglomerazione.
Inoltre fu istituita nel novembre 2005 la Segreteria Tecnica di
supporto alla DGSAMATT per l’esame delle problematiche riguardanti l’attuazione
degli adeguamenti degli impianti esistenti dello stabilimento ILVA alle migliori
tecniche disponibili (BAT) di cui agli Atti d’Intesa citati. La Segreteria
Tecnica formulò delle raccomandazioni al “Piano d’interventi per l’adeguamento
dello stabilimento alle Linee Guida BAT”, presentato da ILVA nell’aprile 2006 e
che riguardavano il ciclo acque, il ciclo rifiuti, i residui, i sottoprodotti, i
gas siderurgici e le emissioni in atmosfera, nonché una dettagliata indicazione
degli interventi di adeguamento e relativi cronoprogrammi di attuazione,
comprese le stime dei costi.
Altro “fumo mediatico” che si apprende dei giornali sarebbe il
coinvolgimento dell’Istituto Superiore di Sanità, della segreteria tecnica del
Ministero e della delegata del ministero per le Bat in UE. Quest’ultima davvero
sembra la “ciliegina sulla torta”, buona peri media, giacché è un soggetto che
partecipa unicamente all’analisi dei Brefs che ripetiamo, sono solo documenti di
riferimento per la redazione di Linee Guida Nazionali e tutti noti a chi fa
istruttorie di Aia . Tutte le “partecipazioni” oggi declamate dal Ministro erano
tutte previste nell’Accordo di Programma (AdP) sottoscritto l’11 aprile 2008 :
fu istituito con l’AdP, un Comitato di Coordinamento con rappresentanti del
Ministero dell’interno, del Ministero della salute, del Ministero dello sviluppo
economico che doveva avvalersi di Ispra (Istituto Superiore Protezione Ricerca
Ambiente ) e di esperti provenienti da enti di ricerca o altri organismi, quali
il CNR (Consiglio Nazionale Ricerche) , l’ISPESL (Istituto Superiore Prevenzione
Sicurezza Lavoro) , l’ISS (Istituto Superiore Sanità) , l’ENEA e l’ASL
territorialmente competente. Ilva nel Piano di Interventi per l’adeguamento alle
Bat ha anche quantificato il costo degli interventi e parliamo del 2007 e con
insufficienza di analisi delle problematiche: “L’ammontare complessivo, pari a
472 milioni di euro” (altro che i 146 milioni offerti!!!) per 64 proposte che
riguardano la cokeria, l’agglomerato, gli altiforni, le acciaierie, i laminatoio
a caldo, i tubifici , i rivestimenti, lo stoccaggio materie prime. Proposte che
furono contestate puntualmente dalle osservazioni dei comitati ambientalisti e
definiti in parte , come interventi per manutenzione, rifacimenti, adeguamenti
tecnologici per produttività e qualità.
Addirittura nel marzo 2008 fu presentata la documentazione
dell’utilizzo nel ciclo di produzione della ghisa del famigerato pet coke e del
catrame di cokeria come sostitutivo del carbon fossile in percentuali del 5
-10%. Tutto quello che s’ha da fare è conosciuto da Ilva e dalle Istituzioni e
appaiono pertanto preoccupanti le letture, divagatorie e riduttive del Ministero
che afferma di auspicare un’Aia concentrata su “monitoraggio, emissioni
fuggitive ossia non convogliate degli impianti a caldo e il parcogeominerario”
ma con interventi nei confronti di quest’ultimo selezionati perché “sono
stoccati materiali molto diversi con differenti rischi di polverosità” insomma
scordatevi che il parco di stoccaggio dei minerali sia completamente coperto
benché sia , una richiesta che emerge anche nelle perizie. A questo punto vista
che per il Ministero dell’Ambiente , pare insufficiente la mole di documenti,
verifiche, segreterie tecniche, atti d’intesa e proposte che da almeno un
decennio riguardano gli interventi su Ilva propongo di far intervenire gli
esperti del Ministero che sono intervenuti in Cina. Bisogna sapere che il
Ministro Clini nel 2005 è stato assegnatario da parte del Governo cinese e come
riconoscimento per la cooperazione italiana nel settore ambientale in Cina,
dell’importante “Premio Internazionale per la Scienza e la Tecnologia”.
In verità molti italiani non sanno che il Ministero dell’Ambiente
italiano, dall’anno 2000 ha sviluppato in Cina 57 linee progettuali,
cofinanziando progetti ambientali per un primo importo paria 108 milioni di euro
e un secondo programma dal costo stimato di 190 milioni di euro. Il nome di
alcuni progetti suona davvero come una nemesi storica per la Città di Taranto e
non solo : “ il monitoraggio e la gestione della qualità dell’aria nelle città
cinesi “, “ Protezione e conservazione delle risorse idriche” e che riguarda la
maggiore fonte di approvvigionamento di Pechino il Miyun Reservoir, la
Prevenzione e il controllo dell’inquinamento atmosferico (..monitoraggio
sorgenti inquinanti nell’area urbana di Shangai), “ Elaborazione Programma per
l’eliminazione delle sostanze chimiche controllate dalla Convenzione ONU sulle
sostanze organiche persistenti” (..insomma i PCB , diossine e furani..in Cina
però!!) e il “ China CDM Study Project” un progetto che ha consentito la messa a
punto di una metodologia nei due settori chiave dell’economia cinese la
SIDERURGIA e l’edilizia .Tratteremo compitamente in un prossimo articolo della
“triade della nuova Aia “: monitoraggio, emissioni fuggitive e parco
geominerario ma anche dell’uso del pet coke e del catrame di cokeria.

http://www.agoramagazine.it/agora/spip.php?article30801 


Sunto campagna
straordinaria di caratterizzazione IPA vento selettiva nel comune di
Taranto.

Campagna straordinaria di caratterizzazione IPA
vento selettiva a Taranto


Taranto, 05/07/2011 – ARPA Puglia ha realizzato una campagna
straordinaria di caratterizzazione
IPA vento selettiva nel comune di
Taranto. Si pubblicano i primi rapporti
di prova
 relativi al sito Peyrani, situato tra ILVA e la raffineria. Si
evince che la concentrazione di benzo(a)pirene sottovento nei pressi
di ILVA è pari a 4.46 ng/m3, molto più alta di quella sopravento (0.06) e di
quella con calma di vento (0.27). Se ne deduce il contributo praticamente
esclusivo di ILVA. Per le diossine i valori più alti si registrano nella
cartuccia associata alla calma di vento (64 fg TEQ/m3) rispetto ai valori
sottovento (44 fg TEQ/m3), che comunque sono tre volte più alti dei valori
sopravento (13 fg TEQ/m3). Si tratta peraltro di valori assoluti di diossine non
elevati. Nessuna differenza tra i valori di PCB nelle tre cartucce, valori
comunque in assoluto molto contenuti.

05/07/11

L’Ilva inquina senza controllo

Gianni Lannes   

Ilva a Taranto

Verdi e Legambiente denunciano le emissioni di diossina del
complesso industriale.
Lo scorso giugno l’udienza per “disastro e
avvelenamento”. 
Il Presidente della Regione Vendola non si è costituito
parte civile.
Regione Puglia? o Regione Ilva? Affari sulla pelle di 4 milioni
e 200 mila persone?
A Taranto – la città più degradata d’Europa – si scrive
AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale), ma si legge
nullaosta ad un’acciaieria per inquinare ancora e di più”. 
E però, per il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del
Mare Stefania Prestigiacomo , il Governatore Nichi
Vendola
(con il suo Assessore all’Ambiente Lorenzo
Nicastro
), il Sindaco della città Ippazio Stefano, e
il Presidente della Provincia Gianni Florido, è tutto a posto.
L’ autorizzazione integrata ambientale è una patente europea che
certifica l’abbattimento delle emissioni inquinanti. Insomma,
l’inquinamento è a norma di legge. Secondo gli abitanti di
Taranto, si minimizza, o, in alternativa, si fa finta di nulla.
Avanti con
diossine, benzopirene, ipa, biossido di carbonio e miscele di altri pericolosi
composti chimici.
I dati dell’ INES (Inventario Nazionale
delle Emissioni e delle loro Sorgenti), attestano che « il 92% delle
diossina
» fuoriesce proprio da questo complesso industriale
Ilva

Sette chilogrammi a testa: tre volte
Seveso

Storia di emissioni industriali e di omissioni
istituzionali e, come spesso accade qui in Puglia, su materie incandescenti, la
delibera regionale -ovvero un atto pubblico- è attualmente
sottoposta a segreto.

Per ottenere l’AIA è obbligatorio
dichiarare quante e quali emissioni cancerogene vengono prodotte
.
L’Ilva lo nega: è un segreto industriale.  

Il pluricondannato e pregiudicato patron Emilio Riva, interdetto dai
pubblici uffici, ringrazia la Regione Puglia, che prontamente ha autorizzato una
terza centrale termoelettrica da 600 megawatt. 
Una fetta consistente della Puglia muore? Basta negare le evidenze. “A
Taranto non c’è emergenza
” ripete il Presidente Vendola. 
Secondo
l’Organizzazione Mondiale per la Sanità, invece, « è un’area a
gravissimo rischio ambientale
». 
Il 23 aprile 1998 un decreto del
Presidente della Repubblica aveva dichiarato « Taranto città ad alto
rischio ambientale
».
Se la Regione plaude all’accordo raggiunto
(l’Autorizzazione Integrata Ambientale che il 5 luglio scorso il Ministero
dell’Ambiente ha concesso all’Ilva ), i Verdi e Legambiente definiscono
il documento un arretramento o, per dirla con il parlamentare
Angelo Bonelli , “ uno schiaffo a Taranto ”. 
Legambiente sostiene
che la “ nuova autorizzazione è peggiore della precedente rispetto al
sistema di monitoraggio delle emissioni, dei controlli sugli scarichi idrici, al
monitoraggio continuo di benzene e polveri
” e conclude, come i Verdi, che
aver concesso una capacità produttiva di 15 milioni di tonnellate annue di
acciaio significa aver dato il via libera all’aumento dell’inquinamento
”.
Senza l’Aia si chiuderebbe la baracca e non si intascherebbe il miliardo di euro
comunitario.
L’Ilva in riva allo Ionio vanta altri primati: il 95 per
cento della produzione nazionale dei Pcb
(fonte Ispra) e ben 137 mila nanogrammi di
benzoapirene
(il valore-soglia per persona è di un nanogrammo)
respirati dagli operai. I numeri ufficiali lasciano senza fiato: la
mortalità generale supera del 17 per cento quella della media
regionale
L’ Istituto Superiore di Sanità
ammette che gli studi descrivono «un quadro di mortalità
compromesso. I numerosi inquinanti atmosferici, particolato e gassosi,
sono causa degli eccessi». 
Le indagini scientifiche più recenti condotte dal
Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), a firma di Maria Angela Vigotti
dell’Università di Pisa, raccontano che a Taranto si muore e ci si ammala sempre
più. La situazione peggiora e i tumori aumentano a dismisura. 
In barba alla
Convenzione di Aarhus, che regola l’accesso all’informazione e
partecipazione dei cittadini in tema di giustizia ambientale, “sono state
escluse dal confronto, le associazioni ambientaliste denunciano il rischio di un
accordo al ribasso sull’inquinamento
”, rivela il Verde Gregorio Mariggiò. “
 
La settimana scorsa il Noe di Lecce ha chiesto il sequestro di alcuni
impianti ed i report dell’
Arpa dimostrano il superamento dei limiti di
diossina nell’aria. Insomma una tale concessione è proprio inopportuna

”.
Venerdì 24 giugno c’è stata l’udienza a porte chiuse per disastro colposo
all’Ilva presso il tribunale di Taranto. Gli enti locali non si
sono costituiti parte civile. 
Ecco i capi d’imputazione: « Disastro
colposo e doloso
, avvelenamento di sostanze
alimentari
, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni
sul lavoro
, danneggiamento aggravato di beni pubblici,
getto e sversamento di sostanze pericolose,
inquinamento atmosferico sono i reati per i quali sono indagati
Emilio Riva, 84 anni, Presidente dell’Ilva spa sino al 19 maggio 2009, Nicola
Riva , 52 anni, direttore dello stabilimento Ilva dal 20 maggio 2009, Luigi
Capogrosso , 55 anni, direttore dello stabilimento Ilva, Ivan Di Maggio, 41
anni, dirigente capo area del reparto cokerie, Angelo Cavallo, 42 anni, capo
area del reparto Agglomerato». 
Come parti lese, sono state identificate il
Ministero dell’Ambiente, la Provincia di Taranto, la Regione Puglia, e nove
allevatori che furono costretti ad abbattere i loro capi di bestiame, risultati
contaminati dalla diossina. Il Governatore Vendola non si è costituito parte
civile. 
I rapporti sanitari occultati per anni dall’azienda sanitaria locale
parlano chiaro: «Taranto sconta anni di mancata esecuzione di controlli,
sopralluoghi e rilevamenti prescritti dalla legge». 
Le perizie giudiziarie
documentano «lo sprigionamento continuo e incontrollabile di emissioni gassose e
fiamme oltre alla dispersione di migliaia di tonnellate all’anno di sostanze
nocive, con grave impatto ambientale nel territorio interessato e gravi danni
alla salute».

Novembre 2010. «Saranno 30.000 le copie che verranno distribuite a tutte le
famiglie dei dipendenti dell’Ilva, alle istituzioni e alla società civile
tarantina» scrive Emilio Riva nell’editoriale della rivista ‘ Il Ponte ’ edita
dalla stessa Ilva. Il patron rivolge il suo saluto alla città presentandosi con
uno slogan: “
Non sono un capitalista, ma un imprenditore ”. La rivista
viene proposta come ‘luogo’ per approfondire temi di attualità, raccogliere
interviste e testimonianze.

La prima ‘testimonianza’ è quella del Governatore
Vendola. Parla di svolte epocali, di amore e ‘pensiero lungo’, lungo e duraturo,
come i veleni immessi nell’aria di Taranto dall’Ilva ” affermano ora
i maligni. Vendola parla di “ terze vie ” e “ sviluppo sostenibile
e armonico
”, dice che “ La sfida dell’ambiente è riuscire a
coniugare nuovo sviluppo industriale con la tutela dell’ambiente

Proprio quello che dicevo prima, parlando di collaborazione e coordinamento
fra protagonisti del mondo economico, politico e della società covile … a
Taranto si sta realizzando dando buoni risultati … Dal mio primo incontro con
l’ing. Riva sono cambiate molte cose
”.
Il 23 novembre 2010 Vendola è in
prima fila per assistere alla presentazione del Rapporto 2010 su “ Ambiente
e sicurezza
” realizzato dall’Ilva. 
Un documento patinato dove il
Governatore appare a più riprese: a pagina 8, in compagnia del vescovo e del
ministro Prestigiacomo; a pag. 9, al tavolo con i dirigenti dell’acciaieria; a
pagina 10, mentre preme un pulsante di fronte ad operai plaudenti. E’ lo stesso
Vendola, che in una pagina spot, dove il suo santino figura in compagnia di
Fabio Riva e di Emma Marcegaglia, afferma: “ Chiesi ad Emilio Riva, nel mio
primo incontro con lui, se fosse credente, perché
al centro della nostra
conversazione ci sarebbe stato il diritto alla vita ”.
Il camino E312
dell’Ilva vomita veleni radioattivi, e se sei un abitante del quartiere Tamburi,
o un allevatore con le pecore che pascolano in prossimità del più grande
siderurgico d’Europa, o un allevatore di cozze contaminate, “ effettivamente
la fede potrebbe aiutare! ”
commentavano i soliti maligni lo scorso 24
giugno fuori dal Tribunale di Taranto.
Non è piaciuta, qui, la decisione del
Governatore di non costituirsi parte civile nel procedimento, anche perché, a 7
mesi di distanza dagli ‘auspici’ espressi da Vendola, i Carabinieri del N.O.E
(Nucleo Operativo Ecologico) hanno chiesto il sequestro degli impianti dell’Ilva
.
La richiesta è scaturita dagli accertamenti effettuati dal N.O.E. sulla
qualità dell’aria. 
Per i Carabinieri gli impianti dell’Ilva vanno
sequestrati per 
 
Questo mentre il Governatore, omettendo i fatti, da una
parte esaltava la ‘famigerata’ legge-antidiossina come “ un modello
internazionale ”, dall’altra, a febbraio 2010, firmava, con il Presidente del
Consiglio Silvio Berlusconi e l’imprenditore Riva, un
protocollo per ritoccare la legge appena promulgata.
La legge in questione,
alla quale la Regione era stata ‘costretta’ dai movimenti popolari, risaliva
appena al 19 dicembre 2008. La normativa che prevedeva il limite di 0,4
nanogrammi per metro cubo a partire dal 31 dicembre 2010, nonché l’abbattimento
delle emissioni a 2,5 nanogrammi a far data dal primo aprile 2009. 
A seguito
dell’accordo del febbraio 2010 la Regione Puglia vara un’altra legge per
interpretare la prima e svuotarla di significato. Sparisce il campionamento
continuo. I controlli non saranno più in continuo ma diluiti in tre fasi ogni
anno, a settimane alterne e solo per le otto ore diurne.
Il Rapporto
Ambiente e Sicurezza dell’Ilva 2010, presentato lo scorso 23 novembre, ha
suscitato le critiche di svariate associazioni, da Legambiente, a Taranto
libera, a Peacelink e Altamarea. 
Alessandro Marescotti, Presidente di
PeaceLink, ha affermato che “i polmoni dei cittadini di Taranto conoscono il
‘Rapporto Ambiente’ dell’Ilva per consumata e quotidiana esperienza”. 
Alla
cerimonia hanno preso parte il Presidente Vendola, il Presidente di
Confindustria Emma Marcegaglia e tutte le istituzioni locali a partire dal
Presidente della Provincia Gianni Florido e dal Sindaco di Taranto Ippazio
Stefano.



“Gli investimenti, i risultati, gli obiettivi raccontati e
certificati all’interno del Rapporto rappresentano un chiaro esempio del nostro
impegno per la salvaguardia dell’ambiente e per la tutela della sicurezza e
della salute nei luoghi di lavoro”
, è stato il messaggio lanciato da Fabio
Riva, figlio e vicepresidente del Gruppo diretto da Emilio. La numero uno di
Confindustria Emma Marcegaglia plaude pubblicamente al nuovo impegno in difesa
dell’ambiente dei proprietari del colosso industriale del capoluogo jonico .
“A me sembra che il Gruppo Riva” , ha dichiarato in quella occasione
Emma Marcegaglia “ abbia fatto sforzi importanti per limitare le emissioni
cancerogene del più grande impianto industriale d’Italia, che dà lavoro a 12mila
tarantini e produce il 75 percento del Pil di Taranto. E di questi sforzi va
dato atto ”
.

Critiche le posizioni di Legambiente e di Taranto libera:
“ L’Ilva, nonostante i suoi dichiarati sforzi per l’ambientalizzazione,
emette il 98% del benzo(a)pirene rilevato. Non crediamo sia lecito, quindi,
considerarci estremisti quando invitiamo le autorità competenti a provvedere al
fermo degli impianti ”
hanno dichiarato. “Ad Emma Marcegaglia diciamo,
invece che la riconversione industriale, la progettazione di nuovi scenari
economici e lavorativi per Taranto, non solo rappresentano una necessità per
questa città data l’estrema incertezza del mercato dell’acciaio, ma anche una
grande opportunità per la definizione di nuove politiche di sviluppo
sostenibile”
, evidenziando la posizione scomoda della Presidente
Marcegaglia: “monopolista in Puglia di discariche ed inceneritori illegali,
grazie a Vendola”
.
Marescotti dice che “il Rapporto Ambiente e
Sicurezza dell’ILVA costa quanto il campionatore continuo della diossina che
l’azienda non vuole installare , venendo meno a un obbligo di legge. Viene
presentato, mentre in parallelo l’azienda non collabora con l’Arpa per il
monitoraggio diagnostico degli idrocarburi policiclici aromatici (IPA),
negandosi ai controlli interni con tecnologie ad alta risoluzione temporale che
potrebbero verificare in tempo reale le emissioni di questi pericolosi
cancerogeni”
Aggiunge poi Marescotti: “ Il Rapporto arriva poche
settimane dopo il ‘provvidenziale’decreto legislativo 155/2010 del Governo, già
definitosalva-Ilva perché sospende fino al
2013 il tetto per il benzo(a)pirene cancerogeno sistematicamente sforato nel
quartiere Tamburi e che doveva essere rispettato fin dal 1999”
. Ma anche a
pochi giorni dall’avvio dell’incidente probatorio nell’ambito del procedimento
penale n. 4868/10 RGNR della Procura di Taranto nei confronti di Emilio Riva,
Nicola Riva, Luigi Capogrosso, Ivan Dimaggio e Angelo Cavallo, indagati in
relazione alle ipotesi di reato di disastro doloso (art. 434 codice penale) e
omissione dolosa di cautele (437 codice penale). Inoltre sono stati ipotizzati i
reati di getto e sversamento di sostanze pericolose.

martedì 28 giugno 2011

AIA aia
aia!!!

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Fumi dall’Ilva spuntano ombre
sull’autorizzazione
di
MIMMO MAZZA (GdM)

TARANTO
– Getta un’ombra pesantissima sulla procedura di rilascio dell’Autorizzazione
integrata ambientale (Aia) all’Ilva l’inchiesta avviata dai carabinieri del Noe
di Lecce e culminata nei giorni scorsi con la consegna di un dettagliato
rapporto alla Procura. I militari hanno concentrato le loro attenzioni sulle
nuvole rossastre che periodicamente vengono sprigionate dallo stabilimento
siderurgico, sulle torce delle due acciaierie, inserite stabilmente nel circuito
produttivo e dunque non utilizzate per situazioni di emergenza, e sulla gestione
dei rottami ferrosi.

Tra gli atti acquisiti dai carabinieri del Nucleo
operativo ecologico c’è il parere istruttorio conclusivo della Commissione per
l’Aia, parere nel quale le emissioni diffuse derivanti dal taglio rottame
vengono liquidate come «poco significative» mentre la combustione del gas di
scarto, convogliate nelle torce, viene invece definita come «emissione diffusa».
Trattandosi di ben cento milioni di metri cubi l’anno di gas sfogato per ogni
torcia, i carabinieri la definiscono invece come una emissione puntuale e dunque
allo stato non autorizzata, sottolineando come in una lettera del 21 aprile
scorso il Ministero dell’Ambiente abbia chiesto informazioni circa i punti di
emissione in aria e la gestione delle torce dello stabilimento proprio al fine
di «valutare la necessità di avviare il riesame dell’Aia ed evitare che
l’esercizio delle torce avvenga al di fuori dell’autorizzazione».
I
carabinieri del Noe di Lecce contestano al direttore dello stabilimento Ilva,
Luigi Capogrosso, 56enne di Manduria, e ad una persona il cui nome è per ora
coperto da omissis, il getto pericoloso di cose, l’incenerimento di rifiuti
gassosi derivanti dalle acciaierie tramite impianti sprovvisti di autorizzazione
e le emissioni non autorizzate in atmosfera provenienti dalle acciaierie. Le
contestazioni riguardano l’inchiesta dei militari del Nucleo operativo ecologico
confluita venerdì scorso, almeno per la parte riguardante Capogrosso, negli atti
dell’incidente probatorio disposto dal gip Patrizia Todisco, su richiesta del
procuratore capo Franco Sebastio, dell’aggiunto Pietro Argentino e del sostituto
Mariano Buccoliero, sulle emissioni del siderurgico del gruppo Riva, inchiesta
che secondo i carabinieri diretti dal capitano Nicola Candido dovrebbe portare
all’emissione di un provvedimento cautelare reale (ovvero al sequestro) nei
confronti degli impianti ritenuti responsabili delle emissioni, sequestro al
vaglio della Procura che d’altronde proprio chiedendo l’incidente probatorio non
aveva nascosto la possibilità di chiedere provvedimenti importanti nei confronti
dell’Ilva.
Nel primo rapporto inviato a gennaio alla Procura, i carabinieri
sottolineano come «da entrambe le acciaierie (la uno e la due), si sprigionava
in più occasioni una intensa e voluminosa nube rossa» e che l’uso delle torce
sia sistematico e non legato a situazioni di emergenza. Secondo i militari, si
tratta di due fenomeni che si verificano in maniera non episodica o
accidentale.

I
piatti di lenticchie per gli amici

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Chiesa e Politecnico al desco di Riva …e se tra gli altri vengono fuori
anche i nomi dei giornalisti? Scriveranno loro stessi l’articolo? Quanto si
saprà delle carte che scoperchiano il calderone Taranto?
 

Casse di vino, fiori o contanti L’elenco dei
regali fatti dall’Ilva

L’attività di lobby dell’azienda siderurgica, il ruolo di Girolamo Archinà,
capo delle relazioni pubbliche

TARANTO – Due pagine, ottanta righe. Ogni riga una data, un
nome e una cifra (GUARDA IL DOCUMENTO). C’è la parrocchia dei Santissimi
Angeli Custodi (2.500 euro il 19 ottobre 2010), c’è l’Unione italiana per il
trasporto degli ammalati a Lourdes (5.000 euro il 23 luglio 2010), compare la
Banda municipale del Comune di Crispiano (2.750 euro, il 31 dicembre del 2010),
il Lions Club locale (2.500 euro il 15 giugno del 2011), piccole società
sportive come la Okinawa karate (4.000 euro il 31 maggio 2011) o la Triton
Taranto che si occupa di football (2.000 euro il 30 giugno 2011) o
un’associazione tarantina di pattinatori (2.000 euro il 31 luglio del 2011). E
poi società per azioni, aziende informatiche, il Politecnico di Bari, centri
culturali, un comitato per un non meglio precisato festeggiamento, anche un
omaggio floreale da 50 euro, il 5 aprile del 2011.



Lo stabilimento siderurgico (Ansa/Ingenito)Lo
stabilimento siderurgico (Ansa/Ingenito)

GLI OMAGGI – Eccola
qui la lista Ilva degli «omaggi e regalie» 2010-2011. Soldi regalati a questo o
quello oppure spesi per comprare pacchi dono. Gesti che non comportano alcun
reato, ma che secondo la Guardia di finanza indicano quanto elevato fosse il
budget a disposizione di Girolamo Archinà, il capo delle relazioni pubbliche
dell’azienda accusato di fare pressioni sulle istituzioni per favorire in ogni
modo l’acciaieria. E la lista indica anche quanto estesa fosse la rete di
contatti «sociali» dell’Ilva nel territorio. 


LA RETE – L’elenco è stato
consegnato agli inquirenti da Francesco Cinieri, dal 1986 responsabile della
contabilità dello stabilimento siderurgico. Secondo i magistrati in quella lista
di donazioni e acquisti di regali per amici e giornalisti, è stata
contabilizzata come «spese di direzione» anche la mazzetta da diecimila euro che
Archinà avrebbe pagato al consulente tecnico della procura, Lorenzo Liberti,
perché «addolcisse» le sue considerazioni sull’inquinamento. Circostanza che
Liberti (filmato mentre ritira una busta da Archinà) nega («conteneva il testo
di un accordo-quadro»). Nelle carte contabili dell’Ilva c’è un documento di due
righe (anche quello consegnato ai finanzieri da Cinieri) allegato ad una delle
informative del caso giudiziario. È un foglio con il quale Archinà chiede a
Cinieri di «predisporre 10 mila euro da utilizzare per offerta alla Chiesa di
Taranto in occasione della Pasqua». La data è del 25 marzo 2010, lo scambio
della presunta mazzetta avviene il giorno dopo e anche se lo stesso arcivescovo
conferma la donazione, secondo i finanzieri quelle due righe sono il sotterfugio
usato da Archinà per giustificare il prelievo dei soldi e nasconderne il vero
motivo. 

LE EROGAZIONI – Sentito come testimone, Cinieri dice: «posso pensare che
la somma che mi fu richiesta, essendo periodo pasquale, potesse essere
consegnata all’Arcivescovato». Per aggiungere poi che «almeno una volta
all’anno, o a Natale o a Pasqua, viene fatta una erogazione, anche se per cifre
che normalmente non superano i 5.000 euro. Se non erro non è mai avvenuto che ne
sia stata fatta una da 10.000 euro». I magistrati lo convocano il 25 novembre
scorso. Lui spiega come recuperò frettolosamente i 10.000 euro che Archinà
voleva subito (prima di partire per l’incontro con Liberti) e poi dice che in
ufficio ha quel che serve per dimostrare come finiscono in bilancio le spese del
capitolo «omaggi e regalie». Il verbale viene interrotto e i finanzieri vanno
assieme a lui negli uffici della direzione Ilva. Cinieri passa in rassegna i
file del computer e stampa le due pagine dell’argomento. «Ecco» spiega. «Se la
descrizione del beneficiario è ben specificata è perché da loro stessi è
arrivata una richiesta formale. E in quel caso l’erogazione avviene tramite
bonifico o assegno circolare non trasferibile». Ma c’è una seconda opzione. «Se
la descrizione del beneficiario non è specificata – racconta il contabile –
allora si tratta di uscite di cassa per contanti e significa che non c’è una
richiesta preventiva ma che la richiesta avviene direttamente dalla direzione,
per questo la causale è “spese di direzione”». Proprio come quella spesa di 10
mila euro registrata lo stesso giorno della presunta bustarella. O come un’altra
dazione, per la stessa cifra, contabilizzata il 14 aprile 2011 come «erogazione
della direzione». Sospetta come la prima, secondo gli inquirenti.

IL CASO
Fra i nomi delle società del capitolo «omaggi e regalie» dell’Ilva ce n’è
una, la Semat Spa, che vanta le cifre più alte: da un minimo di 1.286 euro a un
massimo di 64.341. Ovviamente le cifre accanto ai nomi non significano sempre
che si sia trattato di una donazione. In alcuni casi, per esempio con la
«D’Erchie Srl» (un’azienda che produce olio d’oliva) e la «Longo, un mondo di
specialità» (vini e prodotti alimentari) le migliaia di euro accanto al nome
indicano le spese sostenute per i pacchi-regalo di fine anno, moltissimi ai
giornalisti. La cifra più piccola 72.69 euro, la più alta 8.400.

Giusi
Fasano – Corriere della Sera
   

Soldi e casse di
champagne per amici, preti e giornalisti
 

TARANTO – C’è la banda di Crispiano e la parrocchia
Santi Angeli Custodi di Taranto. Il Lions club di Taranto e il Politecnico di
Bari. Tutti inseriti, insieme a società sportive, comitati festeggiamenti ma
anche due note enoteche dalle quali partivano casse di champagne per giornalisti
e rappresentanti delle istituzioni ogni fine anno, nelle due pagine della voce
«omaggi e regalie» del bilancio dell’Ilva finite nell’inchiesta della Guardia di
Finanza per corruzione in atti giudiziari che vede indagati a piede libero il
vicepresidente del gruppo, Fabio Riva; l’ex direttore dello stabilimento
siderurgico, Luigi Capogrosso; l’ex consulente dell’Ilva per l’ecologia e i
rapporti istituzionali, Girolamo Archinà e l’ex consulente della Procura di
Taranto, Lorenzo Liberti, già preside del Politecnico. I documenti sono stati acquisiti dai militari delle Fiamme Gialle per
ricostruire il flusso di denaro dall’Ilva all’esterno e dunque capire se i
diecimila euro che Archinà chiese all’amministrazione di preparare in fretta e
furia il 25 marzo del 2010 erano destinati all’allora vescovo Benigno Luigi Papa
per la Pasqua di quell’anno, come l’llva ha sempre sostenuto, oppure se invece
erano per il professor Lorenzo Liberti, allora consulente del pm Mariano
Buccoliero, incontrato da Archinà il 26 marzo sempre del 2010, nell’area di
servizio di Acquaviva delle Fonti, sull’autostrada Taranto-Bari. Liberti, difeso
dagli avvocati Francesco Paolo Sisto e Vincenzo Vozza, ha respinto sia
nell’interrogatorio tenuto dinanzi al pm Remo Epifani che nella memoria
depositata al gip Giuseppe Tommasino, l’accusa, sostenendo di aver sì ricevuto
una busta bianca da Archinà – d’altronde le immagini del sistema di
videosorveglianza dell’area di servizio sono inequivocabili – ma all’interno
c’erano solo documenti riguardanti un protocollo di intesa che Ilva e
Politecnico di Bari stavano per sottoscrivere.

Vero o falso? Nelle due pagine
degli omaggi e delle regalie quei diecimila euro ci sono, ma stranamente manca
il destinatario in quanto il 26 marzo vengono rubricati genericamente, e secondo
i finanzieri in maniera eloquentemente sospetta, sotto la voce «spese
direzione». 

Non è l’unica volta che accade perché anche il 14 aprile del 2011 dalle casse
dell’Ilva escono 10mila euro sotto la voce «erogazione direzione».
L’interrogatorio del contabile dell’Ilva Francesco Cinieri non risolve il
giallo. Cinieri ai finanzieri dice infatti che Archinà non gli disse a chi erano
destinati i soldi ma che poteva pensare che, essendo in periodo pasquale,
potessero essere consegnati all’arcivescovado di Taranto. «Almeno una volta
all’anno davamo all’arcivescovado cifre che non superavano i 5.000 euro», ha
sostenuto Cinieri, aggiungendo dubbio ai dubbi, vista l’entità della somma.
Archinà, poi, si arrabbiò non poco quando seppe che i contabili dell’Ilva non
erano riusciti a trovare banconote di grosso taglio. E appena ebbe i soldi,
invece di chiamare in arcivescovado, telefonò a uno stretto collaboratore del
professor Liberti, col quale riuscì ad incontrarsi alla stazione di servizio. (Mimmo
Mazza – GdM)

TUTTI sapevano TUTTO!

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Diossina e ossido di ferro dall’Ilva. “Il ministero sapeva tutto dal 2011”


C’è
poco da scherzare

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TARANTO: DIRITTO AL LAVORO O DIRITTO ALLA SALUTE?

I
telegiornali hanno trasmesso immagini relative all’ILVA di Taranto che
mostrano fatti recentissimi e sconvolgenti di inquinamento ambientale
.
L’Ordine dei Medici della Provincia di Taranto ha pubblicato un
documento dove invita i genitori del quartiere Tamburi
a impedire che i loro bambini possano giocare a contatto con la
terra
e sollecitandoli al ritorno a casa a fare immediatamente
una doccia e lavare i vestiti
, evitando in ogni circosatanza che
corrano sul prato.  Un magistrato serio e rigoroso come Patrizia
Todisco
ha firmato una ordinanza di sequestro degli
impianti dell’ILVA per gravissime violazioni accertate
che hanno causato morti
. Gli ultimi dati ambientali disponibili (resi
noti a inizio 2012) indicano che nel 2010 l’ILVA ha emesso dai propri
camini:

  • 4mila tonnellate di polveri
  • 11mila tonnellate di diossido di azoto
  • 11mila e 300 tonnellate di anidride solforosa
  • 1 tonnellata e 300 chili di benzene
  • 338,5 chili di IPA
  • 52,5 grammi di benzo(a)pirene
  • 14,9 grammi di composti organici di benzo-p-diossine e
    policlorodibenzofurani (PCDD/F)

Parliamo insomma di circa
150 kg di sostanze emesse ogni anno per ciascun residente.
Uno
studio (denominato Sentieri), dell’Istituto Superiore di
Sanità
, pubblicato sulla rivista scientifica “Epidemiologia e
Prevenzione
” nel dicembre 2011, indica il numero di morti in eccesso nelle
popolazioni che vivono nei 44 Siti di Interesse Nazionale per le bonifiche
(SIN). I dati dei ricercatori descrivono una media di 1.200 morti in
eccesso all’anno
nel periodo 1995-2002 (cioè 1.200 decessi in più di
quanti statisticamente ne sarebbero stati attesi). Molti di questi
decessi sono legati a tumori polmonari, a tumori della pleura e a tumori del
fegato
.
Tuttavia, i dati resi pubblici in queste
ultime settimane non indicano la quantità di sostanze cancerogene
presenti attualmente
nel suolo, nel sottosuolo, nelle acque sotterranee
e nei sedimenti marini di Taranto. Né indicano quanti bimbi, quante
donne, quanti operai si sono ammalati e sono morti negli ultimi due-tre
anni.

Io credo che il Ministero della Salute ed il Governo
debba rendere immediatamente pubbliche tutte le informazioni scientifiche di cui
dispone. Solo sulla base di dati scientifici recenti e certi si possono prendere
delle decisioni che siano nell’interesse di chi vive e lavora a
Taranto.

E comunque non si possono mettere in un conflitto
irrisolvibile due diritti fondamentali come il lavoro e la salute.
L’articolo 41 della Costituzione parla chiaro:
l’iniziativa economica non può svolgersi in modo da recare danno alla sicurezza
delle persone. Se qualcuno ha sbagliato deve pagare e farsi carico di
riconvertire il sito industriale con percorsi lavorativi che abbiano come
protagonisti gli stessi lavoratori dell’ILVA e dell’indotto.

TUTTI sapevano TUTTO!

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Diossina e ossido di ferro dall’Ilva. “Il ministero sapeva tutto dal 2011”

20/08/2012 – i militari
avevano assistito personalmente agli sbuffi di fumi rossi dell’acciaieria

Diossina e ossido di ferro dall’Ilva “Il
ministero sapeva tutto dal 2011”

Il rapporto dei carabinieri

del Noe fu inviato alla Prestigiacomo: “Emissioni diffuse”

guido ruotolo
inviato a taranto
L’esplosivo rapporto del Noe (Nucleo operativo ecologico) dei
carabinieri di Lecce del maggiore Nicola Candido, che documentava il disastro
ambientale di Taranto, con le fughe di emissioni «diffuse e fuggitive» dagli
impianti di area a caldo dell’Ilva, arrivò a Roma, al ministero dell’Ambiente.
Eravamo alla vigilia dell’approvazione, dopo sette anni, dell’AIA,
l’Autorizzazione integrata ambientale, e non successe nulla.
Nessun intervento,
interrogativo, nessuna iniziativa fu presa. Eppure, quel rapporto del Noe con la
denuncia di centinaia di «eventi irregolari» è parte integrante delle accuse
mosse dalla Procura di Taranto all’Ilva.



L’allora ministro per
l’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, giura che non vi furono pressioni di sorta
per l’AIA, che fu approvata il 4 agosto del 2011. Anche se dalle intercettazioni
telefoniche e ambientali risulta, invece, che i dirigenti dell’Ilva si mossero
con funzionari della Regione Puglia e con la commissione ministeriale per
addolcire l’AIA. Ma rimane un mistero come della prova dell’inquinamento in
corso a Taranto nessuno tenne conto. Era l’aprile dell’anno
scorso.


Circolavano in rete video o fotografie che riprendevano «strani»
sbuffi dall’acciaieria dell’Ilva e più in generale dall’area a caldo dello
stabilimento. Con il via libera della procura, il Noe dei carabinieri di Lecce
piazzò alcune telecamere esterne ai perimetri dell’Ilva. Mise sotto
intercettazione visiva e sonora per quaranta giorni quello che accadeva, 24 ore
su 24, nella acciaieria più grande d’Europa.
E registrò il cosiddetto
fenomeno di «slopping» in occasione delle colate d’acciaio, la fuoriuscita cioè
di ossido di ferro, una nuvola rossastra che posandosi sporca di rosso gard rail
e asfalto della provinciale, dall’acciaieria 1 e 2.

Dal primo aprile al 10 maggio del 2011 furono segnalati 121 fenomeni di
«slopping» all’acciaieria 1 e 65 all’acciaieria 2. Nel secondo caso, la metà di
quelle emissioni dell’acciaieria 1. E per gli uomini del Noe che fecero domande
e acquisirono documentazione, fu chiara la ragione della differenza:
all’acciaieria 2 erano stati montati sistemi di captazione di fumi più moderni.
In ogni caso, la dimensione dei fenomeni era tale che non potevano essere
giustificati per la eccessiva frequenza.

Naturalmente viene spontaneo
chiedersi se rispetto a un anno fa la situazione è migliorata o meno.
E la
risposta (molto informale) che arriva da chi monitora l’inquinamento è che gli
«slopping sono ridimensionati ma non eliminati». Ma perché avvengono e cosa si
può fare per eliminarli? Intanto è evidente che la differenza tra le due
acciaierie indica una possibile soluzione, sull’efficacia dei sistemi di
captazione, poi la causa potrebbe trarre origine da «rotture meccaniche», da
«errori tecnici», dalle stesse «torce meccaniche».
L’attività di monitoraggio
del Noe dei carabinieri di Lecce, nella primavera dello scorso anno non si fermò
soltanto alle acciaierie. Dalla gestione dei rottami ferrosi, un’area all’aperto
dove attraverso piccole colate di materiali incandescenti, ad alta temperatura,
viene recuperato il ferro, si notavano, di notte, dei bagliori. Erano emissioni
in atmosfera di fumi non captati. E poi le cosiddette torce, collegate
all’acciaieria, dove vengono convogliati i gas della colata. Sono dei sistemi
d’emergenza che per gli 007 del Noe in realtà servono a smaltire gas, ovvero
rifiuti che dovrebbero essere recuperati diversamente.

Il rapporto del
Noe dei carabinieri di Lecce è parte integrante delle accuse della Procura di
Lecce che, tra l’altro, trova conferme nel lavoro dei periti chimici durante
l’incidente probatorio. E sempre al Noe toccò verificare alcuni esposti con
allegati video su quello che accadeva nel reparto cokerie. Il 28 novembre del
2011, i carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Lecce entrarono all’Ilva.
Scrive il gip Patrizia Todisco: «L’esito fu sconcertante. Durante la fase di
scaricamento i militari notavano personalmente, in sede di sopralluogo, la
generazione di emissioni fuggitive provenienti dai forni che, una volta aperti
per fare fuoriuscire il coke distillato, lasciavano uscire i gas del processo
che invece dovrebbero essere captati da appositi aspiratori/abbattitori».


Passerà?

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Ilva, gli affari di
Passera con Riva: il legame tra Banca Intesa e la società

Nel 2008 il ministro,
allora amministratore delegato dell’istituto di credito, lanciò l’appello per
salvare Alitalia: l’industriale acquisì il 10% della compagnia e divenne il
secondo azionista. E nel 1995 fu proprio la Cariplo a finanziare l’offerta per
comprare l’acciaieria messa in vendita dallo Stato 


corrado passera interna nuova

C’è il Corrado Passera ecologista,
quello che tre giorni fa ha detto: “I criteri di salute pubblica vanno
considerati (….) e quindi gli
impianti di Taranto
non devono essere tenuti aperti a qualunque
costo”. E poi c’è il Passera che si preoccupa di lavoro e produzione, tanto da
garantire, il 26 luglio, che “governo e istituzioni locali faranno tutto il
possibile per individuare soluzioni che tutelino occupazione e sostenibilità
produttiva”. Questo è quanto raccontano le cronache delle ultime settimane sulla
vicenda del sequestro degli impianti Ilva. Resta da capire come queste due
maschere indossate dal ministro dello Sviluppo, due maschere già piuttosto
contrastanti tra loro, riescano a conciliarsi con un terzo ruolo interpretato
fino a pochi mesi fa da Passera. Un ruolo da supermanager, da capo di Intesa. E
proprio in veste di banchiere, come numero uno del più grande istituto italiano,
l’attuale superministro del governo Monti, era di gran lunga il finanziatore
di riferimento del gruppo Riva
, cioè, in sostanza, dell’Ilva di
Taranto.
Un legame strettissimo, quello tra Intesa e il colosso italiano
dell’acciaio. Tanto che nel 2008, quando la banca allora guidata da Passera si
mette alla ricerca di imprenditori disposti a intervenire per salvare
l’Alitalia, ecco che Emilio Riva, l’ottuagenario patron del gruppo, è uno
dei primi a rispondere all’appello. Per molti quell’intervento fu una sorpresa.
Mai, in più di mezzo secolo di carriera, il padrone dell’Ilva aveva puntato un
soldo su un qualunque investimento che non avesse a che fare con l’acciaio. A
quanto pare, invece, il fascino della scommessa su Alitalia dev’essere stato
irresistibile. O forse Passera e il governo di Silvio Berlusconi, sponsor
politico dell’operazione, devono aver usato argomenti particolarmente
convincenti. Sta di fatto che Riva ha messo sul piatto addirittura 120 milioni
di euro per comprare il 10,8 per cento della compagnia aerea e diventarne e così
il secondo maggior azionista dopo i francesi di Air France (25 per cento)
e addirittura davanti a Intesa, che possiede il 9 per cento circa di Alitalia.
Per Riva, come per tutti gli altri partecipanti alla cordata tricolore,
l’investimento si è fin qui rivelato piuttosto avaro di soddisfazioni, per usare
un eufemismo. A più di tre anni dal salvataggio l’ex compagnia di bandiera
continua a viaggiare in perdita e le prospettive per l’immediato futuro non
sembrano granchè esaltanti. Poco male, per Riva che a differenza di altri
investitori continua a mantenere in bilancio la sua quota di Alitalia al valore
di carico, senza svalutarla. D’altronde, in tempi di crisi gravissima per
l’acciaio, è lecito sospettare che i proprietari dell’Ilva contassero di
incassare un dividendo, per così dire, politico dalla loro partecipazione alla
cordata promossa da Berlusconi e Passera, come numero uno di Intesa.
Sarà un
caso, ma giusto poche settimane prima che venisse siglato l’affare (si fa per
dire) Alitalia, la banca all’epoca guidata da Passera finanziò un’operazione
molto importante dei Riva. Con un prestito di 100 milioni di dollari (circa 80
milioni di euro) il gruppo che controlla Ilva siglò un contratto con un cantiere
cinese per la costruzione di due enormi navi tipo bulk carrier (più di
100 mila tonnellate di stazza) che servono a trasportare minerali di ferro, la
materia prima delle acciaierie. Va detto che i rapporti tra il patron Emilio
Riva, ancora agli arresti domiciliari dal 26 luglio
, e la banca milanese
datano da gran tempo, molto prima che Passera si insediasse al
vertice.
L’industriale dell’acciaio è stato per decenni un importante cliente
della Cariplo, la grande cassa di risparmio lombarda che 15 anni fa si è fusa
con il Banco Ambroveneto, dando vita all’istituto destinato a crescere
ancora (Comit e poi Sanpaolo) fino a diventare l’attuale Intesa.
Nel 1995 fu proprio la Cariplo a finanziare l’offerta per comprare l’Ilva messa
in vendita dallo Stato. Un’operazione da 2.200 miliardi di lire, pari a oltre un
miliardo di euro attuali. Con il passare del tempo i rapporti tra Riva e la sua
banca di riferimento si sono consolidati e gli affari sono proseguiti alla
grande anche dopo l’arrivo del banchiere destinato a diventare ministro. Intesa
resta la banca di riferimento del colosso siderurgico, seguita a distanza dalla
Popolare di Bergamo. D’altra parte un cliente come l’Ilva e le altre
acciaierie targate Riva valgono decine di milioni l’anno di ricavi per gli
istituti di credito che hanno finanziato il gruppo per oltre 2 miliardi di euro.
E allora come dire di no a un banchiere amico come Passera. Un banchiere che ora
fa il ministro e sarà chiamato (anche lui) a risolvere la colossale grana di
Taranto.

da
Il Fatto Quotidiano del 10 agosto 2012

Soldi pubblici, vizi privati: il forziere dei Riva

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IL PUNTO DI MARIO MOLINARI (Savonanews)

Ilva “eccellenza italiana” con € 164.400.000 di
capitale sociale in Lussemburgo

Ma in arrivo ci
sono 336 milioni di Euro pubblici per bonificare i danni degli impianti
(privati) Il notaio Lussemburghese? Ironia della sorte: Monsieur Hellinckx, lo
stesso di Nucera e Geotea


Leggendo l’accattivante brochure del Gruppo Riva si avverte
la fragranza di “una storia italiana”, una specie di mulino bianco dove si
macina carbone per colare l’acciaio da vendere. Per guadagnare soldi,
semplicemente. 
L’ILVA è stata “privatizzata” dalla vecchia Italsider, dove
navigò il buon Gambardella della Margonara. Italsider fece senz’altro un buon
affare vendendo Ilva ai Riva, tanto che i Riva ci cavarono palate di miliardi, a
quel punto privati. 
Grati, investirono così tanto per non appestare il
luogo, che la magistratura, nonostante ogni tipo di tentativo di portar dalla
loro stampa e controllori, anche facendo perder la faccia ad una persona perbene
come l’ex prefetto Bruno Ferrante, gli sequestrò lo stabilimento. 
L’ilva è
controllata totalmente dai Riva, attraverso la RIVA FIRE Spa, dove “FIRE” non
sta per fuoco in inglese ma per una cosa tipo Finanziaria Industriale Riva
Emilio. 
Ed è con questo nome che all’inizio della vicenda provammo a vedere
se esisteva nel paradiso fiscale europeo per eccellenza – il Lussemburgo – senza
successo. Bene, pensammo. almeno qualcuno che sta davvero in Italia, anche
fiscalmente. 
Poi fummo colti da un pensiero: ma vuoi veder cosa combina il
senso d’onnipotenza? E cercammo nel Granducato fiscale – banalmente – alla voce
“ILVA” 
ed eccola lì, 

ILVA INTERNATIONAL S.A. costituita il 05/02/2004, in rue de
la chapelle (la strada della cappella) pure al civico
17

tra

1) ILVA SpA, ayant son siège à Viale Certosa 249, I-20151
Milan rappresentata da Monsieur Michel Comblin, conseil fiscal, demeurant à
Glabais (Belgique), en vertu d’une procuration sous seing privé, lui délivrée
à Milan, le 5 décembre 2003.

2) PARTICIPATIONS ET FINANCEMENTS EXTERIEURS S.A., en abrégé
PARFINEX S.A., ayant son siège à L-1325 – Luxembourg, 17, rue de la Chapelle,
ici représentée par Monsieur Claude Zimmer, conseil fiscal, demeurant à
Luxembourg 

Per un totale di 16.440.000 actions de EUR 10 chacune, totalisant
EUR 164.400.000

Centosessantaquattro milioni di
Euro, oltre trecento miliardi di vecchie £ire. Non esattamente una mancia pro
forma per una scatola vuota. 
Si, ma i Riva che c’entrano? Leggiamo oltre
alla voce Amministratori

2. Sont appelés aux fonctions d’administrateur non
rémunéré:

a) Monsieur Fabio Riva, entrepreneur, né à Milan,
le 20 juillet 1954, demeurant professionnellement à I-20151 Milan, Viale
Certosa 249.
b) Monsieur Angelo Riva, industriel, né à Milan, le
19 octobre 1966, demeurant professionnellement à L-20151 Milan Viale Certosa
249.
c) Monsieur Hans-Hinrich Muus, conseiller d’entreprise, né
à Hamburg, le 13 octobre 1937, demeurant à D-20148 
A rivedere i conti una
vecchia conoscenza come DELOITTE & TOUCHE S.A.
E il notaio che
redige l’atto? Naaaa: Henri Hellinckx, lo stesso della GEO di Nucera e della
Geotea (Ecosavona & Bossarino) di Bagnasco
Bravi tutti.  
In
appendice: 
Tra il 1994 e il 1995, a cavallo tra i governi Ciampi, Berlusconi
I° e Dini va in porto la privatizzazione dell’ILVA (che dopo aver aperto il
bijoux di Taranto cambiò il nome in Italsider) 
Erano appena trascorsi gli
anni belli di Giovanni Gambardella, che tentò la Margonara. Il Corriere della
Sera nel 1993 ricorda così: 

“Celebri
manager pubblici e privati, una volta rimossi da poltrone di prestigio, si
mettono in proprio e ricominciano, si fa per dire, da zero. E cosi’ ha fatto in
sordina anche Giovanni Gambardella, l’ ex amministratore delegato dell’
Ilva travolto dalle perdite della siderurgia pubblica.” 
Condensando in una riga: lo Stato sbologna l’Ilva, i Riva se la acchiappano.
Chi avrà fatto l’affare. Segue uno schema dei dati economici del Gruppo Riva nei
quali curiosamente il Lussemburgo pare proprio non compaia. Fonte: il Gruppo
Riva 
ma se l’ITALSIDER era così in perdita… com’è che, passata ai
Riva…

 


Una fionda per Davide?

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ILVA: MILLE IN PIAZZA A TARANTO E APPLAUSI A GIP

OPERAIO SIDERURGICO
CATALDO RANIERI È IL SIMBOLO DELLA PROTESTA
(dell’inviato Roberto
Buonavoglia)
Non chiamatelo capopopolo, potrebbe offendersi. Ma il
carisma di Cataldo Ranieri, operaio dell’Ilva di 42 anni, è tipico di chi le
battaglie ha deciso di farle sul serio e non certo contro la magistratura ma per
difendere dall’inquinamento industriale la sua città. Lui, addetto agli impianti
marittimi del siderurgico tarantino, che – dice – da «tre anni sono sotto
sequestro con facoltà d’uso», è in grado di parlare alla gente, di scandire
quelle parole che la politica ha smesso da tempo di pronunciare. È capace pure
di emozionarsi. I cittadini lo sanno e lo seguono, come un capopopolo. Per
questo oggi pomeriggio Ranieri e gli aderenti al ‘comitato cittadini e
lavoratori liberi e pensantì, del quale l’operaio è portavoce, sono riusciti a
portare nella centralissima piazza della Vittoria circa mille persone. È vero,
non si tratta di molta gente anche se mancano tre giorni a Ferragosto e la città
è semi deserta, ma a Taranto tante persone per strada a parlare dell’Ilva e di
tumori su invito di un gruppo di comitati non si erano mai viste. E poi è la
piazza a mormorare che finalmente qualcosa si muove e che l’anello di
congiunzione tra i vari comitati e associazioni è proprio questo ragazzone
biondo che si consegna alla folla, alle telecamere e ai flash con ciabatte
infradito, bermuda e t-shirt. Per spiegare subito di che pasta è fatto dice di
essere «politicamente indipendente», di lavorare all’Ilva da 15 anni, di avere
due figli maschi di 9 e 13 anni e aver un mutuo sulle spalle da 650 euro al mese
che finirà di pagare tra 25 anni.
Quindi, è uno che ha certamente bisogno di
lavorare per vivere.
Ma dice di essere felice di «avere finalmente rotto le
catene» per dire alla gente «che i politici hanno tradito i tarantini perchè non
sono mai intervenuti per fermare l’Ilva che avvelena Taranto», e ai suoi
colleghi «che non si può barattare un posto di lavoro con la salute dei nostri
figli».
Ranieri è il primo a parlare alla folla, poi interverranno gli
aderenti ad altri comitati. Ma quello che subito balza all’attenzione è la
voglia dei tarantini di dire basta.
Infatti, non si era mai vista una piazza
acclamare a squarciagola come si fa allo stadio il nome di un giudice, il gip
Patrizia Todisco, che ha deciso di sequestrare le aree a caldo dell’Ilva e che
ha avuto il coraggio di ribadire che gli impianti vanno fermati. Al magistrato
la folla ha riservato anche un applauso scrosciante. «Mentre fino a qualche mese
fa – ha detto Ranieri – si invitava la magistratura a fare il proprio dovere
sull’inquinamento provocato dall’Ilva, ora ci sono attacchi anche politici a un
giudice che ha fatto solo il suo dovere».
«La gente – sottolinea l’operaio –
sa che la classe politica che finora ci ha rappresentato qui a Taranto ci ha
tradito e non è mai intervenuta per fermare l’Ilva che avvelena la
città».
Bacchettate non sono mancate al governo che ha deciso di inviare a
Taranto il 17 agosto prossimo tre ministri. «Vengono – dice Ranieri, a cui fanno
eco gli esponenti di altri comitati – per tutelare gli interessi dell’Ilva: noi,
tre ministri, li avremmo voluti qui a Taranto per i bambini del rione Tamburi
intubati in ospedale perchè ammalati di tumore». Ed è stata proprio una storia
di tumore che lo ha indotto a fondare il comitato. «Il 27 luglio – racconta
emozionato – stavamo bloccando il ponte girevole per protestare contro il
sequestro dell’Ilva; mi si è avvicinato un automobilista e mi ha detto: ‘Io devo
passare, devo accompagnare mia moglie a fare la chemioterapià. Da quel giorno –
sospira – la mia vita è cambiata».
(ANSA).

I
documenti originali parlano chiaro! Attenti ai media!

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…grazie al formidabile blog
Corporeus Corpora
vi sottoponiamo gli ultimi documenti della Procura
sull’Ilva

—————————————-

Tarasleaks 2012: I due
provvedimenti del G.I.P. in seguito alle decisioni del riesame

Gli atti giudiziari del 10 e dell’11 Agosto 2012
a firma Patrizia Todisco, in originale

La vicenda ILVA prosegue a spron battuto, anche
in queste ore. Corporeus corpora, secondo quanto
promesso, ha ottenuto i documenti originali del processo che vanno a completare
quanto già messo da noi a disposizione nei giorni trascorsi:
  1.  Decreto di sequestro con copiosa documentazione tecnica,
    G.I.P.
  2.  Dispositivo riesame su decreto di sequestro (impugnato da
    ILVA), Tribunale del riesame
In seguito, nelle giornate del 10 e dell’11, la
dottoressa Patrizia Todisco ha ritenuto di intervenire a sua volta sulle
decisioni del riesame, alquanto sibilline, come subito riconoscemmo.
Ambedue gli atti sono ampiamente motivati, ma
vanno letti in originale. Solo così si può evitare che la strumentalizzazione
politica, giudiziaria e giornalistica renda indistricabile il contesto e gli
avvenimenti. Corporeus corpora dichiara sin dall’apertura questo quale
scopo principale della sua presenza.
Ecco il primo dei due provvedimenti,
n.5488/10, che ha la funzione di tradurre in realtà processuale le indicazioni
ricevute dal riesame. Affermando che il testo della sentenza del riesame non
prevede la possibilità di produrre alcunchè, se non bonifiche.
E di adottare
“tutte le misure tecniche necessarie a scongiurare il protrarsi delle situazioni
di pericolo e ad eliminare le stesse”, in quanto l’impianto del decreto di
sequestro viene esplicitamente confermato.
Notate bene che in questo primo provvedimento,
di 3 pagine, la nomina del dr. Ferrante quale custode, per come decisa dal
riesame, resta incontestata.
A seguire il secondo, finalizzato questa volta
alla revoca del dr. Ferrante quale custode dei beni sequestrati.

Chiarimenti
Riesame ILVA_5488-10

L’atto a
seguire, con cui il G.i.p. nega al direttore dello stabilimento Ferrante la
qualità di custode, ha come motivazione l’aver egli compiuto immediatamente atti
incompatibili con la sua qualità pubblica. 

Segnatamente l’ordine immediato ad impugnare il provvedimento
n.5488/10 (sopra)
, impartito in qualità di “presidente del consiglio di
amministrazione e legale rappresentante pro tempore dello stabilimento
ILVA s.p.a. di Taranto” e comparso in veste di notizia sul sito dell’Ansa alle
16.43 del giorno 11 Agosto, manifesta da subito l’incompatibilità delle due
funzioni, in palese contrasto.

Almeno
nell’opinione della dottoressa Todisco. Che ci sentiamo di condividere, sebbene
non si siano attese le motivazioni del riesame per procedere: non crediamo ciò
lasci troppo spazio al Guardasigilli Cancellieri per interventi di sorta.
Leggete però da
voi:

Incompatibilità
Ferrante_ILVA






Ovviamente non finisce qui. Nè la vicenda ILVA, nè il nostro committment a
fornire dati e testi certi su cui ciascuno possa costruire un’opinione ben
fondata, sottratta alle sabbie mobili della propaganda. 


Dal
teatrino di Roma

Ascolta con webReader

Ecco il podio del Circo Massimo Romano.
La medaglia d’oro va
ovviamente al Gran Clown Clini che vince lo spazio video con la sua proposta di
interpellare l’Organizzazione Mondiale della Sanità per Taranto!! Ma il suo
Ministero che fa?

Ricordando la celebre gag di Corrado Guzzanti ci
viene in mente quello che disse il tecnico dopo aver aperto il computer per
riparalo: “qui ci vuole un tecnico”!

A proposito, sulla scia di questa
iperbole di battute da circo: c’è nessuno che proponga di mandare i Caschi Blu
all’Ilva?

 

—————————————–

Un testo da applausi per la prima parte e indubitabilmente ottuso
nella seconda. Ecco i due volti confusi della Lega!

PS. Ma la famiglia
Riva non è di Brescia?

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 Ilva: Lega Nord diserta audizione Clini, ”Governo meridionalista”

(ASCA)
– Roma, 14 ago – ”Oggi i componenti della Lega Nord in seno alla commissione X
Attivita’ Produttive della Camera dei deputati non prenderanno parte alla
riunione della stessa che deve avvenire congiuntamente con la commissione
ambiente sul caso Ilva di Taranto per una precisa ragione politica”.
Lo
annuncia, in una nota, Gianni Fava, responsabile del settore attivita’
produttive della Lega Nord.
”Non abbiamo in alcun modo condiviso nelle
modalita’ ne’ tantomeno le finalita’ dell’odierna convocazione. Troviamo infatti
discutibile – spiega Fava – il fatto che si riuniscano organismi parlamentari in
un periodo del genere per commentare una sentenza della magistratura ed
eventualmente censurarla. La sinistra italiana per anni ci ha ripetuto che le
sentenze si rispettano e non si commentano e adesso chiedono a gran voce di
convocare il parlamento per fare quello che normalmente imputavano al mondo
berlusconiano. Il fatto poi che a fare il pm della politica contro la
magistratura sia chiamato il ministro Clini lascia quantomeno perplessi. Se le
leggi sono sbagliate il parlamento dispone degli strumenti e delle prerogative
per modificarle, ma se sono giuste allora bisogna tollerare che i magistrati le
applichino. Siamo certi che tutto questo fervore non si sarebbe verificato se si
fosse trattato di qualche azienda del nord, magari medio-piccola, per la quale
nel caso di ordinanze restrittive da parte della magistratura avremmo assistito
ad un patetico coro di consenso provenire dall’area benpensantedella politica
italiana”.
Ma si sa, conclude, ”anche se noi non ci rassegniamo
facilmente, questo governo dimostra tutto il proprio strabico razzismo nei
confronti del nord e non perde occasione per dimostrare che quando in ballo ci
sono gli interessi del sud tutte le armi sono ammissibili, compresa
un’incomprensibile levata di scudi nei confronti di quei magistrati che fanno
solo il proprio mestiere. Pertanto abbiamo deciso di lasciare che se la cantino
e se la suonino da soli, riservandoci di prepararci per una grande battaglia
parlamentare alla ripresa di settembre quando si entrera’ nel vivo del dibattito
sul cosiddetto decreto Ilva, dove guarda caso si cerchera’ di far piovere
ingenti quantita’ di risorse pubbliche a favore del giusto risanamento di
un’area fortemente compromessa, ma non si affrontera’ in alcun modo e con alcuna
risorsa il tema del risanamento delle tante areedel nord che necessitano dei
medesimi interventi”.
————————————-

Ma
perché quando Di Pietro era ministro per le infrastrutture e non si mosse per le
bonifiche e le verifiche sui fondali del porto? 

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Ilva, Di Pietro: Riva foraggiava politici per avere regalie

“Quel che ha fatto lui peggiorerà con la nuova legge su finanziamento”

(TMNews)
– “Emilio Riva è il proprietario dell’Ilva, la fabbrica che da anni avvelena
Taranto senza che la politica nazionale muova un dito per proteggere i cittadini
e far rispettare la legge. Sarà una coincidenza, ma Emilio Riva è anche un
grande finanziatore della politica, uno di quelli che non fanno preferenze e
foraggiano un pò tutti: un miliardo a destra, uno a sinistra e nessuno
s’ingrugna”. E’ quanto scrive sul suo blog il leader dell’Italia dei Valori,
Antonio Di Pietro.
Mentre appestava il mare, l’aria e la terra di Taranto –
sottolinea l’ex pm – Riva donava 245mila euro a Forza Italia e 98mila non al Pd,
che allora ancora non esisteva, né ai Ds, ma al futuro ministro dello Sviluppo
Economico e futuro segretario del Pd, Pierluigi Bersani. Si trattava di
finanziamenti leciti e del tutto regolari. Ma, che il signor Riva, un tipo
accorto e ben attento al proprio portafogli, abbia cacciato tutti quei soldi
gratis et amore Dei non lo crederebbe nemmeno un bambino: lo scopo era riceverne
regalie”.
Riva – aggiunge ancora Di Pietro – si è fatto bene i conti. Ha
capito che avrebbe risparmiato milioni di euro intervenendo sul sistema e
rendendoselo amico con il denaro, piuttosto che mettendo in sicurezza i suoi
impianti e bonificando l’ambiente che aveva inquinato. Io non voglio neppure
pensare che la folle aggressione contro la magistratura di Taranto da parte dei
principali partiti c’azzecchi qualcosa con quegli esborsi. Ma, proprio perché
non lo penso, dico forte e chiaro che chi ha preso soldi da Riva dovrebbe, oggi,
sentire il dovere morale e avere la delicatezza istituzionale di non intervenire
a gamba tesa in questa vicenda e lasciare che se ne occupi chi di
dovere”.
Questa brutta vicenda è un presagio chiaro, purtroppo, di quello che
succederà con la nuova legge sul finanziamento dei partiti, varata a luglio e
scritta dalla Casta su proposta di ABC. Quella legge – sottolinea ancora il
leader Idv – incentiva le donazioni dei privati ai partiti, gli permette di
scaricarsele dalla dichiarazione dei redditi, fissa un tetto per i regali dei
privati ai politici e, insieme, indica l’inganno con cui lo si può aggirare. E’
una legge che legittima e incentiva le tangenti: per gente come Riva sarà una
festa. Pagheranno a destra e a sinistra, si metteranno con le spalle al coperto
e, oltretutto, potranno anche farsi rimborsare dallo Stato, sotto forma di
sgravio fiscale, la tangente legalizzata”.
Quella legge – conclude Di Pietro
– deve essere abolita prima che finisca di distruggere l’Italia”. 
————————————————-

Anche Balduzzi
entra nel Gran Circo con un numero di equilibrismo linguistico da vero
giocoliere! 

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Ilva: Balduzzi, situazione da seguire con attenzione

(ASCA)
”La situazione e’ da seguire con molta attenzione perche’ i dati di cui
disponiamo dicono che bisogna fare attenzione e quelli che a breve avremo
delineeranno una strategia compiuta”. Lo ha detto in diretta a Tgcom24 il
ministro della Salute Renato Balduzzi sul caso dell’Ilva di Taranto. Sulla
possibilita’ di chiudere lo stabilimento, ”Sia Clini che Passera – ha precisato
il ministro – hanno detto alcune cose da valutare con attenzione. Non sono
decisioni che possono essere prese senza ponderazione. Si agira’ nell’interesse
di tutti e di tutte le prospettive coinvolte. Non si puo’ fare una gerarchia tra
le problematiche in campo”. Sulla strategia che si adottera’ a breve, il
ministro ha aggiunto:”In presenza di queste situazione la gerarchizzazione dei
beni e’ problematica, il problema e’ intrecciare le polarita’, non e’ facile ma
e’ la scommessa da vincere. Non ci sono scorciatoie. A ottobre ci saranno le
condizioni per poter lavorare con la Regione a una strategia per Taranto”.

Violenze
e intimidazioni

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Ilva, Taranto spaccata in due. «amici» e
«nemici» del gip 

Due fronti sempre
più contrapposti. Dentro e fuori la fabbrica. Nel sindacato. Nella città. Nello
stesso management dell’Ilva.
Sì, nel giorno in cui il governo Monti rompe gli
indugi e si schiera apertamente contro gli ultimi provvedimenti della dottoressa
Patrizia Todisco (il giudice per le indagini preliminari del Tribunale che ha
sequestrato l’area a caldo del siderurgico jonico), a far notizia sono due
immagini diametralmente opposte. Due immagini che fotografano nitidamente quel
che sta accadendo a Taranto alla vigilia di un Ferragosto che si annuncia a dir
poco infuocato: da un lato quella degli operai e delegati di Fim e Uilm che in
mattinata, dalle 10 alle 12, sono usciti dalla fabbrica per bloccare il traffico
sulla statale 100 e per ribadire il loro dissenso nei confronti della
magistratura e della dottoressa Todisco; dall’altra quella del migliaio di
persone (operai e pensionati dell’Ilva, ambientalisti, aderenti al movimento 5
Stelle, Cobas, frange di Sel, di Rifondazione comunista e semplici cittadini)
che alle 4 e mezzo del pomeriggio si sono radunati in piazza della Vittoria per
urlare a squarciagola che «Patrizia Todisco non è sola» e che «per l’Ilva e per
Taranto è arrivato il momento della verità».

Sì, nel giorno in cui da
Roma arriva la conferma che venerdì saranno qui a Taranto i ministri Corrado
Passera (Sviluppo economico) e Corrado Clini (Ambiente), queste due immagini
raccontano tantissimo. Innanzitutto ci confermano che il fronte sindacale si è
letteralmente frantumato e che la Fiom, cui ieri l’azienda ha negato di riunire
i lavoratori in assemblea, non ha più alcuna intenzione di seguire Fim e Uilm
«in iniziative che sono dichiaratamente contro la magistratura».

Surreale, a questo proposito, la situazione che si è determinata a
mezzogiorno davanti ai cancelli della Direzione Ilva, dove il presidente Bruno
Ferrante aveva convocato i vertici sindacali di Fim, Fiom e Uilm per un incontro
preliminare a quelli che si sono poi svolti nel primo pomeriggio a Bari.

Ebbene, nonostante la convocazione, i cancelli sono rimasti sbarrati ai
rappresentanti sindacali sino alle 12.30. Motivo? Perché nel piazzale interno,
situato di fronte ai cancelli, qualcuno (incaricato chissà da chi?) aveva
pensato di sistemare delle pale meccaniche. A che scopo? In segno di protesta
nei confronti dei custodi giudiziari nominati dalla dottoressa Todisco, i quali
sin dal primo mattino si erano recati in fabbrica per prendere visione di tutta
la documentazione archiviata proprio negli uffici di Direzione.

Un’iniziativa, quest’ultima, che spiega anche i contrasti, ormai
evidenti, all’interno dello stesso management, dove più di un dirigente non
condivide la «linea morbida» dell’ex prefetto di Milano Ferrante.

Durissime, in questo senso, le dichiarazioni che in tarda mattinata ha
rilasciato alla Gazzetta il segretario provinciale e regionale della Fiom-Cgil,
Donato Stefanelli. «Queste persone – ha detto riferendosi a chi ha sistemato le
pale meccaniche sul piazzale – devono essere trattate come tutti quegli operai
che in questi anni di fronte a una minima infrazione sono stati colpiti da duri
provvedimenti disciplinari. La legge sia uguale per tutti. Se in azienda ci sono
soggetti che fanno riferimento al vecchio regime, è bene che comprendano che
l’impunità è finita, che il rispetto delle regole c’è anche per loro».
Ma
altrettanto dure, anzi persino più dure, sono le parole che Stefanelli ha
pronunciato all’indirizzo dei vertici di Fim e Uilm, sindacati, soprattutto la
Uilm, che negli ultimi anni sono diventati largamente maggioritari in Ilva: «Non
spetta a noi commentare gli atti della magistratura. Non spetta a noi dire se
sono coerenti o quant’altro. Non spetta a noi occuparcene. Lo facciano gli
organi competenti: il Csm, il governo, chi lo deve fare. Perché noi
rifuggiano dall’utilizzare i lavoratori come testa d’ariete contro la
magistratura.
Ed è il motivo per il quale ci siamo dissociati da questa
iniziativa irresponsabile che stamattina (ieri mattina per chi legge, ndr) Fim e
Uilm hanno organizzato. Perchè non ci dimentichiamo che queste cose le ha fatte
l’Ilva di ieri. Non ci dimentichiamo del famoso 30 di marzo, quando l’Ilva
schierò per le strade di Taranto i lavoratori contro la magistratura nel giorno
dell’incidente probatorio. Oggi (ieri) loro hanno fatto la stessa cosa. È un
atteggiamento irresponsabile e servile».
Per la Fiom, al contrario, è
innanzitutto l’Ilva che deve dire che cosa intende fare. «Noi – ha detto ancora
Stefanelli – abbiamo chiesto a Ferrante di presentarci un “Piano di interventi e
di risanamento”. E su questo vogliamo che sia aperto un tavolo negoziale. Perché
i lavoratori ed il sindacato non possono diventare soggetti passivi. Perché se
Ferrante interloquisce con la magistratura o con il governo, noi non possiamo
diventare spettatori. Abbiamo il diritto di essere protagonisti, perché gli
interventi che l’Ilva dovrà eseguire non sono fini a se stessi, ma riguardano le
condizioni di lavoro degli operai dell’Ilva».
Parole, quelle di Stefanelli,
che segnano un solco nei rapporti con Fim e Uilm, i cui vertici, però, non si
smuovono di un millimetro. E infatti, per oggi alle 10, i rispettivi segretari
provinciali, Mimmo Panarelli e Antonio Talò, hanno deciso di organizzare un
altro sciopero di due ore con conseguente blocco stradale.

Quella di
oggi, con tutta probabilità, sarà la prova generale di quel che accadrà venerdì,
quando, in occasione dell’arrivo a Taranto dei ministri Passera e Clini, a
manifestare saranno anche i cittadini che ieri si sono riuniti in piazza della
Vittoria.
La loro è un’iniziativa per tanti versi spontanea, ma che con il
trascorrere delle ore sta assumendo i caratteri di una vera e propria nuova
formazione politica, con tanto di portavoce: il 42enne operaio Ilva Cataldo
Ranieri. Per venerdì hanno giurato che si faranno sentire e che «assedieranno i
ministri ovunque essi si riuniscano».
Il loro programma è chiarissimo.
Innanzitutto sostengono l’azione della magistratura e poi hanno una spasmodica e
giustificata voglia di «verità» in una città che per troppi anni ha seppellito
nel silenzio generale decine di morti ammazzati dall’inquinamento. Ed è anche
per questo che ieri hanno invocato l’arrivo a Taranto del ministro della Salute,
Renato Balduzzi. Ma è anche per questo che in tanti qui a Taranto temono che
quello di venerdì 17 agosto sarà un giorno «caldissimo».

Era ora!

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Certo che sarebbe una grande soddisfazione se La Repubblica riconoscesse
che la questione dell’idoneita’ dei membri della commissione IPPC per l’AIA Ilva
venne sollevata da questo blog… 

Sul
presidente Dario Ticali clicca qui 

Ilva, autorizzazioni pilotate e corruzioneadesso la Finanza indaga
sull’azienda

L’inchiesta della Guardia di Finanza gira intorno all’Aia, l’autorizzazione
che nel 2011 fu rilasciata dal governo Berlusconi. In alcune foto il passaggio
di 10 mila euro al perito del tribunale. Il figlio del patron accusato di
corruzione  di MARIO DILIBERTO e GIULIANO FOSCHINI

L’AIA

Il
centro dell’inchiesta della Guardia di finanza gira attorno all’Aia,
l’autorizzazione integrata ambientale che il 4 agosto del 2011 il governo
Berlusconi rilasciò dopo quasi otto anni di discussione. Bene, il sospetto delle
Fiamme gialle è che in quel documento (che ora il ministro Clini vuole rivedere
al più presto) i limiti di inquinamento siano stati disegnati appositamente
sulle emissioni dell’Ilva. E’ un fatto, viene ricostruito in un’informativa, che
l’allora capo delle relazione esterne dell’azienda, Girolamo Archinà (rimosso
ora dal prefetto Bruno Ferrante) fosse in rapporti con i membri di quella
commissione. “L’effettiva e la buona riuscita dei contatti – annota la Finanza –
si rileva, come si accennava in precedenza, dai costanti aggiornamenti che egli
fornisce ai vertici aziendali, con i quali ovviamente condivide le strategie da
porre in atto, recependo le direttive che di volta in volta vengono 

impartite. Nello specifico emerge come
anche a livello ministeriale fervano i contatti non proprio istituzionali per
ammorbidire alcuni componenti della Commissione IPCC AIA; con i predetti le
relazioni vengono mantenute da tale Vittoria Romeo e in parte anche
dall’avvocato Perli””, entrambi consulenti dell’azienda. Ed è un fatto che
l’avvocato milanese Franco Perli parlando con Fabio Riva dice: “La Commissione
ha già accettato il 90% delle loro osservazioni e che non vi saranno sorprese,
anche se la visita va un po’ pilotata”.
Vittoria Romeo parla al telefono
con Fabio Riva e spiega le loro modalità di movimento.

R.: “Allora
dicevo ad Archinà, se Palmisano che è quello della Regione, tira fuori
l’argomento in Commissione, siccome l’Arpa deve ancora dare il parere sul
barrieramento e a noi serve un parere positivo per continuare a dimostrare che
non dobbiamo fare i parchi…”. 

Riva: “E’ chiarissimo. Però siccome
noi non possiamo assolutamente coprire i parchi perché non è fattibile… tanto
vale rischiarla così”.

R.: “Valutiamo se la cosa in questi giorni la
teniamo al livello di Ticali, Pelaggi, Mazzoni (ndr, presidente e membri della
commissione) oppure…”. 

Riva: “No, picchiamo…. picchiamo
duro….”.

Fabio Ticali era il presidente di quella commissione Aia. La
sua nomina destò un certo scalpore: proprio Repubblica raccontò che
furono fatti fuori esperti e messi nella commissione Aia signori nessuno, quasi
tutti siciliani, come l’allora ministro Stefania Prestigicomo. E che fu scelto
il trentenne Ticali a capo della commissione che aveva come pubblicazione più
importante una sul ravaneto stradale.

LA
CORRUZIONE

L’attenzione della Finanza si è concentrata prima
sull’incontro tra Archinà e il perito del pm, il professor Lorenzo Liberti.
Secondo l’accusa ci fu un passaggio di diecimila euro (documentato da alcune
fotografie) per ammorbidire una perizia. Secondo gli investigatori anche Fabi o
Riva sapeva, tanto da essere ritenuto responsabile di concorso morale nella
corruzione.

Riva: “Ieri come è andata?”.

A.: “E’ andata
secondo le aspettative…”. 

Archinà, appunta la Finanza, “dice al Fabio
Riva che consegnando in anteprima le analisi, potrà iniziare a lavorare (sul
Liberti) affinché non nasconda che il profilo è identico, bensì che attesti che
comunque le emissioni di diossina prodotte dal siderurgico siano in quantitativi
notevolmente inferiori a quelli accertati all’esterno”.
I Riva quindi
vogliono addomesticare le perizie. E forse lo fanno con il denaro. Capita anche
che conoscano i risultati in anticipo. Al telefono parla ancora una volta Fabio
Riva. 

Riva: “La perizia tecnica sembrava andasse tutto bene…
non lo so che caz… è successo… Però è succulenta la cosa di beccare un Riva
giovane.. eh papà…”. 

FUMO NEI COMUNICATI

Agli atti c’è anche
un incontro tra Nichi Vendola, Fabio Riva, Girolamo Archinà e il direttore
dell’Ilva Capogrosso. Proprio Fabio Riva ne parla con il figlio Emilio (omonimo
del nonno) che suggerisce: “Facciamo un comunicato stampa fuorviante, tanto per
vendere fumo dicendo che va tutto bene e che Ilva collabora con la Regione”.
Proprio i giornalisti sono un problema per l’azienda. Tanto che ci sarebbero
rapporti “pericolosi” (la Procura sta inviando gli atti all’ordine). Archinà è
molto seccato delle notizie sui giornali. “Mi sto stufando perché fino a quando
io sò stato accusato di mantenere tutto sotto coperta, però nulla è mai
successo… nel momento in cui abbiamo sposato la linea, la trasparenza, non ci
raccogliamo più…. La situazione è complicata e se non si ha l’umiltà di dire
ritorniamo tutti a nascondere tutto”.  (La
Repubblica)

mercoledì 15 agosto 2012

Rush
finale! E dopo anche il comitato va in vacanza..

Ascolta con webReader

L’appuntamento è alle ore 8,30 a Piazza
Castello a Taranto: tutti in corteo il 17 agosto!!!

Stop ai
veleni Ilva!

Comunicato stampa di “Donne per
Taranto”

La posizione ufficiale del Comitato Donne per Taranto è stata
sempre quella della Chiusura dell’Area a caldo e dei siti inquinanti che
persistono sul nostro Territorio. Posizione da sempre a Tutela del Bene Supremo
e improcrastinabile che è la Salute al quale tutti gli altri Beni e Diritti ne
sono subordinati.
In questi anni il nostro impegno è stato sempre orientato a
denunciare uno stato di “emergenza sanitaria”, chiedendo che la Politica locale
e Nazionale intraprendesse azioni, non annacquate e approssimative, come  è
stato, ma reali, coraggiose e serie. Ne abbiamo ricevuto continuamente solo
silenzi assordanti portando, negli anni,  questo territorio ad un punto senza
ritorno, senza futuro e senza alternative in una situazione di emergenza
sanitaria e ambientale senza paragoni che certamente si sarebbe potuta
evitare.
Laddove la Politica è stata assente (o spesso dalla parte del
Profitto e dell’Industria) è intervenuta la Magistratura e ora paradossalmente
si assiste ad un improvviso e quanto mai “strano”  risveglio della Politica che
unica cosa che sta tentando di fare è frenare le azioni della Magistratura che
finalmente ha messo nero su bianco ciò che da anni, sbattendo contro muri di
gomma, stavamo denunciando: a Taranto si sta perpetuando uno dei crimini più
gravi dell’Umanità.

Una Politica sorda che si è persino inventata leggi
“ad-Personam” (pro-Ilva) non può adesso all’improvviso tornare sulla scena, una
scena dove continuano a calpestare il nostro Diritto elementare alla VITA.
Se
la Politica  ora può fare qualcosa è lasciare che la Magistratura compi il suo
percorso senza “minacce velate” che stanno mettendo in atto in un modo sottile e
pericoloso.
Se la Politica  ora può fare qualcosa è studiare strategie per
risanare questo territorio martorizzato da chi lo ha spremuto fino all’osso e
cercare fondi per fare in modo che la sua gente torni a vivere e lo faccia senza
Ilva e senza dover pagare un Prezzo così alto, come quello pagato fino ad
oggi.
Non capiamo e non condividiamo il risveglio di questa Politica che
unica cosa che continua  a fare è inseguire un sogno di una ECO-COMPATIBILITA’
impossibile da raggiungere.  Una ECO-COMPATIBILITA’ che le stesse perizie hanno
dimostrato essere impossibile. Cosa si sta inseguendo allora? Forse solo il
tentativo di “convincerci” che siamo destinati ad ammalarci e a morire perché se
l’Ilva dovesse chiudere questo territorio morirebbe e con esso l’industria
italiana? Noi diciamo NO a tale “terrorismo psicologico” e diciamo NO a chi
vuole fare di Taranto la culla del Profitto a beneficio di altre Industrie del
territorio Nazionale ma a scapito della nostra stessa Vita.
Noi continueremo
sempre a sostenere la Magistratura rigettando ogni tentativo di interferenza e
continueremo a vigiliare e a lottare perchè a Taranto si ottenga GIUSTIZIA . Il
nostro Grazie al GIP Patrizia Todisco e ai Magistrati di Taranto lo esprimeremo
ancora una volta partecipando alla Grande Manifestazione organizzata venerdì 17
dal Comitato “cittadini liberi e pensanti” e invitiamo tutta la Popolazione a
essere presente. L’appuntamento è alle ore 8,30 a Piazza Castello. Taranto
merita di Vivere senza ricatti: Taranto merita di VIVERE!

IMPRESA E AMBIENTE

Diretta / Ilva, finisce il
vertice con i ministri
Ferrante: “Dall’Ilva altri 56 milioni per bonifica” manifestanti in attesa di Clini e
Passera

Zona rossa  attorno alla prefettura e cortei
vietati: queste le misure di sicurezza adottate in occasione del vertice con i
ministri Clini e Passera, protesano gli ambientalisti.  Malumori per la
decisione del questore di limitare cortei “sotto la prefettura e nelle relative
adiacenze”.

http://bari.repubblica.it/cronaca/2012/08/17/news/diretta_ilva_tensione_a_taranto_cortei_vietati_nella_zona_rossa_mappa_in_arrivo_i_ministri_clini_e_passera-41067862/ 




Cronache
17/08/2012 –

Politici, funzionari, manager Inchiesta bis con
13 indagati

Corruzione, la mazzetta al perito
consegnata in autogrill

Guido Ruotolo inviato a Taranto
Tredici indagati, per concussione e
corruzione. Politici, funzionari pubblici, dirigenti Ilva, il rampollo del
patron Emilio, il «ragioniere» Fabio Riva. Gli uomini della Finanza l’hanno
chiamata «environment sold out», ambiente svenduto. E rende l’idea di una città
disperata, sotto ricatto permanente. Da un anno la procura di Franco Sebastio ha
l’esplosiva informativa dal nucleo operativo della Guardia di Finanza di
Taranto. Che solo in minima parte, con tantissimi omissis, è stata depositata al
Riesame, che ha confermato il sequestro degli impianti Ilva.



Sarà anche
vero che l’Italsider pubblica era un «assumificio» per clientele e notabilati
politici. Ma anche il privato, Emilio Riva, che ha preso l’acciaieria nel ’95,
ha messo sotto tutela la città. L’ha comprata, corrotta, intimidita, blandita,
come dimostra questa inchiesta con le sue chiarissime intercettazioni
telefoniche e ambientali.

L’uomo nero di questa storia è Girolamo
Archinà, il potente pr, pubbliche relazioni Ilva, detronizzato dal presidente
dell’Ilva Ferrante appena avuta lettura degli stralci di intercettazioni
depositate al Riesame. C’è una storia, che può apparire banale, ordinaria per la
sua dinamica. Un autogrill, le telecamere della sicurezza che riprendono i due
uomini passeggiare, con uno che consegna all’altro una busta bianca. Storia
ordinaria di corruzione. Solo che uno dei due è un professor universitario, un
perito nominato dal pm Mariano Buccoliero, Lorenzo Liberti, e l’altro è il
grande corruttore (che agisce su mandato della proprietà) Girolamo Archinà. Sono
loro, anche perché riconosciuti da una dipendente dell’autogrill in questione.
Liberti era uno dei periti che doveva accertare la provenienza delle diossine
che avevano avvelenato capre e pecore.
Il giorno prima di questa
sequenza, Archinà chiamò il cassiere dell’Ilva, Francesco Cinieri, chiedendogli
di preparare 10.000 euro («dieci per domani, se sono da cinquecento è meglio»).
Ma i tagli utilizzati furono da 50 e 100 euro. «E’ tutto pronto… tra un’oretta
c’è G. (l’autista, ndr) da te». «Ma devo portare la valigetta per ritirare la
somma?». Cinieri: «La busta entra in tasca…».
Grande Archinà, che non
delega il lavoro sporco a qualche suo sottoposto. E’ lui che consegna le buste.
Che ha rapporti con sindacalisti diventati politici, politici diventati uomini
delle istituzioni, pubblici funzionari e persino prelati. Sempre nella logica di
fare opere di bene. In cambio, però, di non far disturbare il manovratore. Ci
voleva pure l’Aia, autorizzazione integrata ambientale, con tutte le
prescrizioni e un inter burocratico di sette anni.
«Per quanto riguarda
la commissione Ipcc (la commissione delegata a fare l’istruttoria per l’Aia,
ndr), si rileva che il Girolamo Archinà si è appositamente accordato con il
dottor Palmisano, che è un funzionario della Regione Puglia incaricato di
rappresentare l’ente nelle riunioni della conferenza dei servizi che si tengono
presso il ministero dell’Ambiente, finalizzate a istruire la pratica per il
rilascio dell’Aia. Dalle telefonate si rileva che l’intervento dell’Archinà
verso il predetto Palmisano sia stato finalizzato a sensibilizzare quest’ultimo
nel dare una mano all’Ilva. Emerge anche il tentativo di pilotare i lavori della
commissione Ipcc a favore dell’Ilva, evidenza, questa, che ancora una volta
dimostra la capacità di infiltrazione degli uomini dell’Ilva a tutti i
livelli».
Era l’inviato a L’Avana, Palmisano. Ufficialmente partecipava
alle riunioni per conto della Regione, in realtà, sospettano gli uomini della
Finanza, curava gli interessi dell’Ilva. Un doppiogiochista, insomma. «Il fatto
che la commissione debba essere pilotata e che, comunque, sia stata in un certo
modo in parte avvicinata, si rileva anche dalla seguente conversazione nella
quale l’avvocato Perli di Milano (legale esterno dell’Ilva) aggiorna il
ragionier Fabio Riva sui rapporti avuti con l’avvocato Luigi Pelaggi, che è capo
dipartimento presso il ministero dell’Ambiente. Perli gli comunica che Pelaggi
gli ha anche riferito che la commissione ha accettato il 90 per cento delle loro
osservazioni e la visita riguarda il 10 per cento restante. Perli aggiunge che
non avranno sorprese e comunque la visita della commissione in stabilimento va
un po’ pilotata».


Che presenza soffocante, l’Ilva a Taranto. Adesso il nuovo numero uno, Bruno
Ferrante, promette di voltare pagina. Ma il passato rischia di tornare
attualissimo. Sotto forma di un provvedimento dell’autorità
giudiziaria.

http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/465735/ 

17/08/2012 13:55

ILVA, NUOVI INDAGATI NELL’INCHIESTA BIS

Manager, politici e funzionari pubblici tra le sedici persone finite
nell’inchiesta della Guardia di Finanza da cui emerge il sistema adottato dai
vertici dell’azienda per evitare i controlli

Servizio di Rossana Russo

ANZA’, DIOSSINA, FABIO RIVA, FERRANTE, ILVAGIROLAMO ARCHINA’, ISOLA DELLE FEMMINE, ITALCEMENTI, LORENZO LIBERTI, LUIGI PELAGGIA.I.A., PETRUZZELLA, TARANTO, TODISCO, TODISCO PATRIZIA, A.I.A. ITALCEMENTI 693 LUGLIO 2008,

IL DELIRIO DI VENDOLA:
«Vietato chiudere
l’Ilva»

di Gianni Lannes
Per dirla con Oscar Wilde: “Mentire con garbo è
un’arte, dire la verità è agire secondo natura”. Allora, veniamo al delirio di
Vendola, un classico già sperimentato due anni fa con le regalie del governatore
in soldoni pubblici al mafioso don Luigi Verzé. Dichiara l’illuminato Nichi: «Il
percorso è indicato proprio nell’ordinanza del gip. Si può garantire fin da
subito la salute dei cittadini senza dover chiudere gli impianti: l’Ilva è una
città e se chiudesse ci troveremmo di fronte al più impressionante cimitero
industriale del mondo». Lo ribadisce il presidente della Puglia Nichi Vendola
sottolineando che «adesso spetta all’Ilva rimuovere dalla scena del siderurgico
tutto ciò che nuoce. L’ordinanza del gip – precisa – descrive puntualmente quali
sono gli elementi che pregiudicano la salute dei cittadini e credo che l’Ilva
abbia le competenze per attuare un programma di interventi a brevissima, media e
lunga scadenza. Deve rimuovere subito quegli elementi che compromettono
l’insieme del diritto alla salute, dalle partite di acquisto di cospicue
quantità di filmante che serve a ridurre al minimo lo spolverio, come la
riduzione della produzione nei giorni di vento forte, l’installazione di
centraline di un monitoraggio più in profondità dell’impianto, che noi abbiamo
chiesto». Per Vendola è «Offensivo l’attacco del giudice Amendola, perché noi,
come Regione, abbiamo fatto la differenza in questi anni. I primi controlli
all’Ilva li ho fatti io nel 2008. Oggi abbiamo una legge antidiossine e
antibenzopirene». Vendola insiste sulla necessità di una mediazione e si chiede
se davvero «possa chiudere il più grande polo dell’acciaio. E’ progressista –
aggiunge – che l’Italia dismetta alcune sue antiche e robuste tradizioni
produttive? E’ legittimo pensarlo, ma io non sono d’accordo». 
Vendola, anche lei è sul libro paga del clan Riva?

Ilva fuorilegge – Nichi Vendola non parla, narra frottole
incommensurabili. E basta poco per smascherarlo, se ancora ce ne fosse bisogno.
 E allora diamo un’occhiata alle cifre ufficiali. L’Ilva è il
quarto gruppo siderurgico d’Europa e fattura 8 miliardi di euro. La società Utia
sa (Riva Fire) ha sede in Lussemburgo: un paradiso fiscale non a caso.
 Prendiamo il “Rapporto Ambiente e Sicurezza 2011” dell’Ilva
S.p.A:
i numeri smentiscono Vendola. Il dato emerso dall’ultima campagna per
la rilevazione di diossine e furani nei fumi delle emissioni del camino E312
effettuata da Arpa Puglia, che ha registrato un risultato pari a 0,2 ng ITE/
Nmc. Risultato inferiore al valore limite imposto dalla legge regionale – numero
44 del 19 dicembre 2008 – di 0,4 ng ITE/Nmc.  Questa normativa
regionale  pur essendo stata ammorbidita dalla giunta Vendola nel
marzo del 2009, parla chiaro: dopo aver effettuato tre campagne di misura
annuali, il valore di emissione su base annuale sarà ottenuto mediante la media
aritmetica dei valori di emissione delle campagne di misure effettuate. Media
aritmetica che non dovrà essere superiore al valore limite imposto dalla legge
regionale stante in 0,4 ng ITE/Nmc. Ora: se la matematica non è un’opinione,
sommando le tre campagne di rilevazione effettuate da Arpa Puglia (febbraio 0,68
+ maggio 0,70 + novembre 0,20) il risultato che ne vien fuori è 1,58 che diviso
tre porta la media annuale a 0,52 ng ITE/Nmc: un risultato sicuramente
importante, ma che è semplicemente oltre il limite imposto dalla legge
regionale, che essendo entrata in vigore il 1 gennaio 2011, non può essere
considerata dai dirigenti un obiettivo da raggiungere, bensì un limite da
rispettare: punto. Dunque: l’Ilva è semplicemente fuorilegge. 
Inoltre: ciascuna di queste campagne di rilevamento solo di diossine e
furani, ma non di mercurio o addirittura di radioattività  (che
avvengono “senza preavviso”, ma con i tecnici Arpa che impiegano ben 90 minuti
per arrivare dai cancelli d’ingresso al camino E-312 e montare la relativa
attrezzatura) si articolano su tre misure effettuate in tre giorni consecutivi
di 8 ore ciascuna. Ora: sempre se la matematica non è un’opinione , parliamo di
24 ore a campagna, per un totale di 72 ore di rilevamento dati. L’Ilva però, è
un impianto sempre in ciclo, che opera 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno. Un
anno è composto da ben 8.760 ore, quindi siamo su una percentuale di 0,82 ore
coperte nell’arco di un intero anno. Quanto è efficace una legge che è stata
modificata proprio per occultare la verità? La legge in questione prevede che
“il valore di emissione derivato da ciascuna campagna sarà ottenuto operando la
media aritmetica dei valori misurati, previa sottrazione dell’incertezza pari al
35%”, come del resto prevede anche la norma UNI EN 1948:2006 dell’Unione Europea
sulle rilevazioni delle emissioni tossiche, a cui la legge regionale fa
riferimento. Sapere quanta diossina viene emessa dal camino E-312 ogni singolo
secondo, sarebbe tutt’altra storia e darebbe senz’altro risultati scientifici
inconfutabili e certi. E qui siamo costretti a riaprire la famigerata diatriba
relativa al “campionamento in continuo” delle emissioni di diossina e furani dal
camino E-312, che ha vissuto una storia sin qui alquanto tribolata. Questione
che all’Ilva non riguarda, e a ragion veduta, visto che nel Rapporto gli vengono
dedicate pochissime righe a pagina 55, in cui l’azienda sostiene essere ancora
in corso d’opera la prima fase dello studio di fattibilità sulla sperimentazione
di tale operazione, che è partita ufficialmente lo scorso 21 marzo. Poi, nello
scorso luglio, ad Arpa Puglia arrivò una comunicazione da parte del Ministero
dell’Ambiente, secondo cui si era messo in moto In origine, l’articolo 3 della
legge regionale prevedeva l’obbligo di tale campionamento: poi, nel marzo del
2009, tale articolo fu “aggiustato” diventando un campionamento da svolgere
minimo tre volte in un anno. Ma nella “revisione” del 2009, non avvenne la
totale prescrizione dell’articolo 3, ma soltanto una semplice aggiunta di un
“comma 1 bis”, lasciando così in vigore l’articolo 3 in cui è previsto
“l’obbligo per le aziende di presentare un piano per il campionamento in
continuo”, che come detto è ancora lungi dall’essere concretizzato.
 

Ed
è fondamentale rammentare come il sindaco Stefàno abbia sempre osteggiato
la possibilità di tale campionamento. D’altronde, ancora persuaso nel 2012 di
come non sia possibile “dire con certezza chi sono i colpevoli dell’inquinamento
a Taranto”, allo stesso Sindaco non fece difetto asserire in più di una
circostanza come “il campionamento in continuo non è possibile. Questo non lo
dico io ma studi scientifici che dimostrano quanto controproducente possa
risultare qualora utilizzato”. Lo stesso direttore di Arpa Puglia, Giorgio
Assennato
, in occasione della presentazione dei primi dati del registro
tumori di Taranto nel luglio 2011, dichiarò che chi parlava di campionamento in
continuo “non ha capito una mazza dell’argomento”. Sempre su questo tema, quando
il 5 luglio venne rilasciata l’AIA all’Ilva, l’assessore all’ambiente Nicastro
asserì che era stata anche stabilita, tra le prescrizioni del documento, una
data certa per la partenza di tale campionamento, che però a tutt’oggi non è mai
stato in grado di fornire. Che il campionamento in continuo sia controproducente
è una certezza: per chi e perché, è sin troppo facile dedurlo. 
Insieme alle diverse verità nascoste, nel Rapporto Ambiente e Sicurezza
2011 dell’Ilva S.p.A. molte altre sono state consapevolmente dimenticate. O
colpevolmente taciute.


Danni incommensurabili – A parte i malati e i morti in termini economici,
sarebbe utile quantificare i danni provocati dall’inquinamento dell’Ilva. Per
esempio, sarebbe interessante capire perché a pagare i danni sia sempre e
soltanto la popolazione e non  le marionette di Governo nazionale e
locale. Perché l’abbattimento degli ovini, l’economia che esse producevano e il
(misero) rimborso alle aziende non viene pagato dagli inquinatori ma dalle
Istituzioni, come la Regione e quindi con i soldi dei contribuenti. Chi pagherà
quei mitilicoltori che da luglio 2011 sono fermi nella produzione perché il Mar
Piccolo è inquinato? Naturalmente, la popolazione: circa 1 milione di euro, a
spese dei contribuenti. E chi ripaga l’agricoltura? Pensate soltanto
all’agrumicoltura. E l’elenco potrebbe allungarsi notevolmente, sino alle
malattie derivanti dall’inquinamento che negli anni è costato in termini di vite
umane e di risorse economiche sanitarie. E allora: quanto  costa
veramente l’Ilva? E quanto ripaga la Puglia? Ecco perché sarebbe interessante
chiedere ai dirigenti Ilva o ai loro divini narratori perché nel corposo volume
aziendale manchi una parte relativa a tutto quello che testimonia, a livello
scientifico, il volume complessivo dei danni che questo inferno ha causato al
territorio tarantino.

Omissioni e rimozioni – Nel palazzo di governo è  stato
dimenticato il rapporto dei Carabinieri del NOE nel quale venivano
riportate tutte le irregolarità riscontrate nel corso di 40 giorni di indagini
ed appostamenti effettuati dal nucleo speciale dell’Arma. Un rapporto presentato
presso la Procura di Taranto  nell’udienza dell’incidente
probatorio portato avanti dal pm Patrizia Todisco, attraverso il quale i
Carabinieri consigliavano il sequestro gli impianti del siderurgico al fine di
poter avviare un’indagine approfondita sullo stesso. Rapporto che il 4 luglio
scorso arrivò via fax anche al Ministero dell’Ambiente, ma la conferenza dei
servizi sull’AIA dell’Ilva svoltasi il giorno dopo, pur prendendone visione, non
lo ritenne di una rilevanza tale da comportare modifiche alle prescrizioni
licenziate dalla Commissione Istruttoria IPPC.

In quel rapporto però, veniva ad esempio posto
l’accento sul fenomeno dello “slopping”, la dispersione dai tetti delle
acciaierie delle famose nuvole di fumo rosso dovuto alla presenza di ossidi di
ferro, chiaro indice della scarsa efficacia delle prescrizioni per contrastarle
previste nell’AIA dell’Ilva. Nel rapporto del NOE si denunciava anche un uso
distorto delle torce di tipo continuativo, come pratica di smaltimento e non
legato ad eventi eccezionali (come ad esempio le emergenze e/o problemi di
sicurezza). L’ultima denuncia del rapporto del NOE riguardava la preoccupante
situazione in cui versa l’area Gestione Rottami Ferrosi. Il rapporto del NOE
evidenziava l’insufficienza sia della portata delle prescrizioni imposte
nell’AIA, sia dei controlli su quanto dichiarato dall’Ilva nel suo piano di
risanamento. In particolare si rilevava “l’assenza di sistema di captazione e
depolverazione nell’area taglio rottami ferrosi, il sottodimensionamento e
l’avaria di quello installato nell’area adibita al taglio dei fondi delle
paiole”.



Così come non abbiamo trovato nelle pagine del
Rapporto, nulla che facesse riferimento al verbale della Conferenza dei Servizi
Decisoria “per acquisire le intese ed i concerti previsti dalla normativa
vigente in materia d’approvazione dei progetti di bonifica concernenti
l’intervento sul “Sito di Interesse Nazionale di Taranto” datata 15 marzo 2011 a
Roma, dopo la comparsa del quale l’iter dell’approvazione della legge regionale
sulla bonifica delle falde si è stranamente arenato.

In quel verbale veniva sottolineato come il Piano di
Caratterizzazione sito-specifico presentato dall’Ilva S.p.A. fosse incompleto
vista “la perdurante assenza della conseguente Analisi di Rischio che deve
concorrere alla definizione dei nuovi valori soglia al fine di stabilire
definitivamente il livello di effettivo inquinamento”. Inoltre, risultava
protocollata anche una nota diretta dell’Ilva S.p.A. (DIR/28 del 16/04/2010), in
cui la stessa azienda dava conto dei livelli di notevole inquinamento della
falda. Come veniva chiaramente sottolineato che il rilascio dell’A.I.A. “non
esime il titolare dell’impianto di avviare e concludere nei tempi previsti il
procedimento di bonifica e risanamento ambientale per il sito in questione”.
Infine, veniva chiesto agli organi di controllo (Polizia Provinciale, ARPA e
ASL) di effettuare idonei sopralluoghi a cadenza ravvicinata “al fine di rendere
edotti i soggetti sullo stato attuale del sito, con particolare riferimento agli
usi delle acque di falda contaminate e/o ai rischi professionali e sanitari
degli operatori/fruitori del sito”. Inutile dirvi che l’Ilva ha fatto ricorso al
Tar di Lecce.  

A memoria
umana – Non abbiamo dimenticato gli oltre 1.600 capi di bestiame
abbattuti dall’Asl di Taranto per la presenza negli stessi di livelli di
diossina superiori al limite di legge. Non abbiamo dimenticato le lacrime, la
disperazione, il dramma degli allevatori delle masserie della provincia ionica
(come le famiglie Fornaro e D’Alessandro). Non abbiamo dimenticato i
mitilicoltori tarantini, a cui viene impedito di lavorare a causa di un
inquinamento senza precedenti da Pcb che ha avvelenato il 1° seno del Mar
Piccolo (ma state pur certi che prima o poi verrà fuori il nome di chi ha
riempito per anni la cava del terreno dell’azienda San Marco Metalmeccanica di
materiale di risulta industriale, che combacia con la falda profonda che segue
un percorso che finisce proprio nel 1° seno). Non abbiamo dimenticato che anche
quest’anno è stato registrato il doppio sforamento nel quartiere Tamburi sia
delle polveri sottili (PM10) sia del benzo(a)pirene. Non abbiamo dimenticato il
rifiuto da parte dell’Ilva di installare delle centraline all’interno del
perimetro del terreno occupato dal siderurgico, previste dal piano della Regione
e di Arpa per il rilevamento del benzo(a)pirene (a cui Eni e Cementir hanno
detto sì). Non abbiamo dimenticato le tombe e le cappelle del cimitero “San
Brunone” ed i palazzi “rossastri” del rione Tamburi, investiti da decenni dalle
polveri dei parchi minerali che l’Ilva si ostina a non voler coprire, sostenendo
che basterà il semplice barrieramento e la conclusione delle colline ecologiche.
Non abbiamo dimenticato il continuo mancato pagamento dell’Ici ed il ricatto
imposto all’attuale amministrazione comunale per non pagare gli interessi sulla
cifra da versare (da 13 milioni di euro si è passati ad 8 milioni). Non abbiamo
dimenticato, e non abbiamo intenzione di farlo, l’inquinamento senza precedenti
prodotto consapevolmente e senza riguardo alcuno per la dignità umana dal 1961
ad oggi. Non abbiamo dimenticato i tanti ammalati di Taranto e provincia. E non
solo quelli colpiti dalle varie forma di tumore: ci riferiamo ad esempio alle
donne affette da endometriosi, patologia poco nota, ma molto diffusa in loco. Ci
riferiamo alle tante donne e ai tanti uomini colpiti da infertilità. Come non
abbiamo dimenticato le migliaia di morti, tra parenti, amici e conoscenti,
disseminati negli ultimi 50 anni e che ognuno di noi porta in fondo al cuore. E
i tanti giovani andati via da questa città e che mai più torneranno. 

Non abbiamo
dimenticato il vescovo  Benigno Papa. In una delle sue
ultime uscite ufficiali prima del passaggio di consegna al collega Filippo
Santoro. 

Nella rivista IL PONTE (edita da Riva) e distribuita fra i
dipendenti e gli enti del territorio,  si può ammirare
un’intervista di tre pagine nelle quali il prelato tesse le lodi della famiglia
Riva. Neanche un riferimento al disastro ecologico o al quartiere Tamburi. Non
una parola sulle numerose denunce dei cittadini. Insomma uno spot per chi
inquina. Se poi, in occasione della festività di S. Cataldo, il marchio Ilva è
tra i primi a comparire in qualità di sponsor della manifestazione, diventa
difficile dar torto a chi ricordava che la dignità non si compra e che, i soldi
donati alla chiesa Gesù Divin Lavoratore per il rifacimento della facciata, non
erano che un obolo interessato. Lo hanno capito tutti, tranne monsignor Papa che
addirittura, in una lettera, ringraziò l’ingegner Riva a nome della comunità
(“Ho già scritto all’ing. Riva – scrisse l’Arcivescovo ai fedeli del quartiere –
per esprimergli la mia e vostra riconoscenza”). Parole che fecero inorridire i
cittadini dei Tamburi e non solo, così come l’accusa di ‘inquinamento morale’
che giunse pochi mesi dopo ai cittadini che scendevano in piazza per chiedere un
ambiente migliore. Inquinamento morale che, evidentemente, non riguarda i tanti
silenzi sul disastro ambientale o il Cataldus d’argento per il volontariato
consegnato al responsabile rapporti istituzionali dell’Ilva (siderurgico che era
 fra i finanziatori dell’iniziativa). Non abbiamo dimenticato le
morti bianche degli operai, assassinati nel siderurgico per una logica di
profitto a tutti i costi.

E
non abbiamo nemmeno dimenticato i tanti politicanti, sindacalisti, prenditori,
intellettuali e  personaggi da palcoscenico, che hanno sempre
saputo, ma hanno preferito coprire, tacere, ignorare, insabbiare.
 Noi non dimentichiamo. E non dimenticheremo. Mai.
 





http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2012/08/il-delirio-di-vendola-vietato-chiudere.html 



 

ILVA Taranto / legalità e
libertà, poggiano sull’equilibrio e 

sulla separazione dei poteri: il governo tra
caso AIA e 

nomine dubbie affossa la democrazia

mercoledì 15 agosto 2012 di Erasmo Venosi

La vicenda dell’Ilva e la paventata ipotesi di emanazione di un
decreto che sospenda l’ordinanza del GIP di Taranto, da il senso e la misura
della precarietà raggiunta della nostra democrazia e della teorica e strumentale
sovranità del popolo che, tale non è se non si accompagna all’effettiva
sovranità della legge. È insufficiente una Costituzione fatta di belle parole
come insufficienti sono le promulgazioni di leggi se è messa in discussione, una
prassi giudiziaria garante dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge.
Nella Democrazia reale la legge ha potere assoluto.
Negli Stati Uniti circa un decennio fa accadde un episodio, la cui
modalità di soluzione dimostra la differenza che intercorre tra astratte
garanzie scritte sulla Carta e la loro effettiva applicazione. La Microsoft di
Bill Gates, azienda essenziale per l’equilibrio dell’economia statunitense a
causa dell’enorme valore delle sue esportazioni fu denunciata e condannata per
violazione della legge antitrust. Il Principio di ogni vera democrazia che,
consente di proteggere legalità e quindi libertà, poggia sull’equilibrio e sulla
separazione dei poteri.
La vicenda Ilva e dello strumento che, avrebbe dovuto consentire
la riduzione integrata dell’inquinamento è emblematica e rappresentativa di come
sia tutelata la salute e l’ambiente in Italia. La fabbrica avrebbe dovuto
dotarsi di tecnologie a basso impatto da almeno un decennio e per effetto di
cogenti norme comunitarie e interne. Invece tra legge, decreti attuativi e
cavilli procedurali siamo arrivati alla situazione di oggi. Attenzione:
l’autorizzazione integrata ambientale quale strumento di gestione
dell’inquinamento determinato dal settore produttivo, riguarda circa 200
impianti di competenza statale e 8000 di competenza regionale sui quali grava un
colpevole silenzio. La vicenda della Commissione del Ministero dell’Ambiente per
la concessione delle AIA è emblematica per comprendere, la concezione che i
legislatori e il Governo hanno di questi importanti strumenti operativi.
La Commissione AIA nominata dal Governo Prodi, fu esautorata dal
Governo Berlusconi nel luglio del 2008. Il Ministro dell’Ambiente nominò una
nuova Commissione, in cui emergevano alcune caratteristiche “particolari” : il
presidente era un ingegnere laureatosi sei anni prima e che faceva il
ricercatore nella Università privata siciliana Kore di Enna: tra le sue
pubblicazioni più significative emergevano le “Potenzialità del ravaneto nella
tecnica delle costruzioni stradali” oltre a una pubblicazione sulla gestione dei
rifiuti urbani in Sicilia. Altro elemento che colpì, fu la presenza di tre
magistrati della terza sezione del Tar del Lazio sotto cui ricadono le
valutazioni sui ricorsi all’Aia. Relativamente all’Aia , mentre il Gruppo
Istruttore del Ministero dell’Ambiente nominato per Ilva ed esautorato nel 2008
era composto da tre ingegneri , un chimico e un medico . Il Gruppo della
Commissione nominata dal Ministro Prestigiacomo per l’Aia su Ilva aveva come
presidente l’Ing. Bonaventuura Lamacchia deputato per la lista Dini e poi Udeur
costretto alle dimissioni per condanne a 2 anni e 5 mesi. In seguito fu nominato
un nuovo gruppo Istruttore, composto da due ingegneri, un chimico e due
magistrati della terza sezione del Tar del Lazio, Stefano Castiglione e Umberto
Realfonzo come è possibile riscontrare nel decreto del Ministro dell’agosto
2011.
A me pare non proprio il massimo, affidare un’istruttoria tanto
complessa che comprende, una cokeria, un impianto di agglomerazione, un
altoforno, un’acciaieria, la produzione di laminati e di tubi e che occupa
un’area nella sola Città di Taranto, equivalente a un quadrato avente un lato
lungo 3 km a un gruppo tecnico che, su cinque commissari ne comprende due che
sono magistrati amministrativi ovvero totalmente ignari dell’oggetto della
istruttoria.
Oggi responsabili istituzionali, politici, sindacalisti e
giornalisti parlano e citano Ilva come la più grande azienda siderurgica
d’Europa di cui non se ne può fare a meno, ma nessuno di questi soggetti ha mai
aperto bocca sui patologici ritardi nella applicazione della normativa sull’Aia
, sulla distruzione della Commissione Aia insediata dal precedente Governo per
motivazioni clientelari (la maggioranza dei nuovi commissari erano siciliani
come il Ministro) e l’immissione di tre magistrati della terza sezione del Tar
del Lazio competente per la valutazione dei ricorsi all’Aia.
Nessuno si è mai interrogato sui potenziali rischi per una Città
che, ha dieci impianti a rischio di incidente rilevante. Criminale chi ha
concesso ripotenziamenti d’impianti, nuove centrali in una Città in emergenza
ambientale da venti anni. E ancora mi piacerebbe leggere dichiarazioni da parte
dei Bersani, di Casini, di Alfano e dell’incredibile tuttologo onnipresente ex
direttore generale del Ministero dell’Ambiente per sapere a che punto si
trovano, i circa 8200 procedimenti potenziali di Aia che rappresentano l’unico
strumento di tutela di quel bene primario e fondamentale che si chiama salute  

Quando questo Ministro “performante“ adempierà quanto disposto
dall’art 13 dell’ex dlgs 59 del 2005 istituendo l’Osservatorio IPPC
sull’applicazione comunitaria, nazionale e regionale della direttiva sull’Aia e
posto al servizio delle autorità competenti? Dall’istituzione dell’Osservatorio
discende l’obbligo per l’Autorità Competente di comunicare annualmente al
Ministero dell’Ambiente i dati concernenti, le domande di Aia ricevute, le
autorizzazioni rilasciate e i successivi aggiornamenti oltre che un rapporto
sulle situazioni di mancato rispetto delle prescrizioni dell’autorizzazione
integrata ambientale. Chissà egregio Ministro Clini se la vera ragione per la
mancata istituzione dell’Osservatorio non sia rappresentata da quanto prescrive
il quarto comma dell’art 13 dell’ex dlgs 59 del 2005 ? “ Al funzionamento
dell’osservatorio si provvede mediante le risorse umane, strumentali e
finanziarie in dotazione del Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio a legislazione vigente. Ai componenti dell’Osservatorio non spettano
compensi, ne’ rimborsi spese e gli stessi assicurano la partecipazione
nell’ambito delle attività istituzionali degli organismi di provenienza. In ogni
caso dall’attuazione del presente articolo non derivano oneri aggiuntivi a
carico dello Stato”.

I medici dell’Isde: “La nube della discarica è tossica”

L’Isde, Associazione Medici per l’Ambiente, ha inviato una lettera al sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, all’assessore alla Vivibilità, Giuseppe Barbera, e all’Aziende partecipate, Cesare La Piana, per chiedere un incontro sull’emergenza nella discarica di Bellolampo. Il sito, come sottolinea il chimico Gioacchino Genchi, membro dell’Albo degli Esperti di ISDE Italia, “continua a fumare, come ha dichiarato ieri il capo dei vigili del fuoco, il quale ha confermato che l’incendio non è finito e ci vorrà ancora tempo per lo spegnimento”. Vi proponiamo, di seguito, il testo integrale della lettera.

ISDE Palermo, sezione provinciale di ISDE Italia-AIMPA-Associazione Medici per l’Ambiente, che ha già dato la sua disponibilità alla collaborazione gratuita con codesta Amministrazione, riguardo alla vicenda relativa all’incendio di Bellolampo chiede un incontro con il Sindaco On. Prof Leoluca Orlando e gli assessori Cesare La Piana e Giuseppe Barbera, mettendo a disposizione i propri esperti per valutare e affrontare al meglio il rischio sanitario legato all’immissione in ambiente e catene alimentari di sostanze tossiche (particolato ultrafine, metalli pesanti, molecole diossina-simili, IPA etc. ) a partire dalle seguenti considerazioni:

1 Come medici, biologi, chimici impegnati da anni nel campo dell’epidemiologia e della cancerogenesi ambientale pur apprezzando l’Ordinanza comunale emessa, temiamo vengano sottovalutatati i rischi di medio-lungo termine per la salute di centinaia di migliaia di cittadini, che per circa una settimana sono esposti a considerevoli quantità di sostanze tossiche e mutagene e deprechiamo la carenza di dati certi concernenti la tipologia e le quantità di inquinanti (riguardo ai dati ARPA rimarchiamo che non vengono fornite chiare informazioni sulla durata oraria dei campionamenti e neppure sulla direzione del vento in relazione ai siti campionati al momento degli stessi)

2 A fronte delle comprensibili rassicurazioni da parte delle autorità e delle istituzioni che devono tutelare la salute dei cittadini, è infatti impossibile negare che la nube che ha gravitato sulla città (inevitabilmente carica di particolato ultrafine, metalli pesanti, idrocarburi poliaromatici, diossine) ha tutti i motivi per essere “tossica”. Dal RAPPORTO PRELIMINARE DI ARPA SICILIA 3 AGOSTO 2012 si evince, del resto, la presenza di elevati valori, “tipici di un processo di combustione incontrollata”, di composti organici volatili-VOCs -solventi organici aromatici, derivati fenolici, solventi organici clorurati, Idrocarburi Policiclici Aromatici, derivanti prevalentemente dalla degradazione di materiali organici plastici e cellulosici e BTEX (Benzene, Toluene, Etilbenzene e Xileni)- e di un modesto incremento dei valori di PM10 rispetto ai valori ordinariamente rilevati (non appare del tutto convincente l’asserzione secondo cui il modesto incremento di particolato fine PM10 sarebbe indizio di una ricaduta non elevata di diossine).

3 Più facilmente eseguibile (anche se non dirimente) sarebbe un rapido computo degli effetti sanitari immediati della nube tossica, (mediante un semplice conteggio dei decessi) per cause verosimilmente connesse all’inquinamento (confrontando i dati di mortalità per patologie cardiovascolari e respiratorie acute con quelli delle settimane precedenti e dello stesso periodo degli altri anni). Dobbiamo peraltro sottolineare che i reali effetti sulla salute di una simile, protratta immissione in ambiente e catene alimentari delle suddette sostanze tossiche persistenti saranno in gran parte dilazionati nel tempo e quindi di impossibile valutazione.

Il valore della extra-mortalità (morti attribuibili ad una certa causa) potrebbe comunque contribuire a convincere anche i nostri più restii concittadini e amministratori a impegnarsi finalmente nell’attuazione di una corretta filiera di trattamento dei materiali post-consumo basata (come prescritto da tutte le normative nazionali ed europee) su prevenzione e raccolta differenziata spinta, che rappresentano l’unica soluzione vera al problema dello smaltimento dei rifiuti. Vorremmo a questo proposito chiedere ai Sig. Commissari dell’AMIA a che punto sia la predisposizione delle filiere di riciclo del materiale raccolto, con particolare riferimento all’organico, visto che sarebbe stata attivata da tempo una sperimentazione sulla raccolta differenziata. Temendo che la risposta sia “non c’è niente di realmente operativo” vorremmo dare loro qualche suggerimento: l’attivazione rapida della raccolta e trattamento dell’organico, che rappresenta da solo il 50% di tutto il volume prodotto dai cittadini ed è attivabile immediatamente purché se ne abbia voglia e si impegni tutto il personale disponibile, rappresenta una priorità assoluta. A meno che dietro al colpevole, annoso “ritardo” nell’attuazione delle normative e nel raggiungimento degli obiettivi minimi prescritti non ci siano: da un lato la precisa volontà di perpetuare circuiti viziosi che permettano a vari soggetti di lucrare in vario modo e a vario livello su una cattiva gestione dei rifiuti; dall’altro la programmazione di impianti (inceneritori, pirogassificatori etc.) che renderebbero per sempre impossibile la realizzazione di una corretta filiera di riciclo e riuso di materiali preziosi (carta, imballaggi, plastiche etc.) con grande risparmio per i cittadini e per le istituzioni e salvaguardia dell’ambiente e della salute pubblica.

Con la presente chiediamo al Sindaco di Palermo On. Prof. Leoluca Orlando e agli assessori competenti un incontro urgente con i nostri esperti indicati in calce, con l’obiettivo di dare a codesta Amministrazione, nella quale riponiamo grande fiducia, un contributo concreto per la corretta valutazione dei rischi e per l’attuazione delle strategie precauzionali utili a ridurre l’esposizione dei soggetti maggiormente a rischio (donne in gravidanza, bambini, anziani).



Con osservanza


Ernesto Burgio, pediatra, Presidente ISDE Scientific Committee (International Society of Doctors for Environment); Coordinatore Comitato Scientifico ISDE Italia; Presidente ISDE Palermo


M.Gabriella Filippazzo, epidemiologa, membro dell’Albo degli Esperti di ISDE Italia e Vicepresidente ISDE Palermo


Gioacchino Genchi, chimico, membro dell’Albo degli Esperti di ISDE Italia

I medici dell’Isde: “La nube della discarica è tossica”

BELLOLAMPO,DIOSSINA,TERMOVALORIZZATORI,TUMORI,INQUINMENTO,BENZENE,CEMENTIFICI,CROMO ESAVALENTE,PETCOKE.ITALCEMENTI,ILVA

ITALCEMENTI

Notizie su: Italcementi, Qualità dell’aria, Salute, Occupazione, Autorizzazione Integrata Ambientale, Pet-coke, Aziende Insalubri, Ricorso al T.A.R., A.R.P.A.,Vigili Urbani, IPPC, Inquianmento delle falde acquifere, Cromo Esavalente, Centraline per il contro della qualità dell’aria, Mercurio, Zinco, Tumori, Crisi economica e Ripercussioni sulle aziende cementifere, Ristrutturazione Italcementi, Revamping, Rappresentanze Sindacali, Legambiente, Calusco d’Adda, La vita in diretta, S.I.C. e Z.P.S., Regione, Ente minerario, Denunce, querele, esposti, Portobello, Cutino, Licenza carbonile Raffo Rosso, Capannone su via libertà, Sviluppo Turistico di isola delle Femmine, Responsabilità sociale della Italcementi nei confronti della comunità isolana……….:

Italcementi Economia e Ristrutturazione

*ITALCEMENTI LAVORO SALUTE e SVILUPPO

*Italcementi di Vibo verso la crisi

*Cementeria Buzzi Unicem Osservazioni alla Valutazione Impatto Ambientale

*Italcementi Le Parrocchie contro il revamping

*Italcementi Monselice: la commissione ambiente boccia il revamping

*T.A.R.

*DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI: Dichiarazione dello stato di emergenza in ordine alla situazione di crisi socio economico ambientale determinatasi, nel settore dello smaltimento dei rifiuti solido- urbani, nel territorio della Regione siciliana. Lombardo nominato Commissario straordinario

*Rifiuti e Bilanci Gestione dei rifiuti, Russo conferma Portobello smentisce

*Corte dei Conti Bilancio previsione 2008

*Ambiente e politica ad Isola delle Femmine

*Il Vespro

*D’Arpa viene emessa Ordinanza 67/R.O. 4.12.05

*D’Arpa Lottizzazione Di Matteo (Billeci, Marino…..)

*D’Arpa ROS sequestrano beni al catasto intestati a parenti del D’Arpa

*Aggiornamento di Sicileas Saracen Fin Imm Faraci Impastato D’Arpa una storia che si tinge di…….

*Elauto ufficio tecnico comunale prg parcheggio pubblico

*ELAUTO variante in corso d’opera

*Immordino avvocato (DELIBERA DI GIUNTA 61 23 7.09)

*l’architetto Sandro D’Arpa

*PRG Isola Norme di Attuazione D.A. 121/1983

*PRG Isola Norme di Attuazione D.A. 83/1977

*SEQUESTRO BENI di cui sono titolari parenti di un dipendente dell’Ufficio Tecnico Comunale

*Sorelle Pomiero snc di Pomiero Maria Grazia

*Rifiuti si dimette l’avv Palazzolo Giacomo con tutto il Consiglio di Amministrazione ATO PA1

*SICILIA troppi sprechi nella Pubblica Amministrazione

*Rifiuti Nomina Nuovo C.d.a. A.T.O. PA1

*RIFIUTI Emergenza Continua AFFARI garantiti

*Rifiuti: Rinvio a Giudizio per ex sindaco funzionari comunali e imprenditori

*Promemoria per il Signor “Sindaco” Professore Gaspare Portobello

*Sicilia, Via ai trasferimenti regionali

*Bellolampo Discarica e la Stagione Balneare

*Licenze Edilizie Rilasciate dal comune di Isola delle Femmine

*Alcune concessioni edilizie che siamo…

*L’ultimo mistero del bandito Salvatore Giuliano

*Questo è il bavaglio: Vi piace?

*Senatore Marcello Dell’Utri condannato a sette anni

*Rifiuti: nominato il nuovo CDA dell’ATO PA1

*Bilanci e Rifiuti

*Bilanci e Rifiuti Legge 9 Aprile 2010 Art. 14 Potere sostitutivo

*Bilanci e Rifiuti Legge 9 aprile/2010 Art. 4 Competenze dei comuni

*Bilanci e Rifiuti L.R. 19 22.12.05 articolo 21 comma 17

*Bilanci e Rifiuti: D.Lgs 18/8/2000 n 267 articolo 172

*Rifiuti e Bilanci Circolare Assessore Russo 8 giugno 2010

*Rifiuti e Bilanci Gestione dei rifiuti, Russo conferma Portobello smentisce

*238. D.Lgs 152/2006 Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani.

*Bilancio Preventivo Consuntivo Corte dei Conti 2008 Isola

*Corte dei Conti Rendiconto Finanziario 2009 Regione Sicilia

*Progressioni verticali Art. 62 d.lgs n. 150/ 2009

*Progressioni verticali Corte dei Conti del. 10/2010

*Corte dei Conti scrive alla Provincia di Palermo 21 giugno 2010

*Conto Consuntivo 2009 i Revisori dei Conti……….

*L.R. 1/06 art 3 Misure di incentivazione per la riscossione dei tributi locali

*Trasferimento personale dal Comune all’APS accordo quadro

*trasferimento del personale all’APS

*Trasferimento Dip. Comuni ad APS L R 20/03 art 36 comma 1

*Bilanci Enti Locali patto di Stabilità 448/98 art 28

*BOCCIATO AL CONSIGLIO COMUNALE DI ISOLA DELLE FEMMINE IL CONTO CONSUNTIVO 2006

*C’è bisogno della forza di indignarsi

*Siamo Siamo quindici leoni….Siamo Siamo quindici leoni…..

*Commisione Ambiente 11 Giugno 2010

*Esposto Denuncia alla Magistratura Contabile Consuntivo 2009

*Conto Consuntivo 2007 Patto di Stabilità?

*NEI CASSETTI sotto chiave le fatture ATO PA1 2009

*Bilanci e Rifiuti Ass. Chinnici Circ 16 12/09 A/L Adempimenti Revisori dei Conti

Sono incazzato nero

 

Isola delle Femmine “Sono incazzato nero e tutto questo non lo accetterò più” IL NOSTRO VAFFA-DAY Ho ritrovato tra le mie carte questi pensieri scritti tanti e tanti anni fa, sono stato tentato di rivederli. Ho fatto una riflessione: Non vi è alcun bisogno di cambiare lo scritto visto che i personaggi dei miei pensieri sono sempre i medesimi, se non loro direttamente i loro figli o nipoti. I loro comportamenti non sono cambiati, continuano a non pianificare a non programmare a non prospettare a non rispettare la cosa pubblica a non interloquire con i cittadini. Continuano invece ad aggredire il nostro territorio: A Isola delle Femmine non abbiamo più un fazzoletto di terra dove rinfrancarci dalle esalazioni della Italcementi oppure quietare le nostre orecchie dai continui rumori della Italcementi. Non abbiamo più un fazzoletto di terra ad Isola delle Femmine, ove poter portare i nostri bambini a giocare e respirare aria pulita. Non vi è alcun bisogno di cambiare lo scritto almeno sino a quando non riusciamo a prenderci i nostri spazi di libertà e ad urlargli tutti i nostri VAFFA. Non vi è alcun bisogno di cambiare lo scritto almeno sino a quando non li avremo mandati tutti a casa e senza alcuna possibilità di replica. Mandare a casa immediatamente tutti quei signori che hanno autorizzato dei programmi costruttivi a ridosso di aziende considerati per legge insalubri, mettendo così a repentaglio la salute dei CITTADINI. Mandare a casa immediatamente tutti quei signori che hanno concesso alla Italcementi il permesso di costruire un deposito di “carbonile”. risultato poi essere un deposito di PET-COKE, così come documentato dai sopralluoghi dell’ARPA oltre che dai carabinieri e dalla magistratura, intervenute a salvaguardia della salute dei CITTADINI. Mandare a casa immediatamente tutti quei signori che hanno concesso permessi costruttivi in aree a destinazione di pubblica utilità.Cosi come risulta dalle cartine del P.R.G. Mandare a casa immediatamente tutti quei signori che omettendo la loro azione di controllo del territorio hanno di fatto permesso azioni di abusivismo edilizio. Come risulta dagli atti dell’Ufficio Tecnico Comunale. Mandare a casa immediatamente tutti quei signori che continuano a dire “Io non c’ero e se c’ero dormivo” “Io non lo conosco” “Io sono nuovo” “Non è mia la responsabilità ma del tecnico, IO sono il politico e non posso intervenire sul tecnico” e via dicendo………… Mandare a casa immediatamente tutti quei signori che continuano ad ignorare: ” le amministrazioni rendono noti,mediante inserimento nelle proprie banche dati accessibili al pubblico per via telematica, gli elenchi dei propri consulenti indicando l’oggetto, la durata ed il compenso dell’incaricato” Tutto ciò in attuazione del principio di trasparenza, l’art.53, comma 14, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, così come integrato dal decreto legge 4 luglio 2006,n. 223,convertito in legge 4 agosto 2066 n. 248. Ha ancora senso che Voi diciate: “Così si entra nella privacy….io non ricordavo nemmeno più….chi gli ha passato quelle carte……” (veramente DEMENZIALE. DIMETTITI che non reggi il passo. Un Consiglio: entra in FEELING ovvero entra nel merito o meglio in argomento!) “Io non c’ero e se c’ero dormivo” “Io non lo conosco” “Io sono nuovo” “Non è mia la responsabilità ma del tecnico, IO sono il politico e non posso intervenire sul tecnico” e via dicendo………… Mandare a casa immediatamente tutti quei signori che per le loro cariche istituzionali, non hanno mai presentato una denuncia del loro stato patrimoniale , eludendo così leggi regolamenti e normative FISCALI VIGENTI anche per LORO. Mandare a casa immediatamente tutti quei signori che mentono sapendo di mentire allo scopo di non assumersi le proprie responsabilità oltre che a difendere il PROPRIO INTERESSE PERSONALE di FAMIGLIA O DI CASTA. Mandare a casa immediatamente tutti quei signori che non hanno dato pratica attuazione della delibera del consiglio comunale: PASSAGGIO A 36 ORE PER TUTTI I DIPENDENTI. Mandare a casa immediatamente tutti quei signori che anche il momento tragico quale un lutto lo trasformano in un’occasione di contrattazione e di scambio di raccomandazioni e favori. Mandare a casa immediatamente tutti quei signori che gestiscono “politicamente” i ruoli dei costi di costruzione, oneri di urbanizzazione tributi e tasse varie. E’ ormai diventata famosa la battuta, dell’impiegato responsabile della comunicazione con i contribuenti: “Totò a che lettera sei arrivato?” “questa lettera saltala che c’è………, per favore anche questa saltala che c’è…scusa salta anche questa lettera” l’impiegato Totò come al solito ironico dice al suo interlocutore “per fare più in fretta mi dici tutte le lettere da saltare?” (tratto dal film Totò con Aldo Fabrizi) Mandare a casa immediatamente tutti quei signori che non utilizzando le risorse professionali di cui è dotata la pubblica amministrazione preferisce affidare incarichi di consulenze. Mandare a casa immediatamente tutti quei signori che utilizzano le pubbliche risorse economiche per crearsi la corte dei Consulenti. Mandare a casa immediatamente tutti quei signori che per diventare amministratori diventano disoccupati cedendo le loro attività. Mandare a casa immediatamente tutti quei signori che hanno dominato e continuano a dominare le coscienze di NOI ISOLANI. Mandare a casa tutti questi signori che hanno umiliato qualsiasi tentativo di CRITICA. Mandare a casa tutti questi signori che ci vogliono indurre al silenzio. NOI, non volendoci autocostringerci ad essere OMERTOSI URLIAMO il NOSTRO VAFFA e nel frattempo raccogliamo oltre TRECENTOMILA FIRME in poche ore. PER LA NOSTRA SALUTE PER LA NOSTRA FELICITA’ PER IL NOSTRO BENESSERE PER LA NOSTRA ECONOMIA PER IL NOSTRO SVILUPPO PER LA NOSTRA INTELLIGENZA URGE MANDARE A CASA TUTTI QUEI SIGNORI CHE: GUARDANO IL DITO CHE INDICA LA LUNA Comitato Cittadino Isola Pulita Per il Signor Sindaco Professore Portobello in quanto giorno 8 settembre era in AMERICA LA RINASCITA DI ISOLA DELLE FEMMINE: E’ SUCCESSO! Era uno dei soliti giorni in cui i pensieri affollavano la mia mente. Il cielo era grigio. Nonostante avessi dormito a sufficienza mi alzai già stanco, sapevo che sarebbe stata una delle solite giornate in cui mi sarei lasciato vivere! Se da una parte non me ne facevo un cruccio, dall’altra osservare la moltitudine dei pensieri che vagavano nella mia mente non mi faceva vivere bene il “fare niente”. Assorto nei miei pensieri, passeggiavo per le strade di isola, i miei ricordi andavano ai grandi progetti di quando frequentavo l’università: Cio che sarei stato! Sarei diventato una persona importante! Avrei conosciuto tante persone di culture diverse, perche’ il nostro paese mi dicevano ha una forte vocazione turistica! INSOMMA, avrei avuto un futuro. Oggi non so, in termini temporali quando questo futuro verrà. Ciò che di certo ho conseguito è la mia brillante laurea. Ricordo ancora le parole di mio padre e mia madre: “stai facendo un investimento sul tuo futuro, i sacrifici economici, le difficoltà che trovi nell’organizzazione dell’università, il problema dei trasporti per raggiungere Palermo per una qualsiasi necessità oltre che per frequentare l’università, l’umiliazione di dipendere economicamente dalla famiglia. tutto ciò ti sarà un giorno ripagato dalla società”. Sono in via Falcone, quando sono riportato alla realtà dall’abbaiare dei cani randagi (sono trascorsi parecchi anni da quando abbiamo fatto una protesta perché il gran numero di cani randagi che avevano invaso il paese, ci avevano portato le zecche). Nel cercare di evitare di essere aggredito dai cani mi rendo conto dello stato di degrado che mi circonda, per un attimo ho pensato ad una sorta di discarica pubblica. non essendo questo posto un’eccezione devo decidermi a fotografare i tanti posti simili che si trovano ad Isola. per l’ennesima volta mi dico bisognerebbe agire, fare qualcosa, ma sono solo io che ho questa coscienza, nessuno capirebbe. Sono sul lungomare e come facevo da bimbo cerco di individuare il punto in il cielo si congiunge con il mare, sono distratto dall’urlo di un ragazzo che è caduto dalla moto a causa di una buca del manto stradale, purtroppo il manto stradale delle vie di Isola sono piene di buche, nel volgere l’attenzione a ciò che era avvenuto mi rendo conto dello stato di desolazione ed abbandono di tutta la costa. Ricordo i tanti sogni che facevamo da ragazzi, su noi che avremmo valorizzato questa gran risorsa, come avremmo potuto rendere questo posto il nostro posto, come avremmo potuto renderlo ospitale con i tanti turisti in cerca di queste isole felici, sognavamo le opportunità di lavoro che avremmo potuto crearci. Ma dove sono quei ragazzi con cui sognavo tutto questo? Molto spesso sono preso da questi stati d’animo che io definisco “solitudine sociale”, uno stato d’impotenza, il non avere dei punti di riferimento con cui discutere ed affrontare le tante problematiche che affliggono e mettono in uno stato di umiliazione l’intera comunità di Isola. Il palazzo luogo deputato a gestire e risolvere le tante questioni sembra essere molto lontano da noi. affronto spesso con mio padre di questi argomenti, di come vivere meglio il nostro paese. Lui mi dice: “in passato in assenza di leggi i cittadini tentavano, magari attraverso le conoscenze, di affrontare individualmente ciò che più gli stava a cuore e ciò che otteneva, rappresentava il “favore della persona importante”. Ma dopo anni di lotte i cittadini si sono conquistati degli strumenti che permettono loro il riconoscimento alla partecipazione, alla conoscenza oltre al coinvolgimento nella gestione della cosa pubblica. Vedasi: lo statuto comunale, le leggi sulla trasparenza e sulla conoscenza di ciò che decide il palazzo….inoltre il palazzo assiste e supporta i cittadini nelle più svariate iniziative: culturali-progettuali-imprenditoriali-ricreative e a tale scopo che sono stati istituiti: lo sportello unico, l’informagiovani…. Voglio dirti ancora una cosa importante: noi abbiamo ancora l’idea che il comune sia un’ente esclusivamente assistenziale. no! Ora il comune oltre a difendere le fasce deboli della popolazione promuove anche lo sviluppo economico sociale e culturale della comunità, il tutto in un’ottica di programmazione e di pianificazione. Ora ti è chiaro che per ottenere qualcosa non vi è più bisogno di rivolgersi a quella persona (importante). Verifica pure se tutto ciò che ti ho detto corrisponde alla realtà”. Mi dico!!! Sarà vero tutto ciò, che mi dice mio padre? Ancora una volta mi dico: a chi interessa tutto ciò, sono solo io che ho di questi pensieri? Come d’improvviso il cielo grigio sparisce e si fa largo il sole, il giorno è più luminoso e come d’incanto vengo attirato da un vocio che diventa sempre più intenso, vedo un gruppo di persone che si va sempre più ingrossando, innalzare cartelli e lanciare slogan. vogliamo contare-vogliamo lavoro-vogliamo pulizia-più progetti-più turismo-più socialità-più feste….. Conosco tutti, ciò mi riempie di gioia e solo in questo momento mi sto rendendo conto, che i miei pensieri sono i pensieri degli altri, e ciò che era solo il mio pensiero sta diventando una voglia di fare, di contare e di partecipare. Per se stessi e per l’intera comunità di Isola delle femmine. Si vuole essere partecipi del bene comune, nel rispetto della nostra storia, della nostra cultura delle nostre tradizioni popolari e del nostro territorio. Sento parlare spesso, con una certa nostalgia, delle ingegnosità artigianali dei nostri nonni nel lavorare le reti, o nel costruire e riparare delle barche particolari, della lavorazione e conservazione dei prodotti del mare per non parlare delle nostre donne che si dedicavano all’arte del ricamo, il clima di socializzazione e scambio di esperienza dell’attività lavorativa trovava il suo culmine nelle varie feste in cui si coinvolgeva l’intero paese: La sagra del pesce, la vampa di san Giuseppe, il giorno di San Pietro (patrono dei pescatori)……….insomma si creavano le occasioni per la festa e per stare insieme. Pensandoci bene oggi nell’era di Internet, sarebbero delle ottime risorse economiche e turistiche da utilizzare. I miei pensieri sono come le “semenze” una tira l’altra, a proposito di turismo, mi chiedo: qual è la ricettività alberghiera e la qualità dei servizi ad Isola? Siamo consci delle nostre potenzialità e responsabilità del nostro presente. La voglia di fare e di chiedere. Oggi è successo! E’ nata una nuova coscienza che intende dare forma organizzativa a ciò che è un nostro pensiero comune. Il nostro futuro è oggi!!!!

Pino Ciampolillo

http://www.isolapulita.it

Isola delle Femmine diffide e Commissari per Bilanci previsione e consuntivi

2009 bilanc previsione BILANCI COMMISSARI 1 IMG

2009 BILANCI COMMISSARI 2 IMG

2009 bilancio previsione Commissari bilanci

 

2009 bilancio previsione commissari bilanci 09-07-17.bis

Termine di presentazione 31.5.09     29 luglio 2009  Diffida Assessore Chinnici e nomina Commissario ad Acta dr Giovanni Dionisio approvato dal C.C. 31.8.09

2009 bilancio previsione 2009 c01AL

2008 Bilancio rendiconto 2008 circolare 03_AL 2009

2008 bilancio previsione circolare n. 05 bilancio 2008

Dr. Rosolino Greco diffida del 22.5.08 approvato con delibera 54 del 27.8.08 nota del dr. Angelo Sajevo 9659 del 5.8.08 approvato 31.8.08 erroneamente indicato con delibera 54/07 in vece di 54/08

2007 Bilancio consuntivo 2007  circolare 15_2008_rendiconto 2008

2007 bilancio previsione circ.4

Termine presentazione 31.4.07 Delibera 58 del 18.5.07

2006 bilancio consuntivo c11

2006 equilibri bilancio c14

2006 bilancio di previsione  http://www.regione.sicilia.it/famiglia/FAMIGLIA%20E%20SOCIALE/Content/Norme/2006/c02.DOC

Termine presentazione 31.5.06 Deliberato il 19.6.06

2005 bilancio consuntivo C9.25-07

Termine presentazione 30.6.06 Nomina Commissario ad Acta dr. Raggio approvato con delibera 126 il 4.12.06

2005 equilibri di bilancio c05.13

2005 bilancio previsione c05.4

Termine presentazione 31.5.05 Deliberato Novembre 2005

2004 bilancio consuntivo c05.10       

2004 bilancio di previsione  

http://www.regione.sicilia.it/famiglia/AUTONOMIE%20LOCALI/Content/Autonomie%20_locali/norme%20enti%20localinew/ricerca%20per%20anno/circolari%202004/circolare%201_2004%20bilanci.DOC

Termine presentazione  31.5.04  Deliberato Ottobre 2004

2003 bilancio consuntivo   

Deliberato Novembre 2004

BILANCI DI PREVISIONE CONSUNTIVI e COMUNI IN DECADENZA

BILANCI DI PREVISIONE CONSUNTIVI e COMUNI IN DECADENZA

 BILANCI COMMISSARI 2 IMG

BILANCI COMMISSARI 1 IMGNei comuni siciliani se il bilancio non è approvato è previsto lo scioglimento Autore: Direttore Alle: 19:45, 2 Settembre “In caso di mancata approvazione del bilancio, la legge prevede che il consiglio comunale venga sospeso e poi sciolto. Mi rendo conto che si tratta di un atto che ha ricadute sicuramente sul piano politico, ma la legge mi impone di intervenire, avviando l’iter per lo scioglimento dell’assemblea”. Lo afferma l’assessore regionale della Famiglia, delle Politiche sociali e delle Autonomie locali, Caterina Chinnici, commentando la decisione di alcuni componenti del Consiglio comunale di Ustica di occupare l’aula consiliare per protestare contro il possibile scioglimento dell’assemblea municipale, a seguito della mancata approvazione del bilancio di previsione del 2009. Ad oggi sono 3 le amministrazioni comunali dell’Isola nelle quali gli strumenti contabili sono stati approvati dai commissari inviati dalla Regione: Erice in provincia di Trapani, Catenanuova in provincia di Enna e Ustica in provincia di Palermo. Nei primi 2 casi l’assessorato ha già provveduto alla sospensione dei Consigli comunali e alla nomina dei commissari. Per Ustica, invece, il relativo iter è ancora all’inizio. “La legge – riprende l’assessore – prevedeva che i bilanci di previsione andassero approvati entro il 31 dicembre, data prorogata al 31 marzo e successivamente al 31 maggio. A fine luglio, l’assessorato è stato costretto a commissariare oltre 300 Comuni dell’Isola ancora inadempienti. La mancata approvazione del bilancio – prosegue – ha pesanti ricadute sugli stessi comuni perché la spesa viene di fatto bloccata anche per i servizi minimi essenziali e, quindi, a pagarne le conseguenze sono soprattutto i cittadini. La legge è chiara: in caso di inadempienza, lo scioglimento del Consiglio Comunale è un atto dovuto” http://www.reteiblea.it/?p=5517 USTICA: La Regione avvia procedimento di scioglimento del Consiglio Comunale commenta! 2 Settembre 2009 ”In caso di mancata approvazione del bilancio, la legge prevede che il consiglio comunale venga sospeso e poi sciolto. Mi rendo conto che si tratta di un atto che ha ricadute sicuramente sul piano politico, ma la legge mi impone di intervenire, avviando l’iter per lo scioglimento dell’assemblea”. Lo afferma l’assessore regionale della Famiglia, delle Politiche sociali e delle Autonomie locali, Caterina Chinnici, commentando la decisione di alcuni componenti del Consiglio comunale di Ustica di occupare l’aula consiliare per protestare contro il possibile scioglimento dell’assemblea municipale, a seguito della mancata approvazione del bilancio di previsione del 2009. Ad oggi sono 3 le amministrazioni comunali dell’Isola nelle quali gli strumenti contabili sono stati approvati dai commissari inviati dalla Regione: Erice in provincia di Trapani, Catenanuova in provincia di Enna e Ustica in provincia di Palermo. Nei primi 2 casi l’assessorato ha già provveduto alla sospensione dei Consigli comunali e alla nomina dei commissari. Per Ustica, invece, il relativo iter è ancora all’inizio. “La legge – riprende l’assessore – prevedeva che i bilanci di previsione andassero approvati entro il 31 dicembre, data prorogata al 31 marzo e successivamente al 31 maggio. A fine luglio, l’assessorato è stato costretto a commissariare oltre 300 Comuni dell’Isola ancora inadempienti. La mancata approvazione del bilancio – prosegue – ha pesanti ricadute sugli stessi comuni perché la spesa viene di fatto bloccata anche per i servizi minimi essenziali e, quindi, a pagarne le conseguenze sono soprattutto i cittadini. La legge è chiara: in caso di inadempienza, lo scioglimento del Consiglio Comunale è un atto dovuto”. http://www.osservatorio-sicilia.it/2009/7100/ustica-la-regione-avvia-procedimento-di-scioglimento-del-consiglio-comunale/ SICILIA/COMUNE USTICA: CHINNICI, LEGGE PREVEDE SCIOGLIMENTO Palermo, 2 set – ”In caso di mancata approvazione del bilancio, la legge prevede che il consiglio comunale venga sospeso e poi sciolto. Mi rendo conto che si tratta di un atto che ha ricadute sicuramente sul piano politico, ma la legge mi impone di intervenire, avviando l’iter per lo scioglimento dell’assemblea”. Lo afferma l’assessore regionale siciliano della Famiglia, delle Politiche sociali e delle Autonomie locali, Caterina Chinnici, commentando la decisione di alcuni componenti del Consiglio comunale di Ustica di occupare l’aula consiliare per protestare contro il possibile scioglimento dell’assemblea municipale, a seguito della mancata approvazione del bilancio di previsione del 2009. Ad oggi sono 3 le amministrazioni comunali dell’Isola nelle quali gli strumenti contabili sono stati approvati dai commissari inviati dalla Regione: Erice in provincia di Trapani, Catenanuova in provincia di Enna e Ustica in provincia di Palermo. Nei primi 2 casi l’assessorato ha gia’ provveduto alla sospensione dei Consigli comunali e alla nomina dei commissari. Per Ustica, invece, il relativo iter e’ ancora all’inizio. ”La legge – riprende l’assessore – prevedeva che i bilanci di previsione andassero approvati entro il 31 dicembre, data prorogata al 31 marzo e successivamente al 31 maggio. A fine luglio, l’assessorato e’ stato costretto a commissariare oltre 300 Comuni dell’Isola ancora inadempienti. La mancata approvazione del bilancio – ricorda – ha pesanti ricadute sugli stessi comuni perche’ la spesa viene di fatto bloccata anche per i servizi minimi essenziali e, quindi, a pagarne le conseguenze sono soprattutto i cittadini. La legge e’ chiara: in caso di inadempienza, lo scioglimento del Consiglio Comunale e’ un atto dovuto”. dod/rus/alf http://www.asca.it/regioni-SICILIA_COMUNE_USTICA__CHINNICI__LEGGE_PREVEDE_SCIOGLIMENTO-422423-sicilia-16.html Sospeso il Consiglio Comunale di Erice. Dura reazione di D’Alì Sabato 29 Agosto 2009 17:17 L’assessorato regionale agli Enti Locali ha sospeso il Consiglio comunale di Erice, dopo la bocciatura del bilancio di previsione 2009 avvenuta nella seduta dello scorso 11 agosto. Il provvedimento regionale anticipa lo scioglimento dell’assemblea che sara’ formalizzato solo dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Regione di un apposito decreto. Il bilancio di previsione e’ stato approvato di recente da un commissario ad acta nominato dalla Regione, Giovanni Dionisio, che non avrebbe rilevato motivazioni di carattere tecnico-contabile nella bocciatura da parte del Consiglio comunale. Lo stesso commissario ha approvato anche il bilancio triennale 2009/2011. Nella prossima seduta consiliare, che era stata fissata per il primo settembre, l’assemblea avrebbe dovuto riunirsi per discutere una mozione di sfiducia nei confronti del Sindaco, Giacomo Tranchida: un documento di quattro pagine con una serie di contestazioni mosse al primo cittadino e che, se approvato da 13 consiglieri, avrebbe portato alla decadenza del sindaco e a nuove elezioni il prossimo anno.Sulla vicenda è intervenuto il Senatore Antonio D’Alì:«Per i funzionari dell’Assessorato Regionale agli Enti Locali la democrazia, in provincia di Trapani, pare sia un optional. La proposta di sospensione, per l’eventuale consequenziale scioglimento del Consiglio Comunale di Erice, al di là degli artifizi formali nel susseguirsi delle varie notifiche che non mancheranno di essere posti in rilievo in un eventuale giudizio amministrativo, evidenzia una interpretazione della norma che risulta completamente opposta all’analogo caso verificatosi lo scorso anno al Comune di Favignana. Qui l’interpretazione della norma investe, per altro, una realtà politica di notevoli dimensioni e di ben nota contrapposizione tra maggioranza consiliare ed il sindaco e la decisione non può che impegnare profili politici più complessivi e più complessi. Se leggerezza vi è stata da parte di alcuni consiglieri comunali nel bocciare il bilancio (…e non vogliamo pensare ad atteggiamenti maliziosi!), certamente essa è stata indotta da procedure anomale all’interno del comune e per comportamento dei funzionari (bisognerà capirne le motivazioni!). Riteniamo che, superata la fase della sospensione, sulla quale l’assessore agli Enti Locali ha ritenuto di dover procedere in osservanza letterale della norma, prima di giungere al definitivo scioglimento di esclusiva competenza del Presidente della Regione, Salvatore Lombardo, che deve firmare il relativo decreto, occorra una più profonda riflessione sui fatti e sulle conseguenze. Il Presidente Lombardo sono certo non vorrà prendersi la responsabilità di sospendere la democrazia in un comune come Erice; è evidente che la norma non aveva previsto casi di questa eclatante conseguenza. Occorre considerare la possibilità di una modifica perchè in caso di scioglimento del consiglio si possa tornare al voto al primo turno utile, così come già prevede la legge nazionale. Una riflessione, dunque, che dovrà avere anche un valore politico e che vada oltre l’interpretazione dei funzionari degli Enti Locali: la permanenza in carica di un sindaco senza contraltare politico nel consiglio comunale, limita la democrazia e non può essere consentita in maniera meccanicistica senza considerare i riflessi nell’azione amministrativa per un lungo periodo su un territorio di grande rilevanza demografica e urbanistica. Riteniamo che il periodo dei podestà sia terminato 65 anni fa e non ci siano le motivazioni per reintrodurlo ma, anzi, tutte le preoccupazioni per evitarlo ed esorcizzarlo». http://www.marsala.it/index.php?option=com_content&view=article&id=8086:sospeso-il-consiglio-comunale-di-erice-dura-reazione-di-dali&catid=38:notizie-dalla-provincia&Itemid=174 Bilanci Consuntivi: Controlli di legittimità dei Coreco sui rendiconti della gestione- annullamenti-esercizio dei poteri sostitutivi – Commissari ad Acta – Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione. Legge Costituzionale 18 ottobre 2001 n° 3 ( pubblicata sulla G.U. n° 248 del 24/10/2001) – Effetti – Sentenza Tar Puglia sezione II n° 5749 del 20/12/2001 – ius superveniens Commento Nota di Giuseppe Terracciano La vicenda culminata nella tempestiva sentenza n° 5749/2001 del T.A.R. PUGLIA, Seconda sezione definisce, per la prima volta, la posizione della magistratura amministrativa sugli effetti delle recenti modifiche costituzionali rispetto alla formazione degli atti di approvazione dei rendiconti della gestione degli enti locali. Nella sentenza viene affermato il principio giuridico generale in tema di ius superveniens, secondo il quale, anche al di fuori di espressa previsione di diritto intertemporale, la nuova norma trova immediata applicazione e costituisce la regola anche del procedimento amministrativo sorto sotto la precedente disciplina e in situazione di pendenza alla data di entrata in vigore della nuova norma incompatibile con la precedente (cfr. Cons. St., VI, 7 aprile 1999, n°401). La posizione del giudice amministrativo avrà senz’altro degli strascichi dottrinari visto che attualmente in Italia esistono svariate correnti di pensiero che rendono l’applicazione delle norme da parte degli operatori ancora più incerte e capziose. Si è affermato che la legge 3/2001 ha abrogato solo i controlli sugli atti da parte del Coreco ma non anche i controlli sugli organi ma a dire il vero il Decreto legge n° 13 del 22 febbraio 2002 pubblicato sulla G.U. n° 47 del 25/02/2002 –art. 1 a), ha determinato una nuova fattispecie che sconvolge ulteriormente il già collassato Tuel 267 del 18/08/2000 specie per i riflessi che dovrebbero conseguire sulle nomine dei commissari ad acta per i consuntivi . Infatti fino ad oggi per il combinato disposto dagli artt. 133 comma 4 e 136 comma 1 e 141 comma 2 del Tuel 18/08/2000 n° 267 b) i Coreco avevano competenza per la nomina del commissario ad acta nel caso di mancata adozione del bilancio di previsione o delle modificazioni a seguito di annullamento del rendiconto della gestione da parte dell’organo tutorio, mentre il Difensore Civico Regionale nella sola evenienza del ritardato adempimento o della mancata adozione del rendiconto della gestione – atto obbligatorio per legge. Ora il decreto-legge 22 febbraio 2002, n.13 art. 1 sposta i poteri del Coreco, di nomina del commissario ad acta per la predisposizione dello schema di bilancio della giunta o per l’approvazione del bilancio in caso di mancata adozione da parte del Consiglio Comunale, in capo al Prefetto se non diversamente disciplinato dallo Statuto dell’Ente. Senza alcun dubbio sia il novellato provvedimento governativo decreto-legge 22 febbraio 2002, n.13 art. 1 e sia la sentenza n° 5749/2001 del T.A.R. PUGLIA produrranno consistenti innovazioni nella peculiare gestione dei poteri sostitutivi anche in riferimento ai conti consuntivi degli enti locali. Per comprendere meglio gli effetti che deriveranno dall’applicazione della nuova disciplina è necessario prima definire compiutamente : Conto Consuntivo e suo impianto normativo ü Fin dagli antichi tempi, sono stati istituiti, presso tutti i popoli, organi per l’ordinata gestione dei conti dello Stato e dei Comuni e per il controllo delle erogazioni dei fondi stessi risultanti da un documento obbligatorio: il rendiconto. ü Nel rendere i conti, si estrinseca quindi una delle funzioni più importanti dell’Amministrazione Pubblica, quella cioè intesa ad indicare il cammino percorso a rilevare i mezzi adoperati per compierlo ed a stabilire i risultati conseguiti. ü Il rendiconto è, pertanto, quel documento che ha lo scopo di fare conoscere i risultati di una data gestione considerati in se stessi e nelle cause che li hanno prodotti. Esso può considerarsi “uno strumento” di controllo consecutivo e susseguente destinato ad esporre gli effetti delle operazioni compiute in relazione al bilancio di previsione finanziaria , al patrimonio dell’ente ed alla gestione economica. ü La resa del conto assume nelle Pubbliche Amministrazioni grande importanza perché secondo il diritto comune chi ha ricevuto un mandato deve dar conto del suo operato indicando quale uso sia stato fatto del pubblico denaro in ordine ai servizi ed ai bisogni pubblici che dovevano essere soddisfatti. ü La materia del conto per gli enti locali era disciplinata dagli artt. 302 del T.U. Legge Comunale e Provinciale 1934 e art. 184 del regolamento del 1911 e riguardava anche la compilazione di ufficio e la successiva approvazione. La circolare Ministero dell’Interno n° 15200-10 del 14 ottobre 1901 punto 3 delle avvertenze chiariva: << I consigli comunali devono discutere e deliberare i conti (…) >> ü La vigente disciplina per l’approvazione del conto consuntivo (rendiconto della gestione) è principalmente racchiusa, salvo norme residuali di alcune leggi sfuggite nel Tuel 18/08/2000 n° 267 e nel DPR 194/1996. In particolare il Titolo VI del Tuel “ Rilevazione e dimostrazione dei risultati della gestione ” disciplina le fasi di approvazione del rendiconto della gestione: – art. 227 – rendiconto della gestione – art. 151 comma 6 – relazione dell’organo esecutivo. – Art. 239 comma 1 lettera d – relazione dei revisori dei conti . – Art. 228 conto del bilancio – Art. 229 conto economico – Art. 230 conto patrimoniale – Art. 231 relazione al rendiconto della gestione – Art. 232 contabilità economica – Art. 233 conto degli agenti contabili – Art. 133 comma 1 e 4 – controllo di legittimità e redazione del conto da parte del commissario ad acta – Art. 136 poteri sostitutivi per omissione o ritardi di atti pubblici Ma cosa succede oggi se non si approva il conto consuntivo ovvero nel caso il commissario ad acta nominato in base alla previgente normativa approvi negativamente le risultanze del conto? Ai fini di inquadrare giuridicamente tale evenienza è bene tenere presente che: ü La eventuale “irrituale non approvazione del rendiconto ” che in diritto consiste in un “non facere” è espressione di “non azione di amministrazione attiva” e quindi non è contemplata nel vigente ordinamento giuridico a carico degli organi della P.A. né soprattutto a carico del Commissario ad Acta chiamato dal Tuel, prima della modifica della costituzione intervenuta con il decreto legge n° 13 del 22 febbraio 2002, a sostituirsi all’amministrazione elettiva per provvedere alla redazione ed approvazione del conto consuntivo nel termine di sessanta giorni dal conferimento dell’incarico. (secondo il diritto comune chi ha ricevuto un mandato deve dar conto del suo operato indicando quale uso sia stato fatto del pubblico denaro in ordine ai servizi ed ai bisogni pubblici che dovevano essere soddisfatti). ü la normativa di cui all’art. 136 del Tuel 267, ma soprattutto i principi illustrati dalla sentenza 164/72 della Corte Costituzionale in relazione alla necessità di dover garantire attraverso l’emanazione di atti e interventi il funzionamento dell’ente , ricorrono qualora quest’ultimo per qualsiasi motivo non garantisse l’amministrazione ordinaria e/o dei suoi organi. ü le delibere del commissario ad acta possono discostarsi dai risultati contabili presenti nel conto consuntivo, previa giustificazione delle modifiche apportate alle poste attive e/o passive iscritte nel bilancio consuntivo, ma certamente non possono tradursi in un disconoscimento del conto non ammettendo al discarico il conto del tesoriere. A parere di chi scrive infatti il “Commissario ad Acta al rendiconto della gestione” non può esimersi dall’approvare “il Conto del Tesoriere” almeno nelle risultanze di cassa attestate dal Collegio dei Revisori dei Conti. Può stabilire poi, ricorrendone i presupposti di legge, di non approvare la gestione dei residui o magari assumere i provvedimenti conseguenti ai rilievi gestionali del Collegio dei Revisori. Si rammenta a tale proposito che anche il cassiere in quanto tale assume la qualifica di agente contabile nonostante il “nomen” attribuitogli di “servizio di cassa”. ben poco si distingue infatti da quella tipica del “servizio di tesoreria”. ( C.Conti reg. Sardegna sez. giurisd., 9 ottobre 1997, n. 1312) ü La riformanda legge 241/90 prevede l’onere per le P.A. di dover indicare le ragioni di fatto e di diritto poste alla base delle relative deliberazioni, anche, allo scopo di poter consentire al destinatario del provvedimento l’esatta conoscenza ai fini della puntuale valutazione e per apportare le debite difese. ü già il T.A.R. Basilicata con sentenza del 23/04/1986 n° 51 precisava che il controllo di legittimità, non può riguardare i controlli riservati all’amministrazione attiva. ü L’abrogazione dell’art. 130 della costituzione elimina i controlli, all’espresso fine di esaltare l’autonomia degli enti locali. Appare ,allora, del tutto chiaro che le leggi ordinarie disciplinanti i controlli sugli atti degli enti locali siano divenute incompatibili con una normazione costituzionale che li abroga. ü Il principio giuridico generale in tema di “ius superveniens”, secondo il quale, anche al di fuori di espressa previsione di diritto intertemporale che ciò disponga,la nuova norma trova immediata applicazione e costituisce la regola anche del procedimento amministrativo sorto sotto la precedente disciplina e in situazione di pendenza alla data di entrata in vigore della nuova norma incompatibile con la precedente (cfr. Cons. St. VI, 7 aprile 1999,n.401). ü Oggi così come stabilito dall’art. 134 della Costituzione secondo la formulazione apportata dall’art. 1 della richiamata legge costituzionale n° 3/2001 , “I Comuni, le Province, le Città Metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione”. Tale norma costituzionale statuisce pertanto che gli enti locali da un punto di vista ordinamentale, sono in posizione paritaria con le Regioni. Merita approfondimento la nomina dei commissari ad acta da parte del difensore civico regionale, ancorché avvenute prima delle modifiche costituzionali. Possono oggi legittimamente residuare, rispetto all’ex dettato dell’art. 130 e 134 della Cost. i poteri di nomina del commissario ad acta in capo al difensore civico regionale (organo della Regione oggi in posizione paritaria con i Comuni) , soprattutto in considerazione che il Difensore civico non nasce, a differenza del CORECO dalla normativa costituzionale e che il d.l. 22/2/2002 n.13 ha rimesso allo statuto dell’Ente e solo in via residuale al Prefetto, e non al Difensore Civico regionale, l’eventuale nomina di un commissario ad acta per l’approvazione del bilancio? Tanti interrogativi forse troppi in un campo delicato e vitale per la permanenza dell’Italia in Europa : quello delle autonomie locali . Il Tar Puglia con la sentenza in questione ha messo un punto fermo ma urge una inequivocabile chiarificazione del legislatore agli attuali troppi spunti dottrinari che si susseguono qua e là seminando confusione e disordine. Pino Terracciano Ragioniere Capo di Marigliano Note: <![endif]> a) Art. 1 DECRETO-LEGGE 22 febbraio 2002, n.13 1. Ai soli fini dell’approvazione del bilancio di previsione degli enti locali per l’esercizio finanziario 2002, l’ipotesi di scioglimento di cui all’articolo 141, comma 1, lettera c), del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è disciplinata dalle disposizioni del presente articolo. 2. Trascorso il termine entro il quale il bilancio deve essere approvato senza che sia stato predisposto dalla giunta il relativo schema, il prefetto nomina un commissario affinché lo predisponga d’ufficio per sottoporlo al consiglio. In tale caso e comunque quando il consiglio non abbia approvato nei termini di legge lo schema di bilancio predisposto dalla giunta, il prefetto assegna al consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a venti giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario, all’amministrazione inadempiente e inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio. 3. Fermo restando, per le finalità previste dal presente decreto, che spetta agli statuti degli enti locali disciplinare le modalità di nomina del commissario per la predisposizione dello schema e per l’approvazione del bilancio, nell’ipotesi di cui all’articolo 141, comma 2, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, alla predetta nomina provvede il prefetto nei soli casi in cui lo statuto dell’ente non preveda diversamente. b) – art. 133 comma 4del Tuel 18/08/2000 n° 267 << Nel caso di mancata adozione delle modificazioni entro il termine di cui al comma 3, o di annullamento della deliberazione di adozione del rendiconto della gestione da parte del comitato di controllo, questo provvede alla nomina di uno o più commissari per la redazione del conto stesso. (…) >> – art. 136 comma 1 del Tuel 18/08/2000 n° 267 <> – art. 141 comma 2. << Nella ipotesi di cui alla lettera c) del comma 1, trascorso il termine entro il quale il bilancio deve essere approvato senza che sia stato predisposto dalla giunta il relativo schema, l’organo regionale di controllo nomina un commissario affinché lo predisponga d’ufficio per sottoporlo al consiglio. In tal caso e comunque quando il consiglio non abbia approvato nei termini di legge lo schema di bilancio predisposto dalla giunta, l’organo regionale di controllo assegna al consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a 20 giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario, all’amministrazione inadempiente. Del provvedimento sostitutivo è data comunicazione al prefetto che inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio. >> http://www.diritto.it/materiali/amministrativo/terracciano.html http://www.parlamento.it/parlam/leggi/03116l.htm Consiglio Provinciale: necessario approfondire la questione della Serit Martedì 01 Settembre 2009 15:42 Quello del pagamento e della riscossione dei tributi è un problema di primaria importanza perché se le modalità non sono eque può incidere negativamente sull’attività delle aziende economiche ma anche sulla vita di ogni semplice cittadino-contribuente. Dai documenti acquisiti risulta che i rapporti fra la Serit ed i contribuenti sono sensibilmente migliorati. Lo ha dichiarato il Presidente del Consiglio Provinciale di Trapani, Peppe Poma, tirando le somme della seduta straordinaria ed aperta protrattasi per l’intera mattinata di ieri e nel corso della quale sono state dibattute le problematiche derivanti dall’attività della Serit Sicilia s.p.a. in materia di riscossione dei tributi. Alla riunione ha assistito una cinquantina di cittadini fra piccoli imprenditori, artigiani, agricoltori che, in particolare attraverso la Confederazione Sindacale Lavoratori “Nuova Tutela”, da diverso tempo (2004) sollecitano la modifica dell’attuale normativa e di ritornare al precedente metodo di pagamento I documenti improvvisati – ha aggiunto il Presidente Poma – sono da escludere perché non servono a niente. La possibile soluzione passa invece attraverso l’attivazione di un tavolo di approfondimento che sia propedeutico ad un apposito protocollo d’intesa, con il coinvolgimento del Prefetto e la partecipazione dei sindacati di categoria e di tutte le altre parti in causa a cominciare dalla nostra deputazione di Parlamentari regionali e nazionali, oggi purtroppo assenti, ma che sono gli unici ad avere potestà di proposizione legislativa per cambiare la normativa attualmente in vigore. Al di là dei nostri compiti istituzionali – ha concluso Peppe Poma – la Provincia Regionale di Trapani, sia come Consiglio che come Amministrazione, non si tirerà indietro e fin dai prossimi giorni attiverò la Conferenza dei Capigruppo per un incontro operativo con i rappresentanti delle organizzazioni sindacali ed i parlamentari eletti nel nostro territorio. Si ricorda che secondo la Confederazione Sindacale Lavoratori “Nuova Tutela”, in rappresentanza della quale è intervenuto Angelo Di Girolamo, l’operato l’Ente di Riscossione Tributi “Serit Sicilia”, avendo cambiato le modalità di notifica delle cartelle esattoriali (sulla base dell’ultimo Decreto nazionale anticrisi), avrebbe causato la vera e propria rivolta dei cittadini-contribuenti, tanto che è stata avviata una petizione popolare per chiedere al Ministro delle Finanze, Tremonti, l’abolizione della stessa Serit Sicilia e degli altri Enti di riscossione tributi e di ritornare al precedente metodo di pagamento. Infatti, il passaggio dalla tradizionale notifica, fatta dal messo incaricato presso le abitazioni dei contribuenti, alla notifica fatta attraverso la pubblicazione all’albo pretorio del Comune di residenza, avrebbe fatto sì che gli interessati non vengano più a conoscenza dell’avviso di scadenza che li riguarda con la conseguenza che, in pochissimo tempo, il ritardato o mancato pagamento di una somma anche non ingente si trasforma in espropriazione e ipoteca sull’azienda, sull’abitazione o su altri beni per un valore di gran lunga superiore al dovuto. Ciò avrebbe già provocato centinaia di pignoramenti con forti ripercussioni sull’intera economia locale, tanto che i responsabili di circa 200 ditte sarebbero pronti a consegnare le chiavi delle loro aziende alla Camera di Commercio di Trapani. Di Girolamo, inoltre, a sostegno delle richieste di “Nuova Tutela”, ha citato diverse sentenze, compresa una di quest’anno della Corte dei Conti, che metterebbero pesantemente in discussione il regolare comportamento della Serit Sicilia. Oltre al Presidente del Consiglio Provinciale e all’esponente di “Nuova Tutela”, hanno preso parte al dibattito, nell’ordine, il capogruppo del PD, Salvatore Daidone, il Consigliere Giuseppe Angileri dell’MPA, Giuseppe Amodeo in rappresentanza dell’ADOC e di CGIL, CISL e UIL di categoria, Giuseppe Giammarinaro, Presidente della Commissione Finanze della Provincia, Giovanni Robino dell’Adiconsum, il Consigliere Enzo Chiofalo dell’MPA, Salvatore D’Angelo dell’ACU, il capogruppo dell’MPA Matteo Angileri, il Consigliere Giovanni Angelo (gruppo UDC), Martino Morsello di “Sicilia Libera”, l’Avv. Andrea Lentini di “Nuova Tutela”, Michele Angileri del Comitato Liberi Agricoltori, Giovanna Benigno, Consigliere del gruppo PDL, Ignazio Adragna (Movimento Agricolo Europeo), Paolo Ruggieri, Consigliere del PDL, ed il Vice Presidente della Provincia, On. Enzo Culicchia. Da tutti gli interventi, anche se con considerazioni e giudizi più o meno pesanti, è praticamente emersa l’inderogabile necessità di giungere al più presto alla modifica delle modalità di riscossione dei tributi che in atto appaiono veramente vessatorie. Fortemente stigmatizzata anche l’assenza degli esponenti dei Governi nazionale e regionale e soprattutto dei Parlamentari nazionali e regionali eletti nella nostra provincia, dei quali il solo Livio Marrocco ha fatto pervenire un messaggio di giustificazione perché impegnato in altra sede. Pienamente condivisa ed elogiata, invece, l’iniziativa del Presidente Poma portata avanti in raccordo con la Conferenza dei Capigruppo. Alla riunione odierna, ma senza intervenire, ha preso parte anche il Direttore Provinciale della Serit di Trapani, Dott. Salvatore Ciaravino. Intanto, il Presidente Poma ha notificato oggi l’ordine del giorno della nuova sessione di lavori consiliari le cui sedute sono fissate, com’è noto, per i giorni 7 e 9 settembre, con inizio alle ore 10,30, e poi 15, 21 e 23 settembre, con inizio alle ore 16,30. Fra i punti più rilevanti, una delibera di variazione al bilancio di previsione per l’esercizio 2009, al bilancio pluriennale e alla relazione revisionale e programmatica per il triennio 2009/2011, il riconoscimento di due debiti fuori bilancio rispettivamente per una vertenza con l’impresa “Acquamar”, esecutrice di lavori di ripristino dei fondali antistanti le banchine del porto peschereccio di Trapani, e per un pagamento a “Fortuna Editori”, la richiesta di istituzione di una commissione d’inchiesta avanzata nello scorso mese di aprile dalla Commissione Consiliare Territorio e Ambiente, la designazione di un componente supplente in seno alla Commissione Elettorale Circondariale di Marsala con competenza sui Comuni di Marsala, Pantelleria, Salemi, Vita e Petrosino, la sostituzione di un componente della Commissione Consiliare “Vigilanza per la tutela e la garanzia del Diritto di Accesso” a seguito delle dimissioni del Consigliere Giuseppe Angileri (MPA).

http://a.marsala.it/index.php?option=com_content&view=article&id=8151:consiglio-provinciale-necessario-approfondire-la-questione-della-serit&catid=44:istituzioni&Itemid=172

Scrivevamo…………. Bilanci, arrivano i commissari http://nuovaisoladellefemmine.blogspot.com/2009/07/bilanci-arrivano-i-commissari.html

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